Arshake è lieta di pubblicare la terza di sette parti di un saggio su pensiero poesia e scrittura nell’era tecnologica di Brunella Antomarini, Professor di estetica e filosofia contemporanea alla John Cabot University, Roma. Il saggio è originariamente apparso sulla rivista “Smerilliana. Luogo di civiltà poetiche” (Pensiero poesia scrittura in feed back loop, in “Smerilliana”, n.17 2015, pp. 275-90) ed è qui rilanciato, tradotto in inglese in sette puntate.
Parte I: Pensiero poesia scrittura in feed back loop, in Arshake, 7 giugno, 2018
Parte II: Pensiero poesia scrittura in feed back loop, in Arshake, 14 giugno, 2018
Dunque ogni auto-esibizione è decisa dalla percezione diffusa e eterogenea che sollecita e anche da quell’altra parte che rimane in ombra. Desideriamo apparire e quindi anche nasconderci. Questo diventa palese ora, con la cultura digitale: l’utente si mette in Rete – con immagini di sé e se anche lo fa con parole, sono parole- apparizioni di sé. L’azione politica ora è il ‘discorso’ libero che connota i soggetti apparenti. Sono discorsi apparenti, che custodiscono un lato oscuro e affermano la superficialità come valore.
E’ chiaro che la scrittura non è più simbolo della voce, ma fa parte di quel pervasivo teatro del mondo dove gli attori sono anche spettatori. Il pensiero si auto-estrae dal cervello, si emancipa nella mente. Quindi si auto-fa. Il mondo che concepisce è tutto in quel farsi da solo, sostenersi su un’autonomia sempre traballante, ma sempre cercata. Se il cervello lavora con chimica e elettricità, il pensiero è un network di elementi connessi in super-organismi, che però si sovrappongono, si modificano e si delimitano l’uno con l’altro.
La scrittura si estrae dal mondo, come il pensiero dall’organismo, la voce dalla bocca eccetera. Sono emergenze, tirate fuori da dentro lo spettacolo, in sistemi autonomi. A questo punto la metamorfosi della scrittura è evidente: non esprime pensiero ma lo è, nella sua forma propria. Se il pensiero non si forma in quel sistema autonomo, allora è lavoro intellettivo di concettualizzazione, immediatamente legato al conoscere, a oggetti, a prove e confutazioni. Ma ora nell’interconnessione reticolare il lavoro intellettivo diventa superfluo, a quello ci pensa l’esperimento scientifico, con il suo potere di predizione a dargli consistenza pragmatica.
Il pensiero nella sua forma emergente (com’era già nella riflessione heideggeriana) si rende alla poesia in una modalità molto precisa. Merleau-Ponty diceva che è senza fondo, non ha fondamento. Penso solo se lo faccio, il pensiero, e lo faccio scrivendolo. So quello che penso mentre scrivo. La velocità della digitazione non solo accelera i pensieri, o le parole che sto per scrivere, ma a volte li precede. Le dita sono quasi come i pedali della macchina che guidiamo, che lavorano insieme ai piedi, come se il cervello fosse superfluo. O come la mano del pittore che oscilla in aria prima di dare la pennellata successiva (come nel famoso video di Matisse che dipinge, girato al rallentatore). Questa tecnologia della scrittura sembrerebbe irrilevante eppure il pensiero in ambienti pre-letterati era ancora un’altra cosa, del tutto diversa; emerge dalle tecnologie che lo lasciano emergere.
Hannah Arendt distingue tra verità e significato. La prima comporta il paradossale ‘sempre più vero’, benché non si sa a che cosa si debba avvicinare quel progresso (Arendt 138). Chi invece pensa non pensa una verità, non si chiede che cosa sia quella cosa, ma si chiede che cosa vuol dire essere quella cosa, in che modo appare.
Che cosa si pensa allora? Si pensa il miracoloso del contingente, che cioè una cosa ‘voglia’ dire, che si ‘voglia’ fare e disfare, si pensa come possa appartenere a un sistema che si sovrappone a un altro, reticolarmente sorretto da transizioni, eppure significare, voler dire.
Ci si lascia illuminare dalle cose nel loro modo transitorio e non necessario. Ma allora che cosa le illumina? Hannah Arendt usa dei versi di Auden e di Shakespeare, per accennare al pensare come quello che risorge in ‘frammenti’ a ogni nuova svolta storica. Ma non si tratta di recuperare pensiero dai frammenti, ma di trasferirne l’attività nel salto tra i pezzi. Non è questione di dettagli, ma di frantumi. Ogni piccolo tutto che si fa a pezzi al contatto con l’altro.
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Una ‘poetica’ si distingue dal modo di porsi del verso tra le immagini. Una voce poetica emerge a seconda di come attacca la parola successiva alla precedente, il verso successivo al precedente, l’immagine successiva alla precedente. Lì c’è un gesto minimale che fa la differenza globale. C’è la stessa impalpabilità, la stessa non- intenzionalità che c’è nel passaggio dalle cellule staminali a quelle specializzate, dal virus alla micro-mutazione del dna, dal batterio alla simbiosi tra batteri. La vita, cioè il ‘voler’ essere, lo è indipendentemente da una volontà individuale.
Quello che si va scrivendo è la cosa che è e che poi sarà altro alla fine della lettura. Nella tecnica della scrittura c’è il massimo della contingenza che solo il pensiero può dare. Qui il termine ‘significare’ vuol dire essere libero dall’oggetto e dalle restrizioni concettuali che lo individuano. “Il significato di ciò che appare accadendo, si rivela dopo che è scomparso” (Arendt 221). Scrivere, diceva Roland Barthes, è un verbo intransitivo.
Questa è la terza di sette puntate del saggio: Pensiero poesia scrittura in feed back loop, originariamente pubblicato in “Smerilliana”, n.17 2015, pp. 275-90 e qui rilanciato, tradotto in inglese. Parte I: Pensiero poesia scrittura in feed back loop, in Arshake, 7 giugno, 2018 / Parte II: Pensiero poesia scrittura in feed back loop, in Arshake, 14 giugno, 2018
“Smerilliana. Luogo di civiltà poetiche” è stata ideata da Enrico D’Angelo, nel gennaio 2003, nelle Marche. Inizialmente a periodicità semestrale, in seguito ogni volume di “Smerilliana” è divenuto un luogo di civiltà poetiche, completato dalle collane “I poeti di Smerilliana” e “Mosaico”. Al suo apparire, Giovanni Raboni la segnalò, scrivendone sul “Corriere della Sera”, come la pubblicazione poetica più aperta e interessante del panorama italiano. “Smerilliana” prosegue, idealmente, il lavoro del semestrale letterario “Plural” (fondato e diretto da D’Angelo a Napoli, nel lustro1986-91), perseguendo il movimento, come lo definì l’orientalista Rahim Raza, della pluralità di stile e ricerca.
immagini: (cover 1): Jim Andrews, «Arteroids», 2001, fermo immagine da video-game poetico (2) Jim Andrews, «Arteroids», 2001, documentazione video (3) MTAA Michael Sarff (M. River), Tim Whidden (T.Whid), «Net Art Simple Diagram», gif, 1997