Hans Ulrich Obrist ha curato e presentato negli spazi della Fondazione Sandrettro Re Rebaudengo di Torino l’ultima rivoluzione artistica del trentenne Ian Cheng, che in un certo senso risulterà unica ed inedita per ogni visitatore che avrà il piacere di visitarla, dall’inaugurazione in aprile fino all’11 ottobre 2015. Si tratta del suo ultimo lavoro realizzato con una lunga progettazione e con il supporto di un’equipe composta da una quindicina di persone, ciascuna chiamata a realizzare un aspetto dello scenario che ci troviamo ad osservare sullo schermo.
Il risultato è il primo episodio di una trilogia intitolata Once out of Nature, un’opera in qualche modo vivente, indipendente nel suo evolversi dalla volontà del suo artefice e proprio per questo molto affascinante. Emissary in the Squat of Gods è una simulazione ispirata agli studi di Julian Jaynes, psicologo americano, il cui lavoro si basa sulla premessa che gli antichi non avessero coscienza e che durante i momenti di forte stress si affidassero alle risposte indotte dall’emisfero destro del cervello, riconducibili a figure autoritarie presenti nella loro vita. Lo scenario messo a punto da Cheng mostra una tribù sconvolta da un evento catastrofico, l’eruzione di un vulcano. I personaggi sulla scena sono stati realizzati nel dettaglio e progettati secondo alcune proprietà di base, ma al momento dell’avvio del programma le loro azioni sono libere, anche e soprattutto di influenzarsi vicendevolmente all’infinito, senza controllo. Ne risultano comportamenti davvero imprevedibili, che si montano e si disfano in un ecosistema virtuale creato grazie all’unione di una complessa modellazione algoritmica e della passione per il game design.
Cheng stesso si può in un certo senso figurare come un algoritmo. Laureatosi a Berkeley in Scienze Cognitive e con un passato da scienziato, ha scelto di perseguire un cammino dedito all’arte per non dover lavorare decenni su uno stesso progetto, per non avere un unico obiettivo ed, appunto, affrontare la possibilità del cambiamento anche attraverso i sentimenti di ansia che possono derivarne. La ricerca di Cheng si concentra dunque sull’evoluzione del concetto di coscienza personale, sulla ragione mutevole delle cose e sull’idea che sia necessario per ognuno di noi trovare il modo di accettare il cambiamento nel corso della nostra esistenza.
«Ian Cheng. Emissary in the Squat of God», a cura di Hans Ulrich Obrist Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino, 23.04 – 11.11.2015
Immagini (tutte) Ian Cheng. Emissary in the Squat of Gods, installation view, photo di Giorgio Perottino