Il centro di arte contemporanea bruxellese WIELS ha ospitato una mostra personale di Mario Garcia Torres a cura di Caroline Dumalin. Illusion brought me here svela diverse sfaccettature del lavoro dell’artista messicano che da qualche anno ha smesso di datare le sue opere. L’assenza di riferimenti temporali scardina il sistema cronologico della retrospettiva e il percorso espositivo si sviluppa come un insieme organico fatto di parti comunicanti.
La mostra inizia con un video umoristico di Mario Merz intitolato Merz, Rzemmmm, Zeeeeerm, Emrzzzzzz (At Fibonacci Pace), n.d., in cui il creatore dei noti Igloo danza al ritmo della successione di Fibonacci, la sequenza matematica che ricorre frequentemente nel suo lavoro a partire dagli anni Settanta. Il viso di Merz è inserito in un collage animato composto da fotografie scattate in un locale a Kassel in Germania durante Documenta 5 (1972). L’opera associa la figura di Mario Merz all’edizione di Documenta curata da Harald Szeemann. Le diapositive di Shot of Grace with Alighiero Boetti Haircut Style (Brussels, 2004) che ritraggono Garcia Torres mentre tenta di fuggire dall’inquadratura, analizzano il ruolo dell’artista e l’inevitabile identificazione tra la persona e l’opera. La complessità del sistema dell’arte e del suo linguaggio è un tema ricorrente che si propone anche in This Is a Caption Lesson, 2009.
Dodici grandi incisioni a uso didattico sono presentate come un manuale per l’interpretazione delle didascalie. Il saggio sulla museografia Sounds Like Isolation to Me, n.d., cristallizza queste riflessioni e le proietta nello spazio attraverso una mostra-nella-mostra incentrata sulla figura del compositore per pianola Conlon Nancarrow. L’artista-archivista-curatore si pone l’obiettivo di «portare una cosmologia della sincronicità e del caso nel regno dell’invenzione.» Ritroviamo un’operazione simile trasposta sullo schermo nel video Falling Together in Time, n.d. L’artista coglie inaspettate coincidenze in una serie di piccoli fatti che fa gravitare intorno al salto, tema della canzone Jump che il gruppo Van Halen registrò nel 1984. Lo stile documentaristico con cui è girato il video dà vita a una narrazione frammentaria che aumenta il senso di disorientamento presente nell’intera mostra.
Questo archivio illusionistico – o archivio dell’illusione – attiva i sensori dell’immaginazione attraverso le capacità uditive e visuali. What Happens in Halifax Stays in Halifax, 2004-2006, è una successione di immagini fisse e di sottotitoli che inducono lo spettatore a «completare» il quadro aggiungendoci movimento e voce. L’ultima stanza, allestita come un cinema, innalza l’aspettativa della vista mentre sullo schermo nero appaiono solo parole. I sottotitoli descrivono gli eventi sonori trasmessi dagli altoparlanti: un motore di macchina, la pioggia che cade sulla carrozzeria, due voci femminili robotizzate che comunicano. L’opera è un invito a viaggiare laddove il verbo si fa forma, colore, odore. Una delle due voci declama: «Una quasi-opera/ Sempre/ Al limite della parola». La scena si amplifica e raggiunge la dimensione evocativa dell’immaginazione. Questo assemblaggio di ‘frammenti sonori’ presi da varie opere – in parte inedite – di Garcia Torres mette in scena un dialogo tra sé e sé. Illusion brought me here trasmette la pluralità di voci emanate dall’opera composita di un artista che riesce a esplorare “concetti quali il ritardare e l’accelerare delle idee, insieme alla possibilità di fallire nel corso tempo” con ironia e acutezza.
MARIO GACIA TORRES. ILLUSIONS BROUGHT ME HERE, a cura di Caroline Dumalin, Wiels Center for Contemporary art, Bruxelles, 17.05 – 18.08.2019
immagini: (cover 1) Mario Garcia Torres, «This Is a Caption Lesson», 2009 e «Shot of Grace with Alighiero Boetti Haircut Style», Brussels, 2004 (2) Mario Garcia Torres, «Falling Together in Time-n.d» (3) Mario Garcia Torres, «Sounds Like Isolation to Me», n.d (4) Mario Garcia Torres, «What Happens in Halifax Stays in Halifax», 2004-2006
Sofia Dati tracks back Mario Garcia Torres’s solo show depicted this summer at Wiels Center for Contemporary art, entanglement of images and references that, throughout different media, escape any rule of time.
Sofia Dati, ars, arshake, Mario Garcia Torres, history, multimedia, exhibition, Bruxelles, Caroline Dumalin