È un’installazione temporanea quella realizzata da Michelangelo Pistoletto all’Arena di Verona, un’opera che instaura un dialogo profondo con un tempo e uno spazio di rilevanza storica e sociale.
L’Arena è parte dello spirito del tempo passato, un genius loci che nel presente si è trasformato in catalizzatore di socialità. È quindi un luogo in cui si percepisce «l’energia storica che», come racconta l’artista, «si unisce al presente e crea un’immagine di futuro».
Novantasei moduli quadrati si ripetono nello spazio e vanno a comporre il simbolo della Trinamica (o Rebirth), quel Terzo Paradiso che è unione equilibrata di artificio e natura e allo stesso tempo nuova fase dell’umanità, «uno stadio inedito della civiltà planetaria», scrive Pistoletto, «che porta ognuno ad assumere una personale responsabilità nella visione globale». I materiali con cui l’opera è realizzata racchiudono ed esplicano quanto detto: il legno riciclato viene avvolto da un sottilissimo strato di alluminio, materiale tecnologico e riflettente. Si realizza così un connubio felice tra artificio e natura, mondi che l’artista combina per generare un’atmosfera sospesa nel tempo e nello spazio.
Entrando nell’Arena e osservando Terzo Paradiso dall’alto ci si sente all’interno di un giardino protetto (che è anche il significato più profondo e antico del termine paradiso) e ogni spettatore viene chiamato dall’artista a divenire giardiniere per «proteggere questo pianeta e curare la società umana che lo abita».
Dal giorno dell’inaugurazione ad oggi l’opera si è modificata nell’aspetto a causa dell’azione umana e degli agenti atmosferici: il terreno dell’arena ha reso opaco il sottile strato di alluminio, che in numerosi punti si è lacerato, lasciando riaffiorare il colore naturale del legno. Dall’alto degli ultimi gradoni infatti si notano solo le parti di alluminio che, sollevate dal vento, riflettono la luce del sole attirando magneticamente l’attenzione degli spettatori. Che siano gruppi di ragazzi seduti sulle gradinate, turisti o bambini che giocano saltando da un modulo all’altro, nessuno rimane indifferente all’installazione. E questo è forse il più importante traguardo raggiunto dall’artista in questa sede: chiunque entri nell’Arena di Verona non può far altro che chiedersi cosa rappresenti quel simbolo che è composto da tre cerchi consecutivi ed è, come afferma Pistoletto, una «riconfigurazione del segno matematico dell’infinito».