Prosegue la riflessione di Antonello Tolve sulla società del controllo totale (Parte I)
…Si assiste oggi non solo ad un totale annullamento della memoria storica e dell’esperienza temporale in divenire, o ad una – il più delle volte – inconsapevole e inarrestabile perdita della riflessione definita da quello che Mario Perniola identifica con il «predominio dell’istante sulla durata»[1], ma anche ad una incontrollata mortificazione del pensiero, ad uno svuotamento riflessivo e ad una continua scossa tellurica che tende ad inghiottire anche le migliori menti nel maelström della disinformazione.
Dissuasore affilato e consigliere velenoso come Iago con Otello, il disegno della comunicazione attuale e del dolce stil web offre – e anche ai cyberutopisti più accorti – un sonnifero a buon mercato per ipnotizzare l’opinione pubblica e togliere, ad ognuno, il desiderio di fare i conti con la propria libertà: con una condizione individuale nella maglia sociale che va garantita e non condizionata da una serie di fattori politici, economici o sociali che minano dall’interno il concetto stesso di libertà e ne determinano tristemente la fine. (Nel brusio della disinformazione questa condizione che possiede ogni singolo individuo è diventata arido deserto, abbaglio, oasi infelice, miraggio lontano).
Insieme «vera, perché pone dinanzi a un fatto; falsa, perché adotta tecniche di esagerazione, manipolazione e mistificazione» e «finta, perché l’aspetto fantastico e immaginativo vi gioca un ruolo essenziale»[2], la comunicazione è come il mondo di Pinocchio dove il linguaggio del burattino «pare includere tutte le forme, dal vero detto come vero, al vero detto come falso, al falso detto come falso, al falso detto come vero»[3].
Abbagliato da uno specchietto per allodole che trasforma il reale bagliore della libertà in un sogno collettivo dove, Insieme ma soli, così recita un libro di Turkle Sherry, «ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri»[4] perché è evidente che l’umanità si sta avvicinando al robotic moment e dunque ad un controllo speciale senza precedenti. Del resto basta camminare per strada e fare un po’ di antropologia spicciola – magari pensando ad un nume tutelare come Marc Augé che ci ha insegnato a guardare anche i non–lieux, la surmodernité e tra le altre cose a viaggiare con l’occhio dell’ethnologue dans le métro – per capire che il comportamento dell’uomo contemporaneo è sempre più alienato, condizionato da un apparecchio ingestibile che succhia in un tempo libero dilatato e inquietante.
…. to be continued…
[1] M. Perniola, Miracoli e traumi della comunicazione, Einaudi, Torino 2009, p. 47.
[2] M. Perniola, Miracoli e traumi della comunicazione, cit., p. 20.
[3] G. Manganelli, Pinocchio: un libro parallelo, Einaudi, Torino 1977, p. 64.
[4] T. Sherry, Alone Together. Why We Expect More from Technology and Less from Each Other, Basic Books, New York 2011; trad. it., Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri, Codice edizioni, Torino 2012.