Quella di Spotify sembra un’ascesa ormai inarrestabile. Nel 2021 l’applicazione svedese ha oltrepassato il miliardo di download, continuando a espandere senza sosta il proprio mercato. Oltre 80 nazioni sono state aggiunte all’elenco dei paesi già raggiunti del servizio, toccando cifre assimilabili a quelle di un vero e proprio monopolio. Stando ai dati recentemente raccolti – maggio 2021 – da Siteefy, infatti, le ore di ascolto complessivo da parte degli utenti della piattaforma ammontano a circa 40 miliardi. Anche in Italia la situazione non è poi tanto diversa. Uno studio realizzato da Kantar e ComScore, per conto di Google, afferma che il 90% degli italiani adulti ascolta musica in streaming, e di questi il 54% dichiara di utilizzare Spotify abitualmente.
La fruizione musicale contemporanea non può che risentirne. Il successo e la prossimità dettano il tempo: le piattaforme streaming sottopongono al nostro giudizio i brani maggiormente riprodotti dagli altri utenti o quelli considerati più affini alla nostra playlist. Tutto ciò individualizza l’ascolto, restituendo al contempo un’esperienza virtualmente interminabile. Nella maggior parte dei casi, infatti, l’utente si affida ciecamente all’algoritmo. Spesso Spotify sembra conoscerci a tal punto da suggerirci – o meglio, decidere – cosa potrebbe fare al caso nostro. Eppure la persuasione è sua volta il frutto di una consolidata formula commerciale, pensata e strutturata in modo tale da poter alimentare continuamente la richiesta da parte dell’ascoltatore, incentivandone la passività fruitiva. Ma non è un controsenso? E se da una parte le piattaforme streaming personalizzano l’ascolto, perché dall’altra le uscite discografiche sembrano muoversi tutte verso la stessa direzione?
Recurrent Morphing Radio tenta di rispondere a queste domande. Il progetto sviluppato dall’Interspecifics Collective di Città del Messico – Leslie Garcia, Paloma López, Emmanuel Anguiano and Felipe Rebolledo – rende tangibile il peso degli interessi economici sull’aspetto compositivo. L’opera ha le fattezze di una web radio, in onda 24 ore su 24. Tuttavia, i brani in rotazione sembrano sovrapporsi l’un l’altro, generando un incessante rumore ipnotico.
L’intento di questa insolita programmazione è di mettere in evidenza la pressione esercitata dalle piattaforme streaming sull’odierna estetica musicale. Non a caso, il software di intelligenza artificiale realizzato dal collettivo, mutua il proprio modus operandi da quello di Spotify. L’algoritmo de-costruisce e analizza gli elementi comuni di ciò che definiamo musica, procedendo per associazione. Come affermato dai membri stessi del collettivo, in Recurrent Morphing Radio il consumo eccessivo va di pari passo con il sovrallenamento: l’opera, infatti, riutilizza applicativi pensati per rispecchiare determinati generi e stilemi musicali, emulando i pattern compositivi e le caratteristiche principali dei brani più in voga del momento.
Il progetto – realizzato con il sostegno dell’HKV di Berlino, in occasione della rassegna The Disappearance of Music – prende dichiaratamente ispirazione da I Am Sitting in a Room (1969) di Alvin Lucier: l’opera vede l’artista statunitense intento a registrare un proprio monologo su cassetta, per poi riprodurlo e registrarlo nuovamente, ricominciando da capo lo stesso schema compositivo, come in un loop continuo ed estenuante. Le caratteristiche acustiche dello spazio espositivo, inoltre, enfatizzano determinate frequenze, rendendo impercettibili alcune parole del testo. In Reccurent Morphing Radio la stratificazione così come la reiterazione ossessiva degli stessi frammenti musicali si traduce nel rumore trasmesso all’interno spazio latente della rete.
In questo caso, però, l’utente è parte integrante del processo selettivo – e quindi compositivo – dell’opera. Chiunque, infatti, può contribuire al progetto e alimentare il sistema, caricando brani a proprio piacimento. Le differenti composizioni realizzate dal software vengono successivamente archiviate nel database online della radio. Il paradossale ossimoro della personalizzazione omologante diviene un monito: affinché la musica stessa non diventi il risultato di un mero calcolo algoritmico. L’intento di questa insolita programmazione è di mettere in evidenza la pressione esercitata dalle piattaforme streaming sull’odierna estetica musicale.
Interspecifics Collective, Recurrent Morphing Radio, 2021