Si conclude, oggi, l’intervista di Giorgio Cipolletta a Luigi Pagliarini con l’apertura del discorso sul corpo, sulle sue «s-misurate infinite possibilità» al rapporto tra arte e scienza.
Giorgio Cipolletta: Dopo averci stimolato e «provocato» sulle possibilità interessantissime di «un’intelligenza del corpo», di un corpo-terrarium, mi viene da domandarti se esiste un rapporto intimo tra arte e scienza. Ti chiedo questo in quanto artista e scienziato.
Luigi Pagliarini: La domanda sottende un’altra potenziale deriva storica dell’intero pensiero occidentale, per cui proverò ad usare prudenza. Oggi, Arte e Scienza suona tanto come Mente e Corpo o come Anima e Materia e, insomma, è una dicotomia divenuta necessaria, quasi indispensabile, ma di cui personalmente ho fatto e farò volentieri a meno, per sempre. Il divisionismo, la frammentazione, la molecolarizzazione tipica delle nostre società e nata dalla filosofia greca ha senza dubbio tanti vantaggi implementativi ma, di contro, crea delle scissioni conoscitive drastiche e talvolta drammatiche. Così, dal dopo Rinascimento, nel post-Leonardo la frattura è divenuta irreparabile. Il pensiero artistico-scientifico, da corpo unico volto alla ricerca di una interpretazione del reale ha vissuto per mezzo millennio una discesa precipitosa verso una sempre più grave sorta di schizofrenia funzionale facendo sì che il pensiero artistico, strettamente necessario per le basi creative di una buona ricerca scientifica, e il pensiero scientifico, strettamente necessario per una progettazione artistica di alta qualità, voltassero le spalle l’uno all’altro.
Le conseguenze le abbiamo sotto gli occhi e si manifestano attraverso tre o quattro evidenze basilari. Per prima c’è la decadenza del pensiero scientifico verso una omologazione e limitazione di tesi e ipotesi alternative che coesistano al suo interno. Un appiattimento, in pratica, del vigore dell’intero mondo della ricerca e il ristagno sulla linea del cosiddetto «metodo scientifico» che, per carità, non voglio criticare, ma che, d’altra parte, va necessariamente rinnovato e riammodernato. Del resto la fisica moderna, attraverso le sue nuove scoperte e le sue nuove leggi, lo sta manifestando giorno dopo giorno in maniera sempre più evidente ed allarmante. Il secondo punto da evidenziare è la criticità dell’assenza di concreti avanzamenti nel mondo dell’arte contemporaneo. Mondo che, ormai, abbandonato in un ambito non-razionale (che chiameremo «impressionista») o quantomeno razionalmente superficiale (che definiscono concettuale). La conseguenza di tutto ciò è la tendenza della produzione artistica al ristagno in una sterile, presuntuosa, pretestuosa e improponibile anarchia priva di etica e morale, ma soprattutto, priva di una nuova estetica.
E si giunge poi al terzo punto, ossia la recente e crescente ricerca spasmodica dell’un mondo per l’altro. C’è nostalgia dell’arte nella scienza e della scienza nell’arte, lo si sente ed intravvede in tutte le manifestazioni recenti, sia artistiche che scientifiche. Questa condizione è diventata palpabile soprattutto dall’inizio dell’era dei superconduttori, dei chip, dalle prime fasi di questo «cambriano» dell’era informatica e adesso, nell’epoca del cosiddetto Web 2.0, è completamente esplosa. Ma per ora son fenomeni di poco conto, direi infecondi o non esattamente significativi e che comunque non hanno la forza di determinare una nuova fusione. Ne parlo con coscienza esatta e diretta – credo – essendone tutto sommato anche io uno dei promotori, uno dei ricercatori che s’è illuso e forse ancora s’illude di poter riavvicinare questi due affascinanti universi. Ma, tocca ammetterlo, sono decenni che volano schiaffi, ora dagli artisti e dai critici che non riconoscono la profonda estetica di talune produzioni scientifiche, ora dagli scienziati che non capiscono il fondamentale apporto di determinati movimenti artistici, quale contributo per una significativa evoluzione scientifica. Ciò, ovviamente, sia per un congelamento delle posizioni filosofiche ma anche, tanto, per dinamiche economiche protezioniste distintamente appropriatesi dei due settori.
Dal mio canto, continuo con il mio inesauribile romanticismo a sperare e promuovere il contrario, ma forse toccherà arrendersi alla più classica delle leggi dell’entropia: siamo vittime di una inesorabile, monodirezionale, tendenza al disordine. Mi piacerebbe, di conseguenza, concludere sintetizzando le mie risposte alle tue domande con le parole di Albert Einstein: «Ciò che di più bello possiamo sperimentare è il Mistero. È la fonte di tutta la vera Arte e vera Scienza».
Questa è la terza e ultima parte della conversazione tra il critico d’arte Giorgio Cipoletta e l’artista e neuro scienziato Luigi Pagliarini. Cliccate qui per la prima parte dell’intervista e per leggere la riflessione introduttiva di Giorgio Cipolletta che ha avviato il dialogo e qui per la seconda parte.
immagini: (cover 1) Luigi Pagliarini, «Codice Pagliarini», 2013 (2) Luigi Pagliarini, «PixelBeing», 2018 (3) Luigi Pagliarini, Order&Disorder 2011 (4) Luigi Pagliarini, «AG», screenshot.
Luigi Pagliarini, neuropsicologo per formazione, è un artista impegnato dai primi anni ‘90 nella software art e robotica d’arte. È Professore di Teoria della Percezione e Psicologia della Forma, Semiologia del Corpo, Psicologia dei consumi culturali e di massa presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata e Consultant Professor presso il Playware della Danish Technical University dove si occupa di Robots and Dynamic Agents Interfaces Design. In passato, ha collaborato a diversi progetti con realtà quali LEGO Group, la SONY e la Real World Records. È stato fondatore e direttore del Pescara Electronic Artists Meeting; direttore artistico di Ecoteca; curatore della sezione di Robo[art] del Robotsatplay Festival in Danimarca; inventore e fondatore di RoboCup Junior, oggi adottata come strumento didattico in tutte le scuole del mondo, e ha pubblicato su libri, riviste, webzines, su atti di congressi e conferenze internazionali. In questo momento è membro del comitato editoriale del Journal of Artificial Life and Robotics, del comitato editoriale della Rivista di Psicologia dell’Arte, membro del Comitato Scientifico della Conferenza Internazionale Psychology-Based Technologies e membro direttivo di APEXperience. Ha esposto i suoi lavori in diversi musei nazionali e internazionali e alcuni delle sue ideazioni son state riportate su organismi di stampa intercontinentali.