L’artista Allan Kaprow (1927-2006), esponente dell’Espressionismo Astratto negli anni ’40, nel 1959 conia il termine «happening», per indicare una forma di espressione artistica rivolta alla creazione di situazioni, «accadimenti»– appunto – senza una struttura di inizio né di fine dove partecipare attivamente, dove l’esperienza del pubblico diventa centrale affinché l’opera acquisisca significato. Ora, non che questa fosse una novità radicale nei contenuti perché esperienze del genere le avevamo già incontrate nell’ambito del movimento Dada, in quello Futurista e Surrealista. Era la prima volta, però, che questa tipologia di esperienza era riconosciuta in un termine che ne potesse legittimarne l’appartenenza ad un vero e proprio genere artistico a sé stante. Sempre più riconosciuto quindi è anche l’avvicinamento dell’arte alla vita, legati uno all’altra da uno scambio osmotico, in un reciproco nutrimento che nasce proprio dall’esperienza vissuta. «Happening – dirà pochi anni più tardi in un articolo Kaprow – è spartano e improvviso, spesso percepito come ‘sporco’. Dobbiamo però iniziare a prendere consapevolezza che ‘sporco’ significa anche organico e fertile e tutto, compresi i visitatori, in queste circiostanze possono crescere un pò[1]».
Così, nel 1959, le persone invitate nel loft della Reuben Gallery a New York 18 Happenings in 6 Parts, muniti di un programma e di istruzioni su come comportarsi – comprese indicazioni sul posto da occupare, su come muoversi, e su quando applaudire – assistono ad una serie di «accadimenti», azioni di pittori che dipingono, letture, esecuzioni musicali, enunciazione da parte di performers di parole di una sola sillaba, come «but/ma» e «well/bene». La fine di ciascun happening è segnata dal suono di un campanello ripetuto due volte. Applaudire è permesso solo alla fine di tutto, dopo circa novanta minuti di situazioni di ogni genere. All’epoca partecipare a questi eventi era molto trendy tanto che quando questa forma di creatività ha acquistato popolarità è stato lo stesso Kaprow a rinnegare il termine.
Ora, quale mai può essere il collegamento con la media art più attuale? Ebbene, il legame è molto forte e risiede proprio nei cambiamenti della forma mentis che si stavano consolidando in quegli anni. Inglobare l’arte nella vita di tutti giorni, e soprattutto responsabilizzare l’osservatore, coinvolgerlo attivamente, farlo entrare nell’opera come parte fondante, sono cambiamenti di attitudine mentale e comportamentale che appartengono al mondo tecnologico e che si sono andati sempre più accentuando fino al tempo più attuale, dove esperienza e interattività, per quanto siano mutati nel grado di partecipazione – sempre più attiva – dei visitatori, sono, spesso, componenti «vitali» per il lavoro in «essere».
Immagini Allan Kaprow,courtesy Houser and Wirth (Zürich, London) Allan Kaprow, Women licking jam off a car from the happening series Household, 1964, courtesy Getty Research Institute photo via Allan Kaprow, sketch of Sandwich Man for 18 Happenings in 6 Parts, Allan Kaprow Papers, © Research Library, The Getty Research Institute, Los Angeles.[1] A. Kaprow, in «Art News», 1961, testo origin. «Happening is rough and sudden and often feels ‘dirty’. Dirt we might begin to realize, is salso organic and fertile, and everything including the visitors, can grow a little in such circumnstances»