Within, rather than above, Con questo titolo Maria Adele del Vecchio ha costruito, di recente, per gli spazi della Galleria Tiziana di Caro (Napoli) un saggio visivo, una riflessione iconica, un bildhafte Denken (un pensiero per immagini, appunto) che, attraverso una serie di tecniche e materiali di varia natura costruisce una passerella formale, alla cui base vige il principio della corrispondenza, della crescita personale, dell’evocazione di ricordi mediante rimandi, rimbalzi, rimbombi estetici. Il suo è un lavoro essenziale che tiene alta l’insegna della pluralità linguistica, della babelicità e di un fenomeno che, accanto all’impaginazione perfetta delle opere, pone luce sulla pratica diffusa dell’installazione e dell’ambientazione, di un processo artistico che investiga (con sempre maggiore insistenza) il luogo e punta sull’emozione – sull’esperienza – personale e passionale – dello spettatore nei confronti dell’opera.
Ad aprire la mostra, in un angolo, due scarpe nere (e lucide) a punta, tacco genere Stiletto (un po’ femme fatal) eleganza anni ’80, bullonate a un basamento di marmo nero, occupano, assieme ad un grande arazzo buio (Black is the color of my true love hair), la prima tappa di un viaggio nella penombra della vita, alla scoperta cronologica e filologica di un sentimento smarrito col quale fare i conti. Quattro parallelepipedi fanno da base a magri detriti, a frammenti di marmo rosa, nero e bianco (lo stesso dei piedistalli) che, se da una parte richiamano alla memoria Il mare di ghiaccio (Das Eismeer, 1823 – 24) – meglio conosciuto come Il naufrago della speranza – di Caspar David Friedrich, con una volontà di tridimensionalizzare e dunque plasticizzare e spazializzare l’opera per far entrare lo spettatore nel quadro, dall’altra pone mente – e il titolo General Semantics (Il naufragio della speranza) evidenzia questa volontà – su un processo transemiotico che, rifacendosi alla teoria di Alfred Korzybski, vuole oltrepassare i limiti delle coscienze umane, sperimentare i territori dell’astrazione linguistica, lavorare sulla consciousness of abstracting (coscienza dell’astrarre) e invitare ad un nuovo silence on the objective levels (silenzio sui livelli oggettivi).
Una fotografia (Herstory, 2011 – 2015) richiama alla memoria l’omonimo neon del 2014 (installato in ufficio) per rovesciare l’etimo maschile del termine inglese history e attribuire alla storia un’accezione femminile, «sottolineando una conflittualità di genere mai risolta e rinviando, allo stesso tempo, ad una storia più intima […] dove l’artista dà luogo ad una personale ricerca identitaria».
Ad avvalorare una ricerca transcordica e multilinguistica, sono anche il neon palindromo Rats live on (2015) preso a prestito dalla poetessa americana Anne Sexton, e una serie di stereogrammi svuotati (Pollution #1 #2#3#4) oltre i quali il pubblico non guarda altro che una tessitura fitta di lacerti cromatici per interrogarsi sulla superficie della superficie della superficie e avvertire l’incertezza delle cose, l’inconsistenza di una verità assoluta. Come del resto incerta è l’immagine dello spettatore nel momento in cui si riflette su uno specchio sgraffiato (Glittering scotoma, 2015) per emulare lo scotoma scintillante, un particolare difetto della vista (una sorta di macchia) che compromette il campo visivo.
Proprio come quando sostituiamo una forma di pensiero astrattamente concettuale con una forma sensitivamente immaginifica, anche le 5 malinconie (Malinconia #1 # 2 #3 #4 #5) – cristallo e ametista, un cucchiaino da caffè associato all’ossidiana, una tazzina con muffa di caffè e geodi, una serie di quarzi e una composizione con una spilla e quarzi neri – sottintendono un trasporto emotivo, un salto memoriale, una cucitura autobiografica che serve all’artista per frullare le cose, per omogeneizzare, in uno stesso continente estetico, varie galassie semiotiche, per evocare il presente e le presenze mediante una potente ginnastica visiva che centrifuga la storia ( le storie) e le mille declinazioni che la riguardano.
Questa è una riflessione sulla mostra di Maria Adele Del Vecchio, Within, rather than above presentata presso la Galleria Tiziana di Caro a Napoli nella primavera 2015.
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immagini (cover 1 – 2 – 3) Maria Adele Del Vecchio – Untitled. 2015. Decoltè di vernince, marmo, bulloni /varnished decoltè, marble, bolts. cm 20 x 35 x 35 (4) Maria Adele Del Vecchio – Rats live on. 2015. Luce al neon /neon light. cm 8 x 70 (5) Maria Adele Del Vecchio – Malinconia #2, 2015, cucchiaino, ossidiana /teaspoon,obsidian , cm 13 x 20 x 20