Arshake è lieta di annunciare che Navigare, progetto del collettivo italiano Studio ++, abiterà per i prossimi mesi il banner di Arshake, trasformandolo nella prua di una nave. La prua è quella di una nave vera vista attraverso l’occhio della sua web cam. Le immagini riprese in real time erano sono state distribuite dagli Studio ++ su Internet dal 2012, e trasformate in una «installazione web». Da qui inizia un viaggio tra immaginazione e realtà, dove la dislocazione spazio-temporale diventa tangibile. Su Arshake si sale a bordo per proseguire il viaggio, per esplorare diverse sfaccettature del termine polisemantico «navigare» (anche attraverso una serie di interventi scritti) o per abbandonarci semplicemente alla navigazione. Il testo critico di Antonello Tolve è il primo intervento sul tema del navigare, ci incammina nel viaggio ma ci introduce anche al lavoro degli Studio ++. Buona lettura e buona navigazione.
Il viaggio infinito dell’eterotopia (di Antonello Tolve)
«Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi». James JoyceNon c’è persona al mondo che non senta il bisogno di scontornare i propri confini e di spingersi – a volte anche soltanto con la fantasia – verso terre ignote, verso continenti lontani, verso sentieri «dove la felicità è sposata al silenzio». Del resto il fascino di un viaggio è rappresentato dalla «nostalgia di un paese mai visto», dalla curiosità, dal piacere che si nutre nell’attesa di giungere ad una destinazione, dall’intento di esplorare (di cercare) un vero paese «dove è dolce respirare la vita»[1].
A questa atmosfera, a questo diario interiore che conserva l’ombra infinita della realtà, a questo sogno in cui confluiscono aspettative, emozioni o desideri di desiderare le cose desiderate (Lacan), Studio + +, collettivo formato da Fabio Ciaravella (1982), Umberto Daina (1979) e Vincenzo Fiore (1981), ha dedicato, di recente, un progetto che, senza preamboli, prende a bordo lo spettatore interattivo per condurlo, attraverso un viaggio appunto, sulla rotta d’una memoria sperimentata con l’immaginario con lo scopo di raggiungere quella che George Gurvitch chiama libertà prometeica[2]: un procedimento attraverso il quale «l’arte cerca una propria compiutezza ed una espansione della viva esperienza reale»[3].
Navigare (2012) è un’installazione web – video live in streaming che invita il pubblico a salpare in un mare immaginifico, alla ricerca di qualcosa (di qualcuno) da ricordare e dimenticare a memoria, da ripensare e ricucire con con l’ago della speranza e con il filo d’aria della saudade, di quel sentimento che Dante definisce essere disio. Nostalgia del futuro, più precisamente.
Legata ad una poetica installazione site specific, Come un quadrato nel mare (2014), presentata nel Project wall della Galleria Francesco Pantaleone (Palermo), installazione che richiama alla memoria – mi pare – alcuni espedienti poetici messi in campo da Pino Pascali, e al lavoro di realtà aumentata, Il mare non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare (2012), realizzato per il Museo RISO di Palermo e praticabile mediante una App specifica (Il mare non ha paese…), Navigare rappresenta il tracciato di un percorso, il bisogno di trasformare lo scorrere dell’esistenza, l’anticamera timida di una scoperta personale, intima, privata.
«Navigare», suggeriscono gli artisti in un breve ma significativo testo che accompagna il lavoro, «é una ripresa in diretta della prua di una nave da crociera intercontinentale. Il filmato viene catturato da una web-cam installata sulla nave per poi essere condiviso su internet. La nostra operazione é di decontestualizzare il filmato dal luogo (virtuale) per il quale nasce e renderlo il racconto di un viaggio. In questo modo il racconto diventa a sua volta una metafora sul modo di percepire e conoscere il mondo nel nostro tempo. «Navigare» é una parola, ma é anche un’idea antica, originaria, che l’avvento di internet ha permesso di declinare in maniera contemporanea e che per questo oggi é ancora in grado di evocare i percorsi verso la conoscenza. Nel racconto del viaggio si esplicita la «mediatezza» della contemporaneità, dove la verità e le convinzioni rimangono in bilico tra i filtri culturali e le potenzialità tecnologiche a nostra disposizione […].[4]».
La prua di una nave (di un tappeto vagante, di una illusione che denuncia tutto il resto della realtà come illusione) è, allora, l’ambiente nel quale viene introdotto lo spettatore per intraprendere un viaggio, per avviare un discorso in un giardino assolutamente altro, in un luogo assolutamente differente, in un controspazio, in una eterotopia, in un parco che nasce – lo ha avvertito Michel Foucault – «nella testa degli uomini o, a dire il vero, negli interstizi delle loro parole, nello spessore dei loro racconti, o anche nel luogo senza luogo dei loro sogni, nel vuoto dei loro cuori […]»[5].
Accanto a quello che gli artisti descrivono come il «fascino senza tempo della navigazione», ovvero l’eterocronia meravigliosa dello spostamento, lo spazio liscio del cabotaggio in un territorio senza territorio che vive per se stesso («la nave è l’eterotopia per eccellenza»)[6], Navigare si pone, infatti, come allegoria silenziosa di un mondo, quello d’oggi, che, se da una parte ha trasformato il possesso in accesso[7] e ha bruciato – cancellato, accorciato, accartocciato – le soglie temporospaziali, dall’altra ha prodotto un dispositivo evolutivo (e in alcuni casi anche involutivo, come ho più volte precisato)[8] oltre il quale vige la solitudine, il buio della mente, la distorsione della verità oggettiva, la consapevolezza della metamorfosi costante, l’instabilità esistenziale del presente. «In quella prua che ci porta a vedere il mondo», Studio + + viaggia dunque (e con lui il pubblico che decide di prendere parte alla Erzählsituationen) nella storia quotidiana per insediarsi con prepotenza estetica nel mondo, in un luogo («orizzonte di tutti gli orizzonti» secondo Mikel Dufrenne) che «garantisce ai nostri occhi la realtà di ogni cosa che vi si iscriva»[9]. In un mondo, rappresentato ed espresso, dove l’esperienza dell’autore (del creatore) si pone da un’altezza nuova (Zanzotto) e l’opera si mostra – tutte le opere di Studio + + hanno, del resto, questo elegante orientamento lirico – come una pratica riflessiva, come una teoria della comprensione, come una scommessa sui futuri aspetti dell’esistenza umana.
Antonello Tolve, Istanbul, 31 dicembre 2014
[1] Ch. Baudelaire, L’invitation au voyage, in «Le Présent», 24 agosto 1857; trad. it., Id., Opere, a cura di G. Raboni e G. Montesano, con una Introduzione di G. Macchia, Mondadori, Milano 1996, p. 411.
[2] Per tali questioni si veda G. Gurvitch, a cura di, Traile de Sociologie, Tome I, P.U.F., Paris 1958. Si veda, in particolare, il capitolo Sociologie en profondeur, pp. 157-254.
[3] J. Duvignaud, Sociologia dell’arte, cit., p. 132.
[4] Studio + +, Navigare (portfolio degli artisti), s.p., in «studioplusplus», scaricato il 30/12/2014, ore 12:11.
[5] M. Foucault, Les hétérotopies / Les corps utopique, Institut National de l’audiovisual, Paris 2004 (la pubblicazione è la riscrittura di due conferenze radiofoniche tenute da Foucault per France Culture il 7 e il 21 dicembre 1966); trad. it., Utopie Eterotopie, Cronopio, Napoli 2006, p. 11.
[6] M. Foucault, Les hétérotopies / Les corps utopique, cit., p. 28.
[7] J. Rifkin, he Age Of Access:The New Culture of Hypercapitalism, Where All of Life Is a Paid-For Experience, J.P. Tarcher/Putnam, New York 2000; trad. it., L’era dell‘accesso. La rivoluzione della new economy, Mondadori, Milano 2001.
[8] Per tali questioni si veda almeno A. Tolve, Ubiquità. Arte e critica d’arte nell’epoca del policentrismo planetario, Quodlibet, Macerata-Roma 2013.
[9] M. Dufrenne, Phénoménologie de l’expérience esthétique, voll. 2, P.U.F., Paris 1953; trad. it., Fenomenologia dell’esperienza estetica, vol. I – L’oggetto estetico, Lerici, Roma 1969, p. 221.