Per creare le sue Fatiche, video – installazioni che dal 1996 hanno stravolto [percettivamente] lo spazio di gallerie, musei, fiere d’arte, spazi alternativi, Daniele Puppi ha messo in gioco generi artistici diversi. Partendo da una predilezione per il cinema combinata con un impiego consapevole del linguaggio installativo e un’attenzione particolare per il suono, Puppi manipola i linguaggi creativi, li sradica dalle convenzioni e li integra nello spazio dove acquistano una loro fisicità, complici di un’«amplificazione della percezione», come l’ha descritta in un suo saggio Stella Santacatterina.
Non appena diplomato dall’Accademia di Belle Arti di Roma nel 1996, Puppi realizza la prima delle sue Fatiche, inizio di una ricerca costante su spazio e spazialità definendoli attraverso il corpo, nella sua fisicità, nella sua eco attraverso l’immagine e nelle capacità sensoriali che dal corpo partono e a questo ritornano arricchite di nuove informazioni. C’è poi la fisicità richiesta da chi fruisce il lavoro nello spazio, disorientato dalla sproporzione delle immagini, da un suono amplificato, da un’architettura che cambia i suoi connotati.
All’epoca della Fatica n.1, un muro divisorio del Teatro degli Artisti (Gruppo Filtro) a Roma, era destinato a demolizione. Sarà Puppi stesso a distruggerlo e a servirsi del montaggio di immagini e suoni derivati dalla ripresa di questo suo intervento, ad elemento struttura per creare punti di vista molteplici.
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Da questo momento in poi, le sue Fatiche entrano e stravolgono gli ambienti più diversi: la chiesa sconsacrata di Santa Rita e la galleria Magazzino a Roma (Fatica n. 4, 1997), la galleria milanese Massimo De Carlo, la Lisson e la Sprovieri Gallery di Londra. E ancora, istituzioni museali come la Galleria d’Arte Moderna, il MAXXI di Roma e la monumentale Hangar Bicocca a Milano, istituzionalizzata sì, ma architettonicamente mantenuta nelle sue originarie fattezze dettate dalla destinazione industriale. Suono, architettura e immagini diventano nuove coordinate spazio-temporali che è necessario, ma anche istintivo, rilevare per «capire» lo spazio «ascoltandolo» con tutte le corde della percezione.
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La monumentalità visiva e sonora richiama con forza ineluttabile l’attenzione di chi entra, catturato come da una sirena, e guidato fino al punto in cui lo coglierà un senso di disorientamento, e lo costringerà ad attivare tutte le facoltà percettive. Anche la dislocazione temporale diventa riferimento spaziale.
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Lo spazio vissuto, quello ripreso mentre l’artista lo definisce con dei movimenti fisici [e attraverso dei particolari del corpo in movimento], si sovrappone con il presente dello stesso spazio quando vissuto da chi entra. Si crea così un nuovo, paradossale, equilibrio da ritrovare nel legame che si instaura tra la fisicità dell’esperienza presente, quella conservata nella memoria delle immagini e il tempo che intercorre tra questi due momenti.
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Se le Fatiche amplificano ed estendono lo spazio nella sua più recente serie dei re-animated cinema, iniziata con What Goes Around Comes Around nel 2011 per Art Miami, è lo spazio della pellicola dello schermo, delle icone cinematografiche a sconfinare dallo schermo. Le immagini conquistano una tridimensionalità tutta analogica, tradiscono la «tradizionale» percezione del tempo e ci vengono incontro nella vita reale.
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La versatilità di Puppi e la curiosità che lo spingono a sperimentare con spazi e linguaggi creativi hanno trovato terreno fertile nella Widget Art Gallery di Chiara Passa, galleria e opera virtuale costruita «con» e «nel» linguaggio informatico delle applicazioni (le widgets appunto), fruibile solo attraverso gli schermi di dispositivi mobili e computer. Una mosca, rappresentata in scala, è catturata dentro lo schermo dove si muove nervosamente sbattendo contro le pareti liquide. Ancora una volta è il suono a catturare a costringere la nostra attenzione verso la mosca, altrimenti quasi invisibile. Anche qui la sorpresa ci coglie impreparati quando urtando il muro frontale l’insetto provoca un suono in scala roboante. A questo punto il muro si apre, e solo per un’ istante lascia intravedere il punto di fuga (vanishing point) e immaginare possibili proseguimenti [spaziali].
immagini e video (cover) Cinema Rianimato N.3, 2012, Digitalife Exgil Roma, courtesy Daniele Puppi and Magazzino (Roma), photo by Mario di Paolo (1) Daniele Puppi, FATICA – N.28bis, Palazzo delle Esposizioni, Roma, courtesy Daniele Puppi and Magazzino (Roma), photo by Mario Di Paolo. 2008 (2) FATICA- N.1 – Roma, 1996, courtesy Daniele Puppi and Magazzino (Roma). (3) video Daniele Puppi, Fatica n. 25, 2004, Lisson Gallery (Londra) video documentation (4) Daniele Puppi, Fatica n. 16, 2008, Hangar Bicocca (Milano), video documentation (5) Daniele Puppi, Fatica n. 23, 2010, Galleria d’Arte Moderna (Roma), video-documentation (6) Daniele Puppi, Cinema rianimato n. 3, 2012 Ex-Gill (nell’ambito del Festival Digital Life, Roma), video documentation (7) Daniele Puppi, Vanishing Point, 2014, Widget Art Gallery (galleria virtuale di Chiara passa), video extract.
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