«Il mio ultimo scatto sarà il mio ultimo sguardo». Con questa frase, ripetuta più volte e in più occasioni per mettere in luce un pensiero che varca le soglie della fotografia e interrompe il brusio della realtà, Mimmo Jodice (Napoli, 24 marzo 1934) disegna un brillante itinerario iconosofico che illumina la storia delle idee, che modella il sorriso caldo del tempo, che illustra una lucida, sensibile e mai paga storia degli sguardi.
Sul finire degli anni Cinquanta, dopo un breve periodo che lo vede impegnato – come autodidatta – in una indagine linguistica e in un corpo a corpo con gli strumenti della pittura e della scultura, Jodice approda finalmente alla fotografia – lo fa mediante un ingranditore (strumento che permette di guardare da un’altezza nuova il mondo della vita) – e avvia un progetto che sperimenta le tecniche, che crea nuovi termini linguistici, che perfeziona gli strumenti più adeguati ai suoi intrinseci obiettivi, alle sue visioni future, alla sua emotivamente calda comunicatività.
È in questo periodo che inizia un lungo viaggio alla scoperta dell’umanità dell’uomo e, contemporaneamente, di un discorso che diventa atteggiamento analitico, analisi sulla rappresentazione, indagine sugli statuti del processo e sugli attrezzi primari del dispositivo fotografico. Sono gli anni in cui attraversa su un peschereccio il Golfo di Napoli (con Jannis Kounellis e Lucio Amelio), gli anni in cui restituisce e interpreta la forza performativa di Vito Acconci, gli anni in cui conosce – tra gli altri – Pino Pascali, Vettor Pisani e Giulio Paolini, gli anni in cui fotografa Beuys e Warhol: «li fotografai a Piazza dei Martiri, accanto al leone di pietra. Warhol aveva messo una mano nelle fauci e Beuys con un pennarello aveva stilizzato un cappello in mezzo alla criniera».
Ma anche gli anni di un corpo a corpo con la società e di un’analisi antropologica che porta alla nascita di intense pubblicazioni come Chi è devoto. Feste popolari in Campania (1974), Vedute di Napoli (1980), Teatralità quotidiana a Napoli (1982), Naples une archeologie future (1982) e Gibellina (1982). O, ancora, gli anni in cui – parallelamente – muove una critica alla rappresentazione che si fa presentazione per suggerire, in piena temperie metalinguistica, il filo dell’ambiguità tra il vero e il falso, tra la finzione e quello che finzione non è. A questo versante appartengono, ad esempio, il Paesaggio interrotto I (1970), la Frattura (1971), il Taglio (1978), la Vera fotografia (1978), il Passaggio (1978), la Bruciatura (1978) e la Corrispondenza (1978).
Intellettuale totale che ha saputo trasformare il linguaggio fotografico in pratica critica e in cifra poetica, uomo curioso che ha attraversato con eleganza il mondo della vita e delle mille meraviglie che la riguardano, Mimmo Jodice è stato – e continua ad essere – figura brillante, nome di una ricerca coraggiosa, segnata dal desiderio di comprendere, decifrare, dimenticare a memoria la realtà.
Oggi, al maestro che ha scolpito con la luce i sentimenti umani, che ha portato nell’ambito accademico l’universo fotografico (siamo nel 1968, allora direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli era Emilio Notte) e che, tra le altre cose, ha guardato e mostrato l’eternità delle cose, il MADRE di Napoli dedica Attesa 1960-2016, una importante retrospettiva a cura di Andrea Viliani, per mostrare l’avventura di un ricercatore sempre aperto a riflessioni pungenti sul presente e sul passato, sempre attento a descrivere l’emozione dell’istante, sempre pronto a trasformare lo scatto fotografico in un incantesimo dello sguardo.
«Mimmo Jodice. Attesa», a cura di Andrea Viliani, Museo Madre, Napoli, 24.06 – 24.10. 2016
immagini (cover 1) Mimmo Jodice dalla proiezione Teatralità quotidiana a Napoli, anni 70-2016. video proiezione, 25’ ca., collezione dell’artista (2) Mimmo Jodice dalla proiezione Teatralità quotidiana a Napoli, anni 70-2016. video proiezione, 25’ ca., collezione dell’artista (3) Mimmo Jodice dalla proiezione Teatralità quotidiana a Napoli, anni 70-2016. video proiezione, 25’ ca., collezione dell’artista (4) Mimmo Jodice, Vera Fotografia 1979 stampa ai sali d’argento su carta baritata con intervento (scritta a penna), collezione dell’artista.