Giunta al termine il 25 novembre, la prima edizione di Etherea UNIVERSO DIGITALE “Il medium è il messaggio” si è proposta come summa delle ultime tendenze estetiche e gnoseologiche dell’arte, indagando attraverso incontri, eventi, e lectiones magistrales una delle capillarizzazioni che caratterizza la «babele linguistica» (Pancotto, 2013) contemporanea. Guidata dall’intento di accendere un riflettore sull’arte digitale e sui suoi più recenti sviluppi, la curatrice Virginia Monteverde ha inaugurato la mostra annessa alla rassegna affiancata dal critico d’arte Viana Conti e dal sociologo Derrick de Kerckhove.
La citazione «il medium è il messaggio», assunta come sottotitolo dell’evento e omaggio al profeta dei nuovi media Marshall McLuhan (così come lo definisce il suo allievo e amico Derrick de Kerckhove), è l’incipit della riflessione critica operata per scandagliare le trasformazioni dei territori dell’arte alla luce delle ultime innovazioni digitali, che hanno introdotto una rivoluzione in primo luogo linguistica e semiotica, perché hanno reso possibile la traduzione dell’intera esperienza umana nello spazio virtuale attraverso un unico segno. Questo «raschiamento estremo del segno» (de Kerckhove, 2017) permette agli artisti di accedere a un universo creativo dalle potenzialità amplificate: Christian Zanotto saccheggia felicemente la tradizione e la congiunge alle ultime tecniche di animazione stereoscopica per dare origine a una scultura virtuale dai toni angosciati e angoscianti in uno spazio che, sebbene immateriale, interagisce con la quotidianità, influenzandola. Proprio il concetto di spazio diviene centro dell’esplorazione teorica e artistica attraverso Real Time di Roberto Rossini, che parla di spazio attraverso il tempo servendosi di found footage (che richiamano alla memoria l’automatismo dell’objet trouvé) e attraverso il lavoro di Stefano Cagol, le cui opere permettono di intravedere la stratificazione spaziale individuata da de Kerckhove nel panorama contemporaneo, in cui la dimensione virtuale subentra nella relazione tra lo spazio fisico e mentale, dando origine a quello spazio diffuso in cui ogni uomo e ogni oggetto è immerso in un colossale «bagno elettronico» (de Kerkchove, 2017).
L’arte digitale si configura quindi come sistema simbolico che offre una via percorribile per conoscere e appropriarsi del quotidiano (linea tra l’altro già aperta da Goodman, che negli anni Sessanta ha rivendicato la dignità gnoseologica dell’esperienza artistica parificandola a quella scientifica) dando vita a opere realizzate con gli stessi strumenti tecnologici e innovativi su cui l’artista riflette. Georgette Maag sceglie di operare da questa angolazione e in Labor#2 si serve di luce e proiezione per modificare la percezione di una superficie reale, generando quello stupore, che innesca successivamente un cortocircuito cerebrale nello spettatore. Si riconfigura così il ruolo dell’arte e dell’artista, che è figura indispensabile per la società perché non subendo l’intorpidimento mediatico (McLuhan, 1964) riesce ad analizzare e a comprendere potenzialità e pericoli annessi alle nuove tecnologie.
È questo il senso delle installazioni di Sara Tirelli, che immerge il fruitore nella realtà virtuale servendosi di visori e di registrazioni binaurali per creare «cortocircuiti sensoriali e cognitivi» (Viana Conti, 2017), come pure di quelle realizzate da Peter Aerschmann, che stimolano la riflessione sull’esternalizzazione del sé passando attraverso quel senso di spaesamento che investe il cittadino globale contemporaneo. On the Rationalization of Sight di Alexander Hahn infine si presenta come compendio sulla storia della visione, della percezione, della cognizione e della ritrattistica mostrando il movimento a spirale che permette all’occhio umano di percepire correttamente la terza dimensione.
La rassegna prevede in ultimo ulteriori spazi espositivi nell’ambito del Progetto Giovni Artisti. The Mind’s Zone of Vision, offrendo così a quattro artisti emergenti (Giorgia Ghione, Christian Masuero, Annalisa Pisoni Cimelli e Eli Zwimpfer) una finestra che permette loro di muovere importanti passi nel territorio istituzionale dell’arte digitale.
immagini: (cover 1) On the rationalization of sight, Alexander Hahn, 2017 (2) Moon Dollar Battle Stereo Scenes, Christian Zanotto, 2017 (3) Labor-2, Georgette Maag, 2016 (4) Haiku Visivo-sonori, Roberto Rossini, 2014