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Home News Focus

Miltos Manetas. Ñewpressionism

Elena Giulia Rossi by Elena Giulia Rossi
19/04/2018
in Focus
Miltos Manetas. Ñewpressionism

 

Miltos Manetas_Newimpressionism in Milan, 1, 11, 111_istituto Svizzero Milano

«Ñewpressionism»  è il nuovo movimento artistico lanciato da Miltos Manetas e presentato, in una prima dimostrazione pubblica, all’Istituto Svizzero di Milano, risultato di una serie di workshops all’Istituto di Roma durante l’inverno e inizio di una nuova corrente di pensiero. Dopo aver vissuto in simbiosi con la tecnologia e averla ritratta nelle forme e formule più peculiari e diverse, già da qualche tempo Manetas prospettava l’atterraggio del cyberspazio nella realtà analogica, una realtà che viviamo attraverso un filtro tecnologico ormai metabolizzato, parte di noi.

Ancora una volta Manetas ha catalizzato l’energia, il lavoro e il pensiero di artisti visivi, designer, architetti, scrittori e compositori, questa volta per esplorare insieme la natura contemporanea. Esplicito è il riferimento agli Impressionisti che nel XIX secolo dipingevano en plein air per ritrarre il paesaggio anche come strumento di conoscenza. Similmente, i Ñewpressionisti ritraggono e ricercano il significato e l’essenza della natura tecnologica servendosi di una varietà di strumenti analogici, come pittura e scultura.

Per l’allestimento milanese, l’architetto Sebastian Bietenhader ha trasformato lo spazio espositivo in un desktop folder analogico e lo ha fatto senza creare strutture originali, bensì determinandole dall’allestimento dei lavori in mostra. Le opere costituiscono i vari layers, ciascuno una «dried web page», ciascuna una piccola parte della memoria informatica. La disposizione delle opere rende [appositamente] difficile cogliere i dettagli di ciascun lavoro. Una volta messa a fuoco la disposizione ravvicinata dei lavori, resi inaccessibili nella loro frontalità, diventa subito istintivo cercare altrove per capire di più. E’ l’istinto, quindi, fortemente legato all’uomo nella sua fisicità e nelle sue capacità percettive, a spingerci ad oltrepassare le porte dello spazio, e ad entrare nella dimensione multimediale.

Miltos Manetas_Newimpressionism in Milan, 1, 11, 111_istituto Svizzero Milano

Le informazioni su internet, la partecipazione sui social, e la guida di Manetas che ci racconta la mostra attraverso un Samsung fornito dall’Istituto Svizzero sono intanto alcuni strumenti messi a disposizione per iniziare. Così è la voce dell’artista ad introdurci  in questo schermo analogico, iniziando con l’illustrarci i dipinti monocromi che incontriamo per primi della mostra [sulla superficie della nostra interfaccia], simbolo di un internet ormai desueto, asciutto (dried) dalla sua antica vitalità. E ancora, sono le sue parole ad incoraggiarci a prendere in mano le lastre di cristallo appoggiate alla parete con stampati alcuni siti web per poter girare la mostra guardandoci attraverso, per poter vivere fisicamente il filtro tecnologico e sentirne tutto il suo peso.

Alcuni di questi siti sono memoria di opere pionieristiche di autori appartenenti a Neen, corrente di pensiero fondata da Manetas nel 2000 per descrivere «una generazione ancora indefinita di artisti visivi». Tra loro sono presenti Mai Ueda, Angelo Plessas e Mike Calvert (il sito della sua prima opera Neen è stampato su una delle lastre di cristallo); la loro ricerca individuale si è incontrata e ha interagito con quella di Manetas in molti altri momenti successivi al Neen. Tra altri autori che si sono riconosciuti nel Ñewpressionism  Priscilla Tea, anche lei da tempo in dialogo con la ricerca dell’iniziatore di Ñewpressionism, che con il suo lavoro traspone [e traduce] la grammatica di Photoshop nella fisicità materica della pittura astratta. E ancora, Valery Grancher (artista, teorico e curatore) che il mondo di internet lo ha esplorato e concettualizzato estensivamente, e Sylvie Fleurie, artista svizzera conosciuta per inglobare i simboli fetish del new age di lusso in un lavoro dai sapori pop e dallo stile «post-appropiazionista».  Importante è il contributo di artisti molto giovani, come Alessandro Giannì di cui si scorgono tra i layers i suoi paesaggi di grandi dimensioni di persone duplicate che ci guardano, e Valentina Nascimben che dipinge su alluminio la sovrapposizione di immagini riprese da Google in un determinato momento.

Miltos Manetas_Newimpressionism in Milan, 1, 11, 111_istituto Svizzero Milano

Tutto questo, e molto di più, è schiacciato nella stratificazione delle web dried pages. Possiamo fare spazio tra i layers e mettere a fuoco i lavori solo nel momento in cui «navighiamo» la mostra nella dimensione multimediale. La multimedialità parte dallo spazio fisico organizzato in modo tale da suscitare l’esigenza di cogliere ciò che non è fisicamente fruibile nella sua totalità  avventurandosi in una serie di dispositivi dislocati tra lo spazio e la rete: quello già citato del Samsung, quello dello schermo del computer dove è possibile vedere una serie di lavori video, quello dei social networks da Manetas ritenuto il vero spazio vivo del momento. Il romanzo La carta e il territorio di Michel Houellebecq poggiato accanto allo schermo ci apre poi ad un altro canale di questa multimedialità, un altro ponte tra analogico e virtuale. Le pagine [analogiche] del libro ci conducono infatti nella dimensione virtuale, quella dell’immaginazione, in quel luogo dove lo scrittore William Gibson, per il  suo Neuromancer, era riuscito a visualizzare il cyberspazio prima che divenisse realtà. Le analogie del protagonista del romanzo con la visione e attitudine creative di Miltos Manetas sono sorprendenti, a partire dalla stessa fascinazione per la tecnologia e capacità di osservare la realtà più vicina per poter poi guardare avanti, anticipare e fondare nuove tendenze, come pochi in questi ultimi decenni sono stati in grado di fare. Non sappiamo se Manetas si è appropriato di un romanzo per raccontare la sua biografia o se è stato lo scrittore ad aver conosciuto Manetas e averlo ritratto come suo protagonista. Non importa saperlo! Immaginazione e realtà, virtuale e analogico vivono in una stessa dimensione. L’importante è percorrerla attraverso tutti i suoi [infiniti] canali di accesso.


ÑEWPRESSIONISM, 1,11,111. FROM SCREEN TO NATURE AND BACK AGAIN, introdotto da Miltos Manetas. Istituto Svizzero Milano, 11.06 – 25.07.2014. Con: Giona Bernardi, Sebastian Frank Bietenhader, Domenico Billari, Mike Calvert, Thomas Cheneseau, Petra Cortright, Olivier Fairhurst, Cédric Fargues, Sylvie Fleury, Gina Folly, Ronnie Fueglister, Alessandro Giannì, Valery Grancher, Loic Gouzer, Dunja Herzog, Bruno Jakob, Matthew Landry, Oliver Laric, Miriam Laura Leonardi, Corrado Luminati, Miltos Manetas, Jed Martin, Lorenzo Micheli Gigotti, Lorna Mills, Robert Montgomery, Olivier Mosset, Brenna Murphy, Valentina Nascimben, Angelo Plessas, Luca Pozzi, Jon Rafman, Nora Renaud, Florian Schmidt Gabain, Travess Smalley, Priscilla Tea, Mai Ueda, Amalia Ulman, Francesco Urbano Ragazzi, Harm van den Dorpel, Christian Wassmann, Seyoung Yoon, Ché Zara Blomfield.

Immagini (tutte) ÑEWPRESSIONISM, 1,11,111. FROM SCREEN TO NATURE AND BACK AGAIN, Istituto Svizzero, Milano, installation view, photo by Emanuele Biondi

[nggallery id=37]

Tags: analogicalarsart movementdigitalinstallationinternetmemoryMiltos ManetasnatureÑewpressionismpaintingsculptureSwiss Institutetechnologyvirtual
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