Le sculture di Federica Luzzi che scandiscono i tre ambienti della Nuova Pesa a Roma sono tutte realizzate con tecniche sperimentali, anche quelle all’apparenza le più tradizionali, come fotografia e disegno. La sperimentazione è in realtà casa dell’artista da sempre.
Shell, del crepuscolo o dell’alba è il titolo e il limite spaziale e temporale che abitano le sue opere dove contenuto, contenitore, materia e tecnica esistono nella loro continua reversibilità e nel loro reciproco generarsi. Shell è un ciclo di lavori che comprende una ricerca ventennale che spazia dalla musica, alla tradizione orientale, ad ogni tipo di tecnica artigianale, fino all’astrofisica e che trova casa proprio in questo termine, shell, e nei suoi molteplici significati (rifugio, guscio, proiettile...).
Shell è anche il rifugio che è sfuggito al controllo dell’uomo come porto sicuro nel periodo di isolamento dovuto alla pandemia durante il quale Federica ha realizzato questo ultimo corpo di opere. Il senso di precarietà e di instabilità a volte è il motore che spinge verso nuovi orizzonti, ora restituiti nelle opere di questa particolare fase di ricerca.
Le sculture che accolgono nella prima sala, realizzate con una tecnica sperimentale di nodi, polvere di ematite e cera, sembrano fiorire dalle pareti. La loro collocazione permette di spostare di tanto in tanto la loro inclinazione. A volte si possono trovare in una posizione di apertura che invita a guardare all’interno, altre volte sono chiuse su se stesse. Chi entra in galleria troverà una condizione sempre diversa. Le ombre attentamente orchestrate con le luci accompagnano la loro presenza, fragile e potente allo stesso tempo, proprio come lo è quella dei fiori e della vita stessa.
Vita e pericolo che scorrono nel rosso della polvere di ematite si raffreddano nell’oscurità della grafite delle sculture di Macramé Black Shell che, nella seconda sala, sono racchiuse in bacheche; forma e materia sono collocate al limite tra la vita e la morte, ma anche sulla soglia di una possibile conservazione.
Vita e morte coesistono anche nel delicatissimo disegno e inserto di stoffa di Shell, del crepuscolo o dell’alba, dettaglio ripreso dalla xilografia di Ichiyusai Kuniyoshi (1797-1861) che rappresenta di tre quarti Tan Onodera, la moglie del ronin, il samurai Onodera Junai, prima di seguirlo nella morte (seguendo l’antica tradizione giapponese) mentre si posiziona la veste. « Da subito interessata al giro che le pieghe della veste assumono, evidenziato dal suo motivo rigato, proprio in corrispondenza della parte laterale del ginocchio – spiega l’artista – ne ho isolato il dettaglio come se il disegnare, in fase di ingrandimento, mi permettesse di vederlo con più attenzione; linea dopo linea, scoprendone poi inaspettatamente all’interno una linea germinativa, vitale. É un corpo la cui veste, coprendo e seguendo le sue curvilinee, svela dettagli inconsueti e non intenzionali.
Alla linea di disegno ho voluto poi inserire un elemento tridimensionale, un frammento, un lembo di tessuto che emerge dal taglio effettuato con un tagliente nella carta. Da quella parte separata di un intero, da quella interruzione di continuità del corpo, per via dell’incisione e della separazione, emerge anche un filo rosso che cade per gravità verso il basso».
Il corpo e la storia che prendono letteralmente forma dalla combinazione di disegno e materia e nel piccolissimo spazio di un dettaglio, emergono in altro modo nella stampa fotografica su carta cotone del corpo dell’artista, stampato in negativo, sottratto al dettaglio rovesciato verso l’universo, proiettato nella ricostruzione di una mappa stellare corrispondente a quella del suo corpo. «Quante sono numericamente le stelle contabili?», si chiede Federica Luzzi.
«Ogni neo può essere rinominato e riprodotto in nuovi atlanti con formazioni territoriali, meridiani e paralleli di pura invenzione. Ma nonostante il corpo sia circostanziato non è uno spazio geografico oggettivamente misurabile».
Attraversando tutta una serie di lavori, che nella loro materia, colore, tecnica contengono mondi interi, ritroviamo il corpo e i suoi sconfinamenti nelle grandi ali realizzate con tessitura ad arazzo con telaio verticale filato in lino della grande installazione che abita l’ultima sala. Stavolta il corpo non è da cercare in nessuna immagine, piuttosto nella forza della tessitura, nel rapporto dell’uomo con la macchina e la tecnica, nella fatica del suo processo e del suo tendere verso l’alto.
Federica Luzzi, Shell, del crepuscolo o dell’alba, La Nuova Pesa. Uno spazio per l’arte contemporanea, Roma, estesa fino a lunedi 7 marzo, 2022
immagini (cover 1) Federica Luzzi, «Macramé Back Shell», 2021, foto: Giorgio Benni (2) Federica Luzzi, «Macramé Red Shell»,2021, panoramica dell’installazione alla Nuova Pesa, foto: Giorgio Benni (3) Federica Luzzi, Shell, del crepuscolo o dell’alba», 2021, foto: Federica Luzzi (4) Federica Luzzi, «Shell, del crepuscolo o dell’alba», panoramica dell’installazione alla Nuova Pesa, foto: Giorgio Benni