Claudia Quintieri (1975) è giornalista, scrittrice e artista. I suoi lavori sono stati presentati in diversi luoghi istituzionali come Palazzo delle Esposizioni, il MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanera dell’Università la Sapienza di Roma e lo Studio Abate. In un’intervista via e-mail Claudia Quintieri ci racconta di alcuni suoi lavori, del suo rapporto con video e tecnologia, della sua visione critica della cultura contemporanea.
Nasci come artista, giornalista e scrittrice. Come si relaziona, sempre che di relazione si possa parlare, la tua arte visiva con la scrittura? Si può dire che una sia esternazione dell’altra?
Il giornalismo e la scrittura letteraria hanno due statuti completamente diversi. Il mio linguaggio giornalistico utilizza termini specifici relativi ad un contesto professionale per parlare della sostanza e dell’estetica di una creazione altrui. La scrittura è una mia creazione ed è condotta con un linguaggio intimo e introspettivo, le tematiche sono quelle a me care. Inoltre nella scrittura cresce un sentimento che si nutre di interiorità, mentre nel giornalismo si manifesta un approccio critico. La sperimentazione nei video invece dà luogo ad una creatività che ha proprietà immaginifiche e l’immagine diventa veicolo essenziale per mandare un messaggio. Nei video parto dall’idea, che realizzo con modalità completamente diverse a seconda di ciò che ho pensato, ogni idea non è collegata con la precedente: di qui l’eterogeneità dei miei lavori nello stile e nei contenuti. Queste tre forme di espressione non dipendono l’una dall’altra, hanno origini e forme a sé stanti.
Nel 2010, al MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea di Roma e nell’ambito della mostra Art@network, hai presentato Venere Metropolitana.
Venere Metropolitana nasce da una performance pensata da me per l’artista e performer Paolo Angelosanto: ho travestito Angelosanto da Venere secondo l’iconografia di Botticelli e l’ho posizionato davanti alla metropolitana di Piazzale Flaminio a Roma in maniera che chiedesse l’elemosina con una bombetta ottocentesca ai piedi al posto della conchiglia presente nell’iconografia. Le riflessioni erano due, la prima riguardava il fatto che spesso nell’arte contemporanea si è persa l’attitudine alla bellezza, riflessione che ho portato avanti nel riferimento alla Venere, nel riferimento alla metropolitana a volte simbolo di bellezza, si pensi a Parigi e al liberty, nel riferimento alla nascita dell’epoca contemporanea nella bombetta ottocentesca. Poi volevo sottolineare lo scollamento fra l’arte contemporanea e il grande pubblico riprendendo le persone che guardavano la performance e non si rendevano conto di ciò che stava accadendo; basti pensare che solo una ragazza mi ha chiesto: «E’ la Venere del Botticelli?»
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Nel 2013 presenti – presso lo Studio Abate – Daddy. Sogno di una bambina e di suo padre. Puoi raccontare la nascita di quest’opera?
Daddy. Sogno di una bambina e di suo padre nasce da un ricordo d’infanzia che mi è rimasto molto impresso e riguardava una punizione da parte di mio padre, si è poi trasformato nella creazione in una danza tenera come realmente è il mio rapporto con mio padre, anche se l’aspetto punitivo e viscerale è rimasto nei cartelli che scandiscono le scene. I ballerini hanno incarnato un sentimento positivo, mentre le scritte hanno una componente ombrosa. L’origine del lavoro è circoscritta ad un avvenimento preciso che poi ho sublimato, spesso nella creazione si sublima un’idea, un fatto, una circostanza. Daddy è un video-danza costruito come un film anni ’30, ha quindi i cartelli, la musica è Sturdust di Glenn Miller, la scenografia è la proiezione sui ballerini di un disco 75 giri suonato da un grammofono dell’epoca, i costumi e gli oggetti sono del periodo. Ho ambientato il video in un tempo passato cosicché il messaggio potesse perdersi nel ricordo. La mostra era una doppia personale con la fotografa Manuela Giusto che presentava le foto di scena di Daddy.
Come credi la tecnologia si intrecci con la creatività? E’ un potenziale espressivo? Un limite?
La tecnologia è un mezzo prezioso quando c’è un’idea dietro.
Immagini (1 cover); Claudia Quintieri, Venere Metropolitana, video-still, 2009; (2) Foto di scena di Daddy. Sogno di una bambina e di suo padre di Manuela Giusto 2012; (3) Claudia Quintieri, Venere Metropolitana, video-still 2009; (4) Claudia Quintieri, Daddy. Sogno di una bambina e di suo padre 4′ 2012 (video)