Quanto l’arte, attraverso i suoi mezzi e linguaggi, possa avvicinare al cielo, alla dimensione che si trova a una certa distanza dalla realtà tangibile che vive l’uomo, è dichiarato dal lavoro di Moira Ricci; dalle capacità creative e tecniche che le sue opere mediano e contengono.
In Dove il cielo è più vicino – progetto realizzato specificamente per lo SPE, Spazio Performatico ed Espositivo della Tenuta dello Scompiglio – l’artista toscana annulla le distanze temporali e dimensionali, consentendo l’apertura di narrazioni di lungo corso, e avviando una mescolanza di dimensioni reali distanti. Un lavoro pensato per lo spazio di Vorno, località immersa nelle colline lucchesi che, in quanto a dimensione naturale, corrisponde al luogo d’origine di Moira Ricci, la Maremma.
La storia genera dalla terra, da dove si ha la prospettiva del cielo, il punto di partenza per affrontarlo e da cui dirigere lo sguardo per trovarne un’altra angolazione o luogo di visione. Il cielo è reso più vicino con il mezzo meccanico che consente una nuova osservazione. Il video della ripresa dall’alto di un ampio campo coltivato con due cerchi di fuoco concentrici, richiama la leggenda del diavolo mietitore che, tramandata oralmente dai contadini, è rivissuta nel rapporto tra cielo e terra.
La narrazione è incentrata sulla dimensione personale che l’artista pone come tramite tra sé e l’esterno, la realtà nella sua essenza quotidiana. La traccia del reale è l’origine che porta al risultato estetico, elaborato con meticolosa cura tecnica, come con la serie fotografica installata nella sala grande dello SPE. Le immagini di casali abbandonati, un tempo cuore pulsante della vita contadina della Maremma, hanno subito delle cancellazioni. Infatti con il fotoritocco digitale la Ricci ha cancellato porte e finestre degli edifici, trasformando i vecchi centri vitali del legame con la terra in strutture isolate e inanimate, come quelle dei paesaggi urbani di Mario Sironi. Diventano totem o monoliti che nell’oscurità della sala assegnano un significato inderogabile alla ricerca di una storia trascorsa in un ampio arco di tempo, che ha lasciato le tracce di un forte cambiamento. Le opere fotografiche sono definite da un taglio di luce radente che disegna sul pavimento un’ombra di forma trapezoidale dai contorni luminosi; nell’oscurità è come se emergessero dei cenotafi.
Ma non si contempla il fallimento, si lavora per seguire un progetto che è sostenuto dalla volontà di andare oltre, di affrontare ciò che viene trasmesso come impossibile. Infatti il processo che porta alla realizzazione del video – che riprende i 37 giorni di lavorazione impiegati per trasformare una trebbiatrice in astronave – ne è la dichiarazione. Attraverso l’effetto video di accelerazione, l’astronave prende forma nell’avvicendarsi del giorno e della notte, nella vitale partecipazione di ognuno. Un lavoro corale in cui l’artista ha coinvolto familiari e amici nell’accurata costruzione di un’idea più o meno probabile, che forza i risultati di riuscita. Ritorna così la volontà di ridefinire la realtà per affrontare il futuro, in cui il processo temporale è sfalsato e appartenente a dimensioni non praticabili; definendo superflua la riuscita finale del decollo.
Moira Ricci, «Dove il cielo è più vicino», a cura di Emanuela De Cecco
Associazione Culturale Tenuta dello Scompiglio, Capannori (Lucca), fino al 28.02.2015
immagini
(cover – 1) Moira Ricci, «Dove il cielo è più vicino», still da video, 2014, courtesy Associazione Culturale Dello Scompiglio (2) Moira Ricci, «Dove il cielo è più vicino», stampa a getto d’inchiostro su forex, 150×300 cm, 2014, courtesy Associazione Culturale Dello Scompiglio (3) Moira Ricci, «Dove il cielo è più vicino», stampa a getto d’inchiostro su forex tamburato, 200×100 cm, 2014, courtesy Associazione Culturale Dello Scompiglio (4) Moira Ricci, «Dove il cielo è più vicino», 12 stampe a getto d’inchiostro su carta fotografica, dimensioni ambientali, courtesy Associazione Culturale dello Scompiglio, credits Moira Ricci.