La sera del 2 novembre 2022, l’artista e regista libanese Rabih Mroué (Beirut, 1967) ha portato in scena una pièce teatrale all’auditorium del MAXXI. Per il programma del REF l’autore ha proposto al pubblico romano la sua opera Riding on a Cloud, una performance idiosincratica che combina parte attoriale e audiovisiva, alternando elementi biografici e inventati in un gioco tra realtà e finzione.
L’opera, presentata già in altre occasioni negli anni passati, prende il nome dal titolo di una raccolta di poesie scritte dal fratello minore, la cui storia è oggetto della rappresentazione teatrale. Riding on a Cloud prende le mosse dal racconto in prima persona di Yasser, e dall’esperienza della guerra civile libanese (1975-1990) che ha condizionato drammaticamente la sua vita. Un cecchino ha colpito il fratello dell’autore all’età di 23 anni, segnando permanentemente le sue capacità motorie e linguistiche. Il proiettile ha penetrato la sfera sinistra del cervello provocando una parziale paralisi del corpo e un’afasia: “mentre mi preparavo all’università mi ritrovai a fare la materna”.
Il protagonista, a tratti autoironico e a tratti amaro, accompagna lo spettatore in un suggestivo viaggio nel suo passato attraverso la proiezione di pagelle scolastiche, foto di famiglia, video e registrazioni audio. Yasser ripercorre la sua vita in 65 minuti, rivelando i complessi meccanismi che s’innescano in fase di ricordo, e le reciproche influenze che condizionano la vita e la performance di un attore.
Sono proprio le tracce della memoria che in Riding on a Cloud assumono una funzione metalinguistica. L’atto di richiamare alla mente aneddoti ed esperienze del suo passato diventa un’occasione per la rielaborazione dei fatti, determinando il nesso tra memoria e immaginazione, tra oggettività e soggettività, che dà vita all’opera d’arte. Lo stile di Rabih Mroué si riconosce qui: nell’invito rivolto al pubblico ad osservare con scetticismo la realtà, e a pensare le varie possibili interpretazioni del reale e del teatro. Lo stesso Yasser Mroué è in un gioco delle parti: egli è sia la persona da cui il regista ha tratto il protagonista, sia l’attore, sia il personaggio, che uno spettatore impegnato a guardare sé stesso in vecchie foto e filmini dietro di lui trasmessi.
L’artista adotta il metodo della microstoria per riflettere sui temi meno scontati che la guerra può sollevare. Senza far riferimento agli orrori e all’ingiustizia, allude alla percezione di surrealtà delle vittime, e al valore del dolore nella legittimazione dell’identità: “Dolgo dunque sono”, dichiara Yasser sul palco. La locuzione di Cartesio viene riformulata da Yasser. La sua condizione determina il “Dolgo dunque sono. Muovo dunque sono” del protagonista.
Spaziando tra le discipline del teatro, della performance, della musica e dell’arte visiva, Rabih Mroué, il cui lavoro si confronta con la politica contemporanea del Medio Oriente e in particolare del Libano, in Riding on a Cloud propone una rappresentazione che sfrutta la mediazione dei diversi linguaggi utilizzati in scena per produrre lo scarto tra passato e presente, tra memoria e ricordo, tra realtà storica e narrazione artistica.