L’artista americano Peter Campus (New York, 1937) è uno dei più influenti pionieri della video arte, insieme ad artisti del calibro di Bruce Nauman, Nam June Paik, Joan Jonas, Vito Acconci e Bill Viola. Quest’ultimo ha aiutato Campus nell’installazione della sua prima grande mostra presso l’Everson Museum of Art, Syracuse (NY) nel 1974. In tutta la sua carriera, Peter Campus ha prodotto video, installazioni, e un ampio corpus di lavori fotografici. Nella sua recente opera video, l’artista utilizza le tecniche digitali per elaborare l’immagine, pixel dopo pixel, quasi come un pittore. Utilizzando una videocamera digitale ad altissima definizione, Peter Campus persegue la realizzazione della sua opera attuale. Molte sue opere sono esposte in alcuni dei più importanti musei di arte contemporanea al mondo.
«Video ergo sum»— prima mostra personale dell’artista in Francia – ripercorre la carriera dell’artista, a cominciare dalla video arte sperimentale dagli anni Settanta fino alla sua più recente produzione video.
A seguito dei suoi studi nel campo della psicologia sperimentale e del cinema, nel 1971 Peter Campus iniziò a creare video e installazioni a circuito chiuso. La loro capacità concettuale e tecnica, unita alla loro dimensione psicologica e cognitiva, attirò grande attenzione da parte della critica e degli esperti del settore. Le opere di Campus sono diventate un importante punto di riferimento e argomento di discussione in numerose pubblicazioni che esaminano il video come una forma d’arte.
La mostra presso la galleria del Jeu de Paume inizia con opere provenienti da questa prima fase seminale della sua carriera. Nei video e nelle installazioni prodotte fino al 1977, Campus esplora temi legati alla consapevolezza spaziale, e alla nostra percezione del corpo nella costruzione dell’identità, ricorrendo a prospettive insolite e a molteplici fasce di tempo. Grazie alla trasmissione dal vivo dell’immagine elettronica, il visitatore viene guidato dall’artista a intraprendere un’esperienza strana e inquietante: il confronto con il suo doppio, separato da lui nel tempo e nello spazio, quindi mettendo in discussione le concezioni del sé.
Da un’installazione alla successiva, vi è un progressivo senso di costrizione mentre le azioni del visitatore diventano sempre più confinate. Non è più sorpreso dalle immagini di sé ma si trova invece a confrontarsi con un volto sconosciuto: la proiezione di un’enorme immagine di un volto di uomo che fissa dritto negli occhi il visitatore. Il risultato è una sorta di blocco, per così dire un’impasse, un esaurimento delle possibilità … Lo spettatore è ancora una volta relegato alla sua attività di osservatore.
La seconda parte della mostra esplora l’opera dell’artista dagli anni Ottanta fino ai giorni nostri, e si apre con una serie di fotografie di volti in bianco e nero, seguite da un’installazione di pietre proiettate sulle pareti. Con la fotografia, si può dire che l’artista si concentra maggiormente sul mondo esterno, sullo spazio suburbano e sugli elementi naturali che lo circondano, su cui egli proietta le sue emozioni e immaginazione. L’opera di Campus continua a indagare il concetto di percezione, in tutte le sue sfaccettature sensoriali, cognitive e psicologiche, lasciando spazio a un’intensificazione della visione (sia fisica che mentale), e all’emozione.
Il video, abbandonato per un periodo a favore della fotografia, fa il suo ritorno negli anni Novanta. Tuttavia, il corpo non è più l’elemento su cui si concentra l’attenzione primaria della sua sperimentazione artistica. Sebbene la dimensione performativa inizialmente persiste, essa cede gradualmente il passo ai paesaggi, in particolare al mare, e altri oggetti che subiscono l’azione del tempo e dei fenomeni naturali, o l’impatto dell’attività umana.
Protagonista dell’ultima parte della mostra è l’attuale produzione video dell’artista. Queste opere esplorano le possibilità del video digitale ad alta definizione e permettono a Campus di creare un lavoro pittorico che coinvolge un’altra forma di percezione e memoria spaziale. In occasione della mostra l’artista ha realizzato un nuovo lavoro, dal titolo convergence d’images vers le port. (dal comunicato stampa inglese)
Peter Campus. Video Ergo Sum, Jeu de Paume, Parigi, 14.02 – 28.05.2017
immagini: (cover 1) Peter Campus, Convergence d’images vers le port, 2016. Installation vidéo 4K, 4 projections synchronisées, muet, 8 min 6 s, en boucle.. Collection de l’artiste. Production Jeu de Paume, Paris. © Peter Campus 2017 (2) Peter Campus, Interface, 1972, closed-circuit video installation 1 video control camera, 1 spotlight, 1 video projector, 1 glass panel. Acquired in 1990, Centre Pompidou, Paris. Musée national d’art moderne/Centre de création industrielle. Installation at the Bykert Gallery, New York, 1972 – Photo Nathan Rabin, courtesy Paula Cooper Gallery © Peter Campus 2017 (3) Peter Campus, dor, 1975, closed-circuit video installation, 1 video control camera, 1 video projector, 1 spotlight. San Francisco Museum of Modern Art. Accessions Committee Fund: gift of Barbara Bass Bakar, Doris and Donald Fisher, Pam and Dick Kramlich, Leanne B. Roberts, Norah and Norman Stone. Installation at the Bykert Gallery, New York, 1975 – Photo Bevan Davies, courtesy Paula Cooper Gallery © Peter Campus 2017 (4) Peter Campus, Three Transitions, 1973, colour video, sound, 4 min 53 sec. Courtesy the artist and Cristin Tierney Gallery © Peter Campus 2017 (5) Peter Campus, Set of Coincidence, 1974, colour video, sound, 13 min 24 sec. Courtesy the artist and Cristin Tierney Gallery © Peter Campus 2017 (6) Peter Campus, R-G-B, 1974, colour video, sound, 11 min 30 sec Courtesy the artist and Cristin Tierney Gallery © Peter Campus 2017 (7) Peter Campus, a wave, 2009, digital video, HD, videograph, colour, sound, 24 min., loop. Courtesy the artist and Cristin Tierney Gallery © Peter Campus 2017 (8) Peter Campus