Da sempre, Federica di Carlo lega la sua creatività a stretto filo con la ricerca scientifica e in continuo dialogo con gli scienziati. Fisici, oceanografi, astronomi, sono i suoi interlocutori. I laboratori d’istituti scientifici come il MIT (Boston), il CERN (Ginevra), l’INAF(Roma/Milano), si intersecano, a tratti, con il suo studio d’artista. Tutto si trasforma poi in opere che proseguono il discorso ecologico nella dimensione dell’arte con la forza della poesia e di giochi di equilibrio molto sottili.
Nell’ambito di questo suo lavoro, nel 2018 Federica Di Carlo presentava l’installazione We Lost the Sea negli spazi dell’Arsenale della Marina Regia di Palermo con la cura di Simona Brunetti e nel contesto di Manifesta 12. Tutto il vento dell’atmosfera era contenuto in grandi aquiloni argentati che si muovevano nello spazio, alimentati dal soffio di ventilatori. Il sistema acqua – aria – luce andava in scena, «sistema generatore del respiro della terra, evidenziandone le costrizioni, i patimenti, le apnee». (S. Brunetti)
«La Fabrica della Real Marina, come veniva anticamente chiamata – leggiamo nel testo di Simona Brunetti che accompagna il progetto – ha rappresentato per secoli un importante crocevia di scambi e di relazioni tra popoli di diversa origine, provenienza e status sociale che qui venivano a svolgere i loro traffici commerciali. Luogo di confine per eccellenza, sotto il quale scorre ancora oggi il mare palermitano, assurge a simbolo di quelle ‘zone d’interferenza’ e di quei territori liminali su cui insiste la ricerca di Federica Di Carlo. Complice di tali interferenze, il mare sussiste nel suo lavoro come grande attivatore di energie, storie e destini (…)».
Ora, questo lavoro ha trovato nella pubblicazione un altro territorio liminale e di scambio. Aprono il libro, lo scambio con gli scienziati dell’atmosfera e del mare, Daniel James Cziczco (fisico atmosferico del MIT) e Sandro Carniel (oceanografo Dirigente di ricerca presso l’Istituto di Scienze Polari, CNR), e gli interventi di amici e colleghi, parte della sua vita creativa, invitati a rispondere alla domanda: Quante volte abbiamo perso il mare?
Tutto questo, assieme ad una serie di appunti dell’artista, fanno da anticamera ai testi di chi ha partecipato al progetto e alla presentazione del progetto installativo: la curatrice Simona Brunetti, Federica Maria Bianchi per Snaporazverein che lo ha prodotto, Giuliana Benassi che lo ha seguito, Valentino Catricalà che lo ha sostenuto con la Fondazione Mondo Digitale e Alessandra De Caro della Soprintendenza del Mare.
La struttura stessa del libro suggerisce un’apertura, un proseguimento che forse oggi ci sorprende per le direzioni che può prendere. Nella domanda Quante volte abbiamo perso il mare?, formulata molto prima dell’affacciarsi della pandemia si nasconde una intuizione più profonda di quanto si poteva immaginare all’epoca. Oggi, rileggendo le risposte a questa domanda, riflessioni sul senso di perdita, potremmo immaginarne che altre si sarebbero sovrapposte a queste alla luce del poi. Potremmo ritrovare nuovo senso e spinta all’azione proprio dal senso di perdita e da tutto ciò che da questo possiamo far tesoro.
Federica Di Carlo, We Lost the Sea, Maretti Editore, 2020
Autori: Laura Barreca, Giuliana Benassi, Federica Maria Bianchi, Simona Brunetti, Sandro Carniel, Valentino Catricalà,Daniel James Cziczo, Alessandr De Caro,Luigia Lonardelli, Masbedo(Iacopo Bedogni), Masbedo( Nicolò Massazza), Marzia Migliora,Ida Panicelli.
immagini: Federica Di Carlo. We Lost the Sea, Maretti editore 2020, cover (2) Federica Di Carlo, «We Lost the Sea», 2018, Palermo, foto: Lorenzo Bacci (3) Federica Di Carlo. We Lost the Sea, Maretti editore 2020