Dal 2014, e per l’esattezza da quando ha deciso di ritornare in Italia dopo una serie di itinerari planetari e una lunga e luminosa permanenza a Berlino (2005-2012) dove apre tra l’altro 91mQ art project space, Elena Bellantoni (Vibo Valentia, 1975) si è mossa sulla scacchiera dell’arte con una forza di volontà, con un coraggio, con una determinazione che hanno entusiasmato e continuano ad entusiasmare tutta una serie di addetti ai lavori o di semplici amanti dell’arte entrati nell’orbita del suo lavoro. Dunque siamo… (Salerno, 2014), Passo a Due (Milano, 2014), Lucciole (Pescara, 2015), Parole passeggere (Roma, 2015), Hala Yella (Bergamo, 2016) e DreamEscape (Roma, 2017) sono state le personali che, accanto a una nutrita serie di collettive – cito tra tutte Capolavori dalla Collezione Farnesina. Uno sguardo sull’arte italiana dagli anni Cinquanta ad oggi (Zagabria, 2014) che le ha garantito l’ingresso nella prestigiosissima collezione degli Affari Esteri –, hanno accompagnato il suo pubblico tra suggestioni, evocazioni, eterodossie strumentali, progetti di collaborazione e di scambio, contaminazioni, fusioni, transiti tesi ad assecondare un processo totalizzante, necessariamente babelico.
Oggi la maturità di Elena Bellantoni è giunta a uno stato di alta formalizzazione che non solo mette in campo una visione transemiotica dove è possibile leggere un continuo flusso tra i vari linguaggi dell’arte – pittura, scultura, cinema, fotografia, video, musica, teatro, moda – e i territori meno frequentati del nomadismo mediale (Celant), ma registra anche attivamente l’esistente e lo assimila nell’opera per concepire uno spazio abitato da incontri intermittenti e da principi emotivi di ordine partecipativo.
I give you my word, I give you my world (ti do la mia parola, ti do il mio mondo), la sua ultima personale che si pone come necessaria retrospettiva sul lavoro di un decennio, offre già nel titolo ludolinguistico l’irruzione di energie espressive e letterarie il cui ordine nodale si addensa a una vivace ars combinatoria, a una contaminatio tra l’aperto e il chiuso, tra il dentro e il fuori.
Organizzata negli spazi della Fondazione Pietro Rossini e curata da Francesca Guerisoli, questa nuova avventura presenta due progetti site-specific e una serie di 5 performance mediante le quali l’artista assume l’antropologia, la sociologia, la pedagogia e l’andragogia come ingredienti privilegiati di un racconto che dal singolare volge verso il plurale, il polifonico. Con una indispensabile poliglottia estetica, Bellantoni apre il proprio lavoro al pubblico invitato a girare, a giocare, a girare tra le parole e a trovare delle parole la loro dolcezza, il loro silenzio, il loro senso.
La videoinstallazione Maremoto (2016), le Parole cunzate (2015-2017) che riattivano esteticamente l’antico mestiere del cucipiatti e tratteggiano una serie di significanti come “coraggio” o “fiducia”, il braccio di ferro dell’Impero Ottomano (2017), l’Effetto Butterfly (2017) che richiama alla memoria l’inconscio ottico di Benjamin e naturalmente Blow Up di Antonioni, Biliardio (2017), L’età dell’oro (2017) e le favolose Parole passeggere (2017) che ci riportano tra i banchi di scuola, ma all’aperto, dove avremmo dovuto realmente leggere Dante, Petrarca, Tasso.
Sono le tappe di questo nuovo tragitto estetico, di questa nuova immersione tagliente e seducente, di questa nuova visione che ha il sapore dell’aria notturna, fresca, dove le parole – tutte quelle parole che ci offre Elena Bellantoni – sono lette sottovoce.
Elena Bellantoni, «I Give you My Word World», a cura di Francesca Guerisoli, 27.09 – 29.10.2017
Fondazione Pietro Rossini, Milano
immagini: (cover 1 ) «Elena Bellantoni. I give you my word I give you my world», 2017, poster (2) Elena Bellantoni, «Parole Cunzate», 2015-17, performance (3) Elena Bellantoni, «Impero Ottomano», 2015-17, performance lastra (4) Elena Bellantoni, «L’età dell’oro», 2017 installazione site specific (5) Elena Bellantoni, «Maremoto», 2016 video installazione video full HD6’48” (6) Elena Bellantoni, «Parole passegere», 2017, Fondazione Pietro Rossini, installazione e performance.