Il nuovo libro di Marco Mancuso, critico, curatore e ricercatore, fondatore e direttore di Digicult e professore all’Università di Bologna e al Politecnico delle Arti di Bergamo, tra le tante cose, si intitola Chimera. Il Corpo Espanso per una nuova ecosofia dell’arte e già dalla copertina, che riprende l’opera ΔNFANG di Fronte Vacuo, palesa il suo carattere anomalo, essenzialmente indirizzato alla comprensione di un corpo postumano in quanto tale, lontanissimo dalle distopie antropocentriche e dalle derive ipermediali a cui siamo abituati.
L’obiettivo è complesso: mettere a sistema un pensiero fluido e stratificato, celato tra le pieghe di una realtà multiforme, quello postumano, nella congiunzione perpendicolare tra arte-design e tecnologia-scienza nella visione di un tutto integrato il più lontano possibile dalla visione illuminista di una realtà frammentata in spicchi di sapere, isolati l’uno dall’altro.
Mancuso opera, allora, un’analisi che se all’inizio rimbalza tra questioni tecnico-scientifiche e questioni artistiche (e legate al design), man mano esse convergono nella visione di “Corpo Espanso”, un corpo in stretta relazione con il contesto che ha intorno, “una chimera”, come leggiamo nel libro, “che abbatte i binarismi material-semiotici e consente di modellare nuovi rapporti entangled tra entità umane e non-umane”.
In una lenta analisi del “corpo contemporaneo”, prima in termini tecnologico-scientifici, poi artistici e legati al design, quasi non ci accorgiamo dei legami, dei nodi che si vanno a creare tra questioni che appaiono lontane l’una dall’altra, o quantomeno “diverse”. Questi nodi, Mancuso li stringe nel cuore del libro, la parte centrale che tratteggia un pensiero entangled, la delineazione di un corpo in stretta relazione con il contesto, in continuo dialogo con gli essere viventi e non viventi attorno ad esso.
Nell’ultima parte del tomo ci immergiamo in operazioni artistiche (seppur, qua e là, le ritroviamo in tutta la trattazione) dirompenti ed estremamente significative. Mancuso, in questi capitoli che completano il discorso, inizialmente opera la cernita di una carrellata di operazioni artistiche contemporanee che significano le riflessioni più teoriche fatte in precedenza; successivamente tratta l’importanza dei “media lab”, facendone una carrellata dei più importanti nel mondo, luoghi spesso “a cornice” nelle trattazioni che riguardano il rapporto dell’arte con le nuove tecnologie, ma fondamentali nello sviluppo di visioni intrecciate, luoghi di riflessione critica tra creativi e studiosi con background estremamente differenti.
Infine Mancuso va ancora più a fondo prendendo in esame un piccolo gruppo esemplare di artisti di frontiera che lavorano con l’intelligenza artificiale e le potenzialità della macchina ma anche con la biologia e l’ibridazione tra le specie, che “indagano le possibili modalità di dialogo non-gerarchico tra noi esseri umani e il contesto nel quale siamo immersi” (Sputniko!, Anouk Wipprecht, Neil Harbisson, Marco Donnarumma, Heather Dewey-Hagborg e Margherita Pevere), analizzandoli a fondo, dopo averli intervistati riguardo i temi più cari della sua trattazione, giungendo così ad una tesi che non pone il dibattito chiuso, ma tutt’altro, lo dispiega e lo lascia totalmente aperto, pone questioni estremamente ampie e campali per il nostro futuro, su cui non possiamo restare indifferenti. Inoltre segue un filone dell’arte post-umana in diretto contatto con le tanto citate sperimentazioni di Stelarc e Marcel-lì Antùnez Roca, senza mai sfociare nei tranquilli e più rassicuranti flussi della virtualità, mantenendo sempre il focus sul corpo, un corpo espanso, totalmente reale, in diretto contatto con il suo umwelt.
Marco Mancuso, Chimera. Il corpo espanso per una nuova ecosofia dell’arte, Mimesis Edizioni, 2023
immagini (cover – 1) Marco Mancuso, Chimera (2) Donnarumma e Pevere, Azathot (from the 7 Configurations) (3) Heather Dewey-Hagborg, Stranger Visions (2012-2013), istallazione a Saint-Gaudens National Historic Site, 2014 (4) Anouk Wipprecht, Smoke Dress (4) Neil Harbisson con il suo Eyeborg