Questo simposio è dedicato al trentesimo anniversario della mostra di Jean François Lyotard tenutasi al Centre Pompidou nel 1985 e intitolata Les Immatériaux. La mostra si prefissava di dimostrare l’emergere di una nuova materialità prodotta dallo sviluppo delle tecnologie delle telecomunicazioni. Il prefisso «-im» annunciava una rottura dalle concezioni moderne di materia, linguaggio, corpo, scienza e arte. La mostra metteva in luce come il desiderio di modernità produceva la negazione di se stesso per passare poi a una nuova forma culturale che Lyotard chiamò postmoderno. Pertanto, la mostra era anche una inaugurazione del postmoderno. Questo simposio mira a tracciare il dibattito storico generato all’interno della mostra, sia all’esterno, cioè nell’ambiente intellettuale alla fine degli anni Settanta e all’inizio degli anni Ottanta che mise in questione arte, scienza e riflessione teorica, e vuole riflettere sulle nuove condizioni materiali create dalle tecnologie digitali negli ultimi trent’anni.
Se Les Immatériaux proponeva una nuova sensibilità verso la materialità e se questa sensibilità richiedeva una nuova risposta dall’arte, dalla scienza e dalla riflessione teorica, oggi dopo trent’anni da quella pietra miliare del postmoderno, la domanda che ci si pone è: con quale sensibilità bisogna approcciare la presente condizione materiale? Per alcuni pensatori, il moderno potrebbe essere visto come il momento dell’esaltazione del surplus di energia e materia (Sloterdijk 2004), un’abbondanza che produce la malinconia per l’invecchiamento della storia. Altri concepiscono il postmoderno come la celebrazione del disorientamento e dell’incertezza frutto anche qui di una malinconia a sua volta prodotta dalla crisi energetica e finanziaria (Bourriaud 2009).
Occorre che la cultura risponda a questa crisi generata in se stessa (Greenberg 1979), sebbene tale risposta finora sia stata sempre ambigua o farmacologica (Derrida 1972; Stiegler 2011). Trent’anni dopo Les Immatériaux, è stata sviluppata l’idea che il postmoderno possa anche essere un sintomo. Da un lato, lo sviluppo dell’estetica nella vita quotidiana ha sorpassato il feticismo delle merci descritto da Marx, un processo che Frederic Jameson (1991) ha definito «logica del tardo capitalismo»; dall’altro, essa ha creato un nuovo sentimento di perdita, di distruzione della differenza tra rurale e urbano, tra lavoro e gioco, funzionalismo e percezione, arte e mercato dell’arte, bio-potere e bio-politica. Non si può più individuare il luogo in cui si è, a causa della cancellazione degli spazi operata dalla globalizzazione, che è pesantemente determinata dall’estetica del marketing e dalla crescita economica. Il postmoderno si presenta dunque come un sintomo del nostro tempo.
Ma a ben vedere, una nuova sensibilità sta oggi coinvolgendo il progresso scientifico, la globalizzazione, i social network, così come le guerre, il movimento Occupy, il riscaldamento globale e la crisi finanziaria—tutti elementi che la fibra ottica e gli apparecchi digitali ci mettono sotto gli occhi e le orecchie. L’ipotesi che vorremmo sviluppare al simposio è la seguente: se il moderno descrive una volontà di dominio e se il postmoderno celebra il senso di incertezza e disorientamento, allora si richiede una nuova visione dell’orientamento, un ri-orientamento. Qui l’espressione «orientamento» ha due significati. In primo luogo, con riferimento al rapporto tra Oriente e Occidente, si può osservare che questo rapporto è stato ulteriormente distorto dalla globalizzazione e dalla modernizzazione. Per esempio, i paesi asiatici sono imitatori pedissequi dell’Occidente, il che comporta un disorientamento in senso geopolitico. Qualcosa di simile può dirsi della ricerca di un dio (Heidegger 1967) o della filosofia zen giapponese (Lyotard 1987) se intese come rimedio all’ «avvelenamento» dell’Occidente. Il succitato ri-orientamento può anche essere visto come uno sforzo per mettere in piedi un dialogo che non ha mai avuto luogo precedentemente, a differenza di quanto è accaduto con i conflitti politici e gli scambi commerciali. In secondo luogo, tale ri-orientamento produce un nuovo discorso con riguardo al progresso umano, all’estetica, allo sviluppo tecnologico, un discorso che si allontana da quello status «post-» e che includa ciò che si intende per postmoderno e post-umano, dalla seconda morte dell’uomo a una nuova visione nell’arte, nella scienza, e nella teoria. Il simposio invita scienziati, artisti e filosofi a partecipare a una due giorni di discussioni e performance (dal comunicato stampa).