La galleria Magazzino di Roma ospita “Macchine Inutili”, doppia personale di Bruno Munari (1907-1998) e Gianni Colombo (1937 – 1993), un confronto generazionale di due artisti tra i più visionari ‘del novecento. Con il suo approccio interdisciplinare Munari ha messo per molto tempo in crisi la critica nella difficoltà di ‘incasellare’ il suo lavoro in un genere avendo sperimentato in pittura, cinema, disegno industriale, grafica e tanto altro, tutto radicato nella passione e nell’esperienza pedagogica. Il più giovane e altrettanto visionario Gianni Colombo riconosciuto in Munari un maestro. Tra loro si è da subito instaurato un rapporto di reciproca stima che la mostra celebra con la cura di Marco Scotini, in collaborazione con l’art advisor Filippo Percassi.
Alcuni documenti presenti in mostra in una bacheca all’ingresso dello spazio espositivo principale lasciano traccia di due importanti momenti che hanno sigillato il rapporto tra i due artisti. Nel 1960, in occasione della prima mostra di Mirorama1 del Gruppo T (fondato nel 1959 da Colombo, Giovanni Anceschi, Davide Boriani e Davide de Vecchi a cui si aggiunge in un secondo tempo Grazia Varisco), Munari è riconosciuto come con un Maestro (assieme a Fontana, Tinguely, Manzoni and Baj). Due anni più tardi Colombo e il Gruppo T sono invitati da Munari a partecipare ad «Arte programmata, arte cinetica, opere moltiplicate, opera aperta», storica mostra itinerante che dagli spazi del negozio Olivetti di Milano ha viaggiato a Roma, Venezia, Genova e Trieste, ed in seguito in gallerie e musei a Londra, in Giappone, in Germania e in varie città degli Stati Uniti. È in questa occasione che compare la definizione ‘arte programmata’ utilizzata da alcuni esponenti dei gruppi, e tra loro anche Munari e Colombo, nell’”Almanacco Letterario Bompiani nel 1962 e ripresa dallo stesso Umberto Eco nel suo storico saggio che ha accompagnato la mostra al negozio Olivetti.
Tra la serie di lavori presentati in mostra, Progetto per Negativo – Positivo di Bruno Munari e alcuni della serie di Spazi Elastici di Gianni Colombo, portano in primo piano due momenti fondanti della ricerca dei due artisti dove si sottolineano denominatori comuni di linguaggi tanto diversi quanto complementari.
«Negativi – Positivi» di Munari e i suoi schizzi, sono parte di riflessioni portate avanti nel suo periodo di appartenenza al gruppo MAC (1948-48). Oggetti geometrici si compenetrano gli uni con gli altri all’interno di strutture regolari dando vita a sequenze alternate. Si può focalizzare sulle aree disegnate o su quelle di colore sulla base dei punti di vista. Sfondo e primo piano cambiano sulla base dei punti di vista.
Gli «Spazi Elastici» di Colombo, qui presenti in versioni di piccolo formato ma spesso realizzati come ambienti dove lo spazio è scandito attorno alla disposizione di elastici, spostano il discorso su uno piano architettonico. La percezione e la sua instabilità, e quindi l’interazione con il visitatore, entrano al centro della scena e sono il leit motiv del confronto generazionale.
«Macchine inutili» è il titolo della mostra ma anche la serie di lavori di Munari realizza dagli anni ’30, opere sì ma soprattutto visione di un approccio creativo che spoglia la macchina di ogni funzionalità e utilità per liberarsi nel campo dell’immaginazione e della sperimentazione, per conoscere per restituire in questo senso utilità all’arte.
L’interesse del mercato per l’arte cinetica ha oscillato nel tempo con variazioni piuttosto brusche. Il primo scioglimento dei numerosi gruppi che si sono formati in quegli anni ha seguito il loro successo degli anni ’60. Non poteva essere altrimenti dato che movimenti e gruppi che hanno ruotato attorno a questi ideali nascevano in nome di progettualità avanguardistiche che nell’approccio scientifico, nel pensiero programmato e nella creazione di multipli per una maggiore e più accessibile diffusione delle opere, si ponevano in netto contrasto con il mercato. L’arte cinetica è tornata al centro degli interessi del mercato in diversi momenti, in particolare tra il 2010 e il 2016.
È qualche anno che nelle fiere sono tornati più numerosi lavori di Op Art, Arte cinetica e programmata. Quello che è interessante considerare, al di là delle questioni di mercato, è quanto importante possa essere oggi che la fascinazione per la tecnologia corre parallela al terrore di perderne il controllo, riconsiderare queste esperienze alla luce delle motivazioni che le hanno animate, tornare all’origine di un interesse che nasceva dalla curiosità per la scienza, per la tecnologia, per il rapporto con la macchina, per una realtà che già allora era in pieno corso di metamorfosi.
Macchine Inutili. Bruno Munari e Gianni Colombo, Galleria Magazzino, Roma, fino al 28 febbraio 2024
immagini (tutte): Macchine Inutili. Bruno Munari and Gianni Colombo, Magazzino Gallery, exhibition view, ph: Photo Credit Giorgio Benni, courtesy of Magazzino