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Home News Focus

SIMPOSIO 2019 | Giorno 3

Diario utopicovolgaranarchico di tre giorni di realtà.

Angelo Di Bello by Angelo Di Bello
25/07/2019
in Focus
SIMPOSIO 2019 | Giorno 3

SIMPOSIO 2019

“Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia,

odio gli indifferenti”                                      

                                                                                   Antonio Gramsci

 

Due giorni dopo

Fa freddo su questo treno. Sarà che sono davvero stanco, non ho dormito più di tre ore la scorsa notte. C’è stata la festa finale e a notte davvero inoltrata, mentre parlavo davanti alle capanne prima con Valentina e poi con Niccolò e Alice, c’era gente che ancora festeggiava. Valentina, Andrea, Daniele, Antonella, Gregorio, Noel, Francesca, Jules, Chiara, Antonio, Marco, Silvia, Saverio, Giacomo, Mauro, Mariangela… inizio già a non ricordare più tutti i nomi. Ma le facce le ricordo benissimo tutte. E Alice e Niccolò. Quando incontri qualcuno è una epifania. Ieri, mi sembra, dovrebbe essere successo ieri…

Il giorno prima – Ultimo Giorno

Questa volta di corsa giù per la strada, me la faccio tutta a piedi.

Ciao ragazzi – Ciao! Anche tu a piedi? – Si e anche di corsa ché sono in ritardo! – A dopo.

Corri. Oggi farò un giro per i workshop, mi perderò qualche talk ma che ci posso fare?! L’unico difetto del Simposio è proprio l’altissima concentrazione di cose da fare e da vedere e l’impossibilità di seguire tutto. Come mi dicevano le ragazze nella sala grande, ieri, semisdraiate sui divani: c’è un po’ di rammarico per non riuscire a seguire davvero tutto. Invece Lara, Ilaria e Grazia – di Milano, studio di design – mi dicono una frase che rispecchia la temperatura dei partecipanti a Simposio: “Finalmente si parla di argomenti, non solo di IO, IO, IO”

Sono sudatissimo. Appena arrivo vado nei bagni mi sciacquo e corro dai Clusterduck. No! Cazzarola non posso. Devo prima vedermi la performance dei The Cool Couple. Ma come diavolo si fa a fare qualcosa sulla meditazione, dai!?! Infatti. Mi sdraio sul tappetino, si certo, sento il mio corpo che si rilassa, ok, sento i punti di contatto del corpo con il pavimento, certo, mi concentro sul respiro e chiudo gli occhi, ovviamente visualizzo il campo di grano, uff, si anche gli animaletti, e l’odore dell’erba tagliata di fresco, che palle. Come? “quell’odore è un enzima che l’erba produce quando è tagliata, vuol dire che l’erba sta soffrendo” e me lo dici con questa voce suadente? Ahahaha.

Chi sarei io? “L’animale più distruggitore del pianeta”. E poi mi dici di stare tranquillo?! Ahahaha. Ecco l’epifania. Non trovo nulla di più bello che andare a vedere uno spettacolo, una mostra, leggere un libro con un bel carico di pregiudizi e trovare un’opera e un artista che ribaltino completamente la situazione. Mi viene in mente la frase di Muntadas: “La percezione richiede impegno”. Altro che rilassarmi, qui mi sto rendendo conto che il mondo sta morendo e che lo sto uccidendo io! Karma Fails. Se non presti la giusta attenzione, ti rilassi e basta, rimani indifferente al discorso e all’opera stessa, e da indifferente ti ritrovi complice del sistema. Con un po’ d’impegno l’opera disvela tutto il suo potere sovversivo.

In fondo gli artisti, quelli veri, fanno questo: non spiegano il mondo, semplicemente lo osservano e restituiscono al pubblico una declinazione diversa di ciò che sta vivendo. Un segnale, un alert. Magari cercando di andare a forare la patina di indifferenza che il pubblico potrebbe avere. L’arte non educa e non insegna ma non rimane nemmeno oscura e sibillina. Citando Tarkovskij: “Quanto all’artista, egli non può proporsi lo scopo specifico di essere compreso, così come sarebbe assurdo immaginare che si ponesse lo scopo opposto, cioè di non essere compreso…”

Valentina Tanni ha quasi finito di parlare e mi dispiace perché Valentina ha la capacità di essere diretta e immediata senza semplificare i concetti. Riesce a restituire la complessità di un pensiero con una perfetta sintesi del linguaggio così che quello venga fruito semplicemente nella sua consequenzialità logica senza eliminare nessuno dei nodi problematici che lo rendono importante.

Entro nella stanza del Workshop Some Compass. Ci sono 4 gruppi di ragazzi che discutono seduti ai tavoli. Intanto Noel, Silvia, Francesca dei Clusterduck supervisionano il lavoro, dando suggerimenti o sciogliendo dei dubbi. Cosa succede me lo spiega Noel: “Si tratta di far riflettere le persone su come costruiscono la loro identità digitale attraverso i social. Ma senza stigmatizzare, scherzosamente.” I ragazzi ai tavoli discutono e si interrogano su come delineare un profilo social archetipico e immediatamente riversano la riflessione su come ognuno di loro utilizza i social media.

Intanto in fondo alla stanza si riporta sul piano reale e tangibile l’immaginario virtuale dei contenuti delle bacheche social di ciascuno di questi archetipi, attraverso una pressa da stampa. Tutto ciò di cui si discute diventa oggetto reale. Anche qui ritrovo la ricerca di una coscienza nel proprio cammino virtuale, anche qui si richiede scherzando una responsabilizzazione del proprio io virtuale.

Saluto i ragazzi che continuano a lavorare e vado finalmente in terrazza a fumare.

Chi si rivede? Allora Alice, come va? – È seduta a terra a prendere un po’ di sole, Alice. Ci mettiamo a parlare del Simposio e di questi giorni. Sorridendo le chiedo: Ti è piaciuto il film di ieri? – A me si, a te? – Non troppo.

Si chiacchiera di tutto, e si scopre che ci sono sempre visioni diverse dalle quali imparare qualcosa. Nessuno è spettatore, qui. Nessuno rimane indifferente. E gli argomenti si sovrappongono, si sviluppano.

Si ritrova il tempo del dialogo, a Simposio. Il tempo che ha ritrovato Pietro Vertamy. A piedi da Firenze fin qui. Perché camminando inevitabilmente rompi il flusso della velocità e ritrovi un tempo che è quello dell’osservazione, del saluto, dell’incontro, del pensiero. Usare la tecnologia delle mappe su internet, dei satelliti per fare qualcosa che è all’origine dell’uomo: camminare, esplorare, conoscere le diversità e farne parte, così Pietro e la sua compagna intersecano e risolvono alcune delle tematiche presenti in questi tre giorni, il rapporto fra tecnologia e natura, uomo e tecnologia.

Suona la sveglia per l’inizio del Simposio. L’ultimo Simposio. Francesco Nucci della Fondazione Volume parla della percezione da un punto di vista neurologico. E poi ecco che il dibattito si apre: ecologia, sviluppo, politica. Il discorso s’infiamma. Come mai in Germania stravincono i verdi e in Italia no? Sono i giovani che votano con coscienza; no, è la coscienza delle persone che è vecchia; ma no! Non c’è proprio coscienza sociale. Domande, risposte, ancora domande e qualche provocazione. Ho finito il bicchiere. Ne prendo un altro. E ancora uno. Sennò che simposio sarebbe?

In tre occasioni diverse sono riuscito a fermare per qualche secondo i tre membri dei None per chiedere loro che sensazione provassero. Gregorio mi ha detto che è emozionato per aver visto questa idea diventare realtà. Saverio risponde alla stessa domanda con un sorriso che non sparisce dal suo volto neanche per pronunciare con ponderata lentezza la parola Felice! Mauro si guarda intorno, ci pensa su un attimo e ammette che dovrebbe sentirsi più stanco ma la soddisfazione e la voglia dei partecipanti gli trasmettono una energia rinnovata.

Le nuvole si fanno pesanti all’orizzonte, mentre chiacchiero con Niccolò di arte, resistenza, necessità e riferimenti culturali, progetti e possibilità. Gli incontri sono davvero una epifania.

Cristina, Alessia, Federica, Marco, Matt, Cristian, Donato, Alessandro, Graziana, Francesca, Lorenzo, Toto… Saluto tutti.

Ora tocca portare l’utopia fuori dalle capanne, fuori dalle montagne, farla diventare ancora più reale di questi tre giorni. Ora tocca aspettare, impazienti e produttivi, il prossimo Simposio.

 

Due giorni dopo.

È lunedì e sono al lavoro, ma voi non potete immaginare cosa ho vissuto io in questi tre giorni. Ve lo spiegherei, ci proverei, se solo me lo chiedeste. Ma nessuno chiede nulla, tutti sono indifferenti al mio stato d’animo come io lo sono alla loro disperazione.

Buongiorno Ettore, un caffè lungo per piacere. – Arriva subbito, Angiolè. – Ecco, tieni il resto. – Aho?!? Embé che me voi pagà co li sordi de legno? E che te ridi? – Ma no, sono gli spicci del Simposio – Simposio? E che d’è? – Adesso te lo spiego…

The End 

Il racconto di Angelo di Bello si riferisce a SIMPOSIO, progetto-evento di NONE, giovane collettivo italiano di architetti, interessato a ricercare i confini dell’identità, il rapporto uomo-macchina, quello tra cinema e arte, e tutto quanto i cambiamenti della storia e delle tecnologie che le danno forma si presti al loro sguardo. Quest’anno si è svolto nel Villaggio ENI a Borca di Cadore (4-7 luglio, 2019), nel paesaggio e nello spirito delle Dolomiti con l’intenzione di creare una community genuina stimolando la percezione, la facoltà critica e il pensiero profondo per provare a creare nuovi modelli per la comprensione della contemporaneità e per formulare nuovi mondi. Angelo di Bello racconta i i tre giorni attraverso la sua esperienza e cogliendone lo spirito che lo ha animato. Questa è la la seconda di tre giornate (Visitate qui il racconto della prima giornata e qui quello della seconda giornata).

immagini: (cover 1-2-3-10-12) photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (4-5) The Cool Couple – performance. photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (6) Daniele Gambetta – Workshop. photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (7) Clusterduck – Workshop. photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (8) MACAO – Workshop. photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (9) Francesco Nucci (Fondazione Volume) – speech. photo credits Cristina Vatielli – NONE collective (11) Tullia Benedicta – Live. photo credits Cristina Vatielli – NONE collective

Tags: Angelo di BelloarsarshakeClusterduckCool Couple.hactivismnone collective
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