“La memoria è perennemente invasa dall’immaginazione e dalla fantasticheria, e poiché esiste una tentazione di credere nella realtà dell’immaginario, finiamo col fare delle nostre menzogne una verità. Il che del resto ha una importanza molto relativa, dato che sono anch’esse cose vissute, e personali.”
Luis Buñuel
Giorno prima
Allora ricontrolla bene:
Stecca di sigarette, scarpe resistenti, qualcosa di pesante, qualcosa di leggero, curiosità, almeno tre paia di mutande, calze, torcia e sacco a pelo, un quaderno per scrivere, medicine? Ma no, accappatoio, spirito critico, maglietta per dormire, se russi? cerottini per il naso! penna e ricariche per la penna, umorismo, bagnoschiuma, ci siamo. Cazzo, sigarette?
Ok prese!
Primo Giorno
Alla stazione, poi nel treno e poi di nuovo in una stazione… i Simposiani si riconoscono da piccoli dettagli: l’abbigliamento, più o meno tutti hanno scarpe da trekking già alle 9 di mattina; dalle valige o dagli zaini spunta sempre un sacco a pelo arrotolato; e fin qui non è detto che siano veri Simposiani ma c’è un altro piccolo dettaglio non ben dissimulato: una strana euforia mista a incertezza, come quando sta per iniziare una partita dei mondiali, una di quelle decisive, tipo l’Italia che affronta la Germania. Battere i tedeschi sembra un’utopia, sarebbe bello ma figurati, però magari…
L’utopia vista dalla soglia è un po’ questo, almeno per me che in questo momento mi ci sto avvicinando.
Sono sulle Dolomiti, montagne che radicalizzano il concetto di verticalità. Il paesaggio è mozzafiato, ma anche la camminata per arrivare all’ingresso del villaggio Eni non mi lascia molto respiro; però ne vale la pena perché il primo che incontro è Saverio dei None che riversa sul capannello di partecipanti, un po’ spaesati mentre aspettano con me di fare il check-in, tutta la sua contagiosa allegria e, come un perfetto padrone di casa, saluta, ride scherza e innesta subito la chiacchiera fra tutti. Parlo con due ragazzi che vengono dal Sud, sono artisti e agricoltori, uno ha in mano un cestino con prodotti tipici della sua zona, il Cilento. Solo dopo un po’ che parliamo del viaggio, dei nostri rispettivi lavori, di gioie e dolori come vecchi conoscenti ci rendiamo conto che non ci siamo presentati. Inizia così il Simposio a Borca: prima di dire il tuo nome a qualcuno ti ci stai già confidando. Poi si suggella la chiacchiera con la stretta di mano e il nome.
Arrivo in capanna. Sistemo il letto in qualche secondo e mi ritrovo già in mezzo alle installazioni: i *fuse che svelano l’essenza del multiverso su 5 schermi dove nascono e muoiono 5 universi paralleli;
Cristian Rizzuti ridisegna lo spazio con luce e suono generati da una sinusoide; gli Ultravioletto mi spingono in un tunnel dove tempo e spazio si mischiano e si confondono grazie ai laser, qui sento il mio corpo in uno stato di sospensione e attraverso il corridoio buio schivando i laser ma adesso so che il mio corpo lì c’è stato, almeno penso, penso di averci lasciato una traccia o forse la traccia dei laser mi ha segnato?
Ha segnato il corpo che adesso in faccia a J3RR1 sente tutto il dolore della macchina che spinge al limite la sua finita capacità di calcolo, e batte, e fa rumore, e si scalda, soffre, povero J3RR1, questi sono i NONE.
Mi vien voglia di scappare, andare via con il povero J3RR1 e portarlo dove può non soffrire, ma dove? Dove uomo e macchina possono vivere in pace? Ecco, mi sono perso.
Una rampa, poi un’altra rampa, tutto in lenta e costante salita. Scappare, andare lontano. Ma a che prezzo?
Un prezzo non trascurabile, non ci avevo mai riflettuto eppure l’installazione dei Dot Dot Dot parla chiaro: una agenzia di viaggio che ti calcola quanto lontano puoi andare e con che mezzo cercando di restare nei limiti di emissione di CO2 consentiti.
Vuoi scappare? viaggiare lontano? va bene, eccome, ma prenditi le tue responsabilità: viaggiare costa e non solo in termini di carburante e di denaro: costa al pianeta, costa all’aria che respiriamo, alle piante che respirano quest’aria, ai boschi di cui le piante sono fatte, costa alla montagna che il bosco sorregge e un topolino mio padre comprò.
Vuol dire che costa anche a me che sono qui, vicino alle capanne del villaggio, in questa comunità. Una comunità che comunica in comunione il suo provarci a pensare un modo diverso di agire e di vivere.
Ti sembra troppo?
Costa solo uno spiccio! E pure di legno! Perché la birra che adesso sorseggio osservando le persone che chiacchierano, si mischiano, sorridono, si studiano, fumano – sto fumando anche io in questo momento – mangiano e bevono, l’ho pagata così, scambiando dei cerchietti di legno: gli spicci! Anche con questo si rende reale l’utopia: scambiare del denaro sonante con dei cerchietti di legno suonati e così facendo abolire il denaro, almeno per qualche giorno o qualche ora, dipende da quanto bevi. L’utopia è fatta anche di una bella dose di ingenuità, mista a incoscienza e senso dell’umorismo e innaffiata da un bel po’ di vino o birra!
Una birra, per favore. Quant’è? – Uno spiccio – A te!
In mensa, davanti alla porta si parla di arte, di politica, di appartenenze e di discordanze, e poi è tutto un susseguirsi di: come ti chiami? Chi sei? – Io sono… già io sono Angelo, o meglio lo sarei ma qui sono già un altro; Angelo con qualcosa in più. Perdere l’identità quotidiana la rafforza. E però, se io sono io ma sono anche Angelo con qualcosa in più, allora chi sono? Ok, la birra e le sigarette iniziano ad essere tante ma non sono ancora così fuori di me! Mi rimane un dubbio, a furia di sentire tanti nomi, io come diavolo mi chiamo?
Il mio nome è Janez Janša! Me lo ricorda la proiezione del film che indaga i paradossi di una politica estremamente identitaria: e se mi identificassi completamente con il leader nazionalista di turno? se non riconoscessi solo il suo essere come me ma volessi io essere come lui? Anzi essere proprio lui? Tre artisti lo hanno fatto cambiando legalmente il loro nome proprio con quello del leader del partito conservatore e primo ministro Sloveno e con il loro film mi insegnano che si può essere radicali portando il peso di una coerenza fino alle conseguenze più impensate. In tempi così feroci la serietà di un atto paradossale ma fondamentalmente comico, così assurdo da essere comico, rivela tutta la macchina del consenso, tutta la profonda inattualità di certi slogan e di certi meccanismi di comunicazione semplicemente facendo emergere il ridicolo, il risibile, riuscendo a fare una analisi molto più immediata di tanti saggi di settore.
– Si si arrivo.
Mi hanno chiamato, con il mio nome! Antonella, compagna di viaggio e fonte infinita di intuizioni! Conosciuta da… quanto è che sono nell’utopia? 5 ore? 4? 6? Sono già così utopico che mi sembra impossibile “essere stato diverso da qui”.
Potrebbe sembrare una citazione da canzone degli anni 60 di Memo Remigi e invece non è una canzone, anche se di musica qui ce n’è! Prima Marco Ubik Bonini e poi Arssalendo (Alessandro, che tipo! Ha una gran bella mente e un ottimo orecchio… e ha solo vent’anni!
I giovani sono molto ma molto meglio di quanto noi – noi? io quarantenne e più! – vorremmo essere!) chiudono con le loro esibizioni musicali una serata che si sorprende di essere diventata notte, notte di stelle di montagna su un villaggio utopico e reale che è qui, adesso, ora.
Vabbè, l’ultima sigaretta per finire il Vodka Tonic e vado a letto. Giuro!
… to be continued …
Il racconto di Angelo di Bello si riferisce a SIMPOSIO, progetto-evento di NONE, giovane collettivo italiano di architetti, interessato a ricercare i confini dell’identità, il rapporto uomo-macchina, quello tra cinema e arte, e tutto quanto i cambiamenti della storia e delle tecnologie che le danno forma si presti al loro sguardo. Quest’anno si è svolto nel Villaggio ENI a Borca di Cadore (4-7 luglio, 2019), nel paesaggio e nello spirito delle Dolomiti con l’intenzione di creare una community genuina stimolando la percezione, la facoltà critica e il pensiero profondo per provare a creare nuovi modelli per la comprensione della contemporaneità e per formulare nuovi mondi. Angelo di Bello racconta i i tre giorni attraverso la sua esperienza e cogliendone lo spirito che lo ha animato. Questa è la la prima di tre giornate.
immagini: (cover 1-2-7) SIMPOSIO 2019, photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (3) FUSE – «Multiverse», SIMPOSIO 2019, photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (4) Cristian Rizzuti – SIN (Ø) v2, SIMPOSIO 2019, site specific installation. photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (5) Ultravioletto, «405 field», SIMPOSIO 2019, photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (6) NONE collective, «J3RR1. una tortura programmata», SIMPOSIO 2019, photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (8) dotdotdot, «Viaggi Paradiso», SIMPOSIO 2019, photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (9) Janez Janša, Janez Janša – Portrait, SIMPOSIO 2019, photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (10) Marco Ubik Bonini, live, SIMPOSIO 2019, photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (11) Arssalendo, SIMPOSIO 2019, photo credits Cristina Vatielli – NONE collective