Per una generazione Escher è stato soprattutto l’autore dell’immagine di copertina delle Cosmicomiche di Calvino, 1965. Lo si è inteso come una sorta di Piranesi della geometria, di inventore surreale sulla base della psicologia della percezione, eccetera. È stato, fondamentalmente, un grafico, calandosi in una dimensione che ha meno a che fare con la pittura che con la storia della pagina: da subito i suoi fogli appaiono come gli abitanti naturali d’una surreale cinquecentina, o meglio ancora d’una edizione secentesca criptica e sapienziale.
Di fatto Escher riduce al minimo la componente tecnica del suo fare perché ragiona esclusivamente di visioni. E dalla metà degli anni ’30, il tempo della sua maturità, egli assume una sommatoria di suggestioni passate e contemporanee ragionando in puri termini di far vedere: dei codici, delle convenzioni, delle regole e delle condizioni in cui la lettura dell’immagine si dà. Maestro delle percezione ambigua e di geometrie così metodologicamente affilate da perdersi in se stesse, Escher mira sistematicamente al punto di dissoluzione della regola stessa: dal suo ordine precisatissimo affiora un mondo inafferrabile, una sorta di caos postlogico sovrastante l’esperienza ordinaria. Alla fin fine si apprezza, di lui, lo straniamento continuo, e la vena tra paradossale e poetica che alimenta il suo repertorio plurimo di trucchi visivi. Ma fondamentalmente di trucchi visivi si tratta, e di null’altro.
–Questo testo è apparso sul sito di Flamio Gualdoni e qui ripubblicato per gentile concessione del suo autore–
L’enigma Escher. Paradossi grafici tra arte e geometria, Palazzo Magnani, Reggio Emilia, fino al 23 febbraio 2014. Info: www.palazzomagnani.it
Immagini
(1 cover) Maurits Cornelis Escher, Giorno e notte, 1938, xilografia a due colori, 39,3 X 67,8 cm; (2) Maurits Cornelis Escher, Relatività, luglio 1953, litografia, 277 x 292