Se Andy (aka Trouble) fosse stato il sogno di uno spettatore, il risveglio sarebbe stata la fine. Il pavimento del palco viene riempito da un tappeto di nubi paradisiache e un grande pallone d’argento specchiante rotola fino alla prima fila. Lo spettatore ci gioca, ci si specchia, guarda sé stesso divenire forma e parte di ciò che ha appena visto: è un’opera aperta.
I’ll be your mirror… reflect what you are.
Il proscenio è popolato dalla fauna più queer ed eccentrica di New York City, che contempla le opere esposte alla Green Gallery. È improvvisamente il 1959, Andy porta ancora i capelli corti e compra opere d’arte, vuole diventare un pittore. Sarebbe diventato molto di più, ma questo non lo sapeva ancora. Forse la consapevolezza della sua fede profonda, dato che era cattolico praticante, lo ha condotto davvero ad eligere la Campbell’s Soup come simbolo di una rottura indelebile: l’arte si avvicina così tanto alla vita da non poterne più cogliere una separazione. Anche la zuppa, a suo modo, è un happening. Andy la mangiava mentre la dipingeva, riproducendola nella sua esattezza pubblicitaria e moltiplicandola serialmente in trentadue esemplari posti uno vicino all’altro.
I’ll be your mirror… reflect what you are, ripete Nico.
È l’inizio di tutto.
Avvicinare arte e vita, a quei tempi, significava anche comprare negozi – penso al paradigmatico Store di Claes Oldenburg – o allestire vetrine. In questo senso la quarta parete diventa una vetrina newyorkese, nel momento in cui folle di critici arguti si fermano ad osservarla. Lo spettatore emancipato non ha ancora il pallone tra le mani ma è inevitabilmente sollecitato attivamente dal contatto visivo con i personaggi, viene osservato profondamente, colto nelle sue umane imperfezioni.
Lo spettatore è un quadro.
Più precisamente è una fotoserigrafia di Andy, che tanto rifiutava la perfezione pubblicitaria, i contorni delineati. Amava l’impronta della matrice ma senza esiti commerciali, piuttosto era un’esasperazione sensoriale. Lavorava duramente insieme a Gerard per trasformare la fotografia in quadro, forse per fermarla nel tempo, per renderla sacra. Nello stesso modo, trasformandosi in immagine attraverso lo sguardo su una superficie riflettente, lo spettatore sacralizza sé stesso come parte dell’opera. Ma se guardare è il contrario di conoscere, cosa succede quando ci si guarda mentre guardiamo a nostra volta, in questo caso, uno spettacolo teatrale?
Martina Macchia
I testi e i video che raccontano ogni spettacolo sono il frutto del rapporto attivo che esso stabilisce con gli spettatori, alla ricerca dell’identità dello “spettatore emancipato”. Gli studenti dell’Accademia che hanno ideato il progetto, hanno tessuto una relazione con alcuni spettatori scelti presenti agli eventi, utilizzando la posta cartacea e elettronica. Successivamente hanno creato una traduzione dello spettacolo che prende forma dalle parole e dalle immagini suggerite dagli stessi spettatori.
Chi è lo “spettatore emancipato”?
Secondo Jacques Rancière, sei tu, siete voi, siamo noi, che con “le storie e le performance, possiamo cambiare qualcosa nel mondo nel quale viviamo
Materiali testuali e video di questo articolo sono stati realizzati in occasione di Trouble di Gus Van Sant andato in scena al Teatro Argentina a Roma l’8 ottobre, 2021 nell’ambito del Romaeuropa Festival 2021,come parte di AUDIENCE ON STAGE, quarta edizione di BACKSTAGE / ONSTAGE progetto editoriale multimediale realizzato con una partnership tra Accademia di Belle Arti di Roma, Romaeuropa Festival, e Arshake. Per l’edizione 2021, BACKSTAGE / ONSTAGE ha spostato lo sguardo sugli spettatori del Romaeuropa Festival, sul loro comportamento e sul loro modo di rapportarsi agli spettacoli, sulla loro attenzione e su ciò che in loro si produce. L’indagine si è svolta su un piano trasversale che ha attraversato i diversi generi di spettacoli del festival, dalla danza al teatro di prosa, alla musica. Ha scrutato gli ingressi, le hall e i corridoi dei teatri, le platee, i palchi, i cellulari, gli schermi degli eventi online, alla ricerca dello sguardo del cosiddetto spettatore emancipato, ovvero colui o colei che trova nel teatro un nuovo tipo di contatto e di vicinanza con gli altri, ma anche una nuova connessione con la propria esistenza attiva.
Backstage / Onstage: progetto nato da una partnership tra Accademia di Belle Arti di Roma, Romaeuropa Festival e Arshake| Crediti 2021: Video: Walter Maiorino, Eleonora Mattozzi, Alessia Mutti, Francesca Paganelli, Eleonora Scarponi. Testi: Chiara Amici, Domiziana Febbi, Alessandra Gabriele, Martina Macchia, Alessia Mutti.
Immagini (tutte): Gus Van Sant, «Trouble», Teatro Argentina, Roma, Romaeuropa Festival 2021, ©brunosimaophotography