Oggi, l’ultimo dei tre appuntamenti dell’intervista sperimentale di Valeriana Berchicci a CRiB, un dialogo teatrale che ripercorre lo spettacolo e Manifesto U* di CRiB andato in scena a Roma il 10, 11 e 12 gennaio, 2019. L’intervista è stata concepita in 5 paragrafi e pubblicata su Arshake in’tre atti’:
Atto I, Arshake, 06.03.2019, Atto II, Arshake, 06.03.2019
Protagonisti:
Carolina Ciuti: co-autrice e direttrice artistica di U*
Beatrice Fedi: co-autrice e attrice di U*
Roberto Di Maio: co-autore e regista di U*
Valeriana Berchicci: intervistatrice e spettatrice di U*
…Paragrafo quattro: Lo spazio scenico e il corpo.
[VALERIANA] In questo passaggio, avvicinandoci alla fine del discorso, vorrei dedicarmi a descrivere l’aspetto visivo e le tecniche dello spettacolo nella sua messa in scena.
Le immagini selezionate di cui potete godere in questo articolo segnano, in qualche modo, dei passaggi importanti dello svolgimento dello spettacolo.
Lo spazio scenico si presenta asettico, completamente bianco. Man mano si aggiungono proiezioni d’immagine e illuminotecnica di carattere pop. Nelle immagini selezionate potete osservare che nello spazio è presente un microfono e un tavolo su cui pian piano vengono poggiati degli oggetti e delle foto istantanee.
L’attrice si veste e si sveste rappresentando diverse forme, è un orsacchiotto, è Beatrice Fedi, è un manichino bianco, o si denuda completamente mostrando il suo sesso.
Una delle immagini vi sembrerà familiare: si tratta di una delle macchie di Rorschach e subentra in una delle fasi in cui l’attrice richiede la partecipazione del pubblico, invitando lo spettatore a esprimersi su cosa ci vede. Gli interventi in occasione di quella serata sono stati molti e di diverso genere.
In ben due immagini, richieste da me personalmente, potete osservare che l’ambiente diviene di un blu intenso e il volto dell’attrice è all’interno di uno schermo. Questo è quello di cui parlavo nel paragrafo due, in cui si crea la simulazione di una chiamata su Skype. In particolare, mi accorgo che l’attenzione dello spettatore è rivolta sullo schermo, si osserva la scena con gli occhi di U* mentre la sua amica che si trova in un mondo inventato, sta raccontando quello che accade nella sua vita. Avviene in questo momento un ribaltamento molto potente dei ruoli, ma la cosa più interessante è che l’attrice non esce di scena, è semplicemente in un angolo vicino il tavolo, con il viso vicino alla superficie. Attraverso una piccola telecamera e un microfono e una connessione tra dispositivi elettronici, il regista riesce a farci fare questa esperienza di ribaltamento di ruolo.
Nell’immagine in cui sono proiettate delle parole, padroneggia il corpo e la gestualità dell’attrice, che vestita solo di un impermeabile trasparente, compie a ritmo delle parole proiettata, che vengo diffuse negli altoparlanti di scena, dei movimenti dinamici e robotici.
VALERIANA: Chi sono i destinatari del progetto? E inoltre, come la modalità interattiva del pubblico contribuisce allo spettacolo?
CAROLINA: Questo progetto è rivolto a tutti coloro che abbiano voglia di interrogare, assieme a noi, il valore delle categorie, il significato ‘definente’ delle parole; è rivolto a coloro che vogliano percorrere a ritroso la storia della sessualità per immaginarne una nuova, a coloro che siano aperti alla sorpresa e disposti al gioco.
Durante lo spettacolo, il pubblico in sala è chiamato a intervenire a più riprese, creando un meccanismo di apertura che rispecchia moltissimo il nostro processo creativo: nella fase di ricerca preliminare alla scrittura e alla realizzazione della messa in scena, ci siamo infatti resi conti della necessità di aprirci alle opinioni e ai racconti degli altri come materiale vivo per lo spettacolo, con l’obiettivo di evitare conclusioni supponenti e risposte unilaterali. Per questa ragione, questo progetto è rivolto a tutti coloro che ci hanno permesso di farci delle domande, che hanno stimolato la nostra curiosità permettendoci di imparare.
Ci rivolgiamo inoltre a tutti coloro che abbiano voglia di lasciarsi trascinare da linguaggi diversi in contesti tradizionali, o da linguaggi tradizionali in contesti inaspettati.
Infine U* è un regalo che ci siamo fatti, è il privilegio di aver studiato a fondo e senza obblighi da rispettare una tematica a noi cara, creando collettivamente (dentro e fuori il collettivo), con tutte le sfide e le conquiste che questo comporta.
Paragrafo cinque: Cis-ei? Cis-iete? cis-tate? Cis-cappa? Cis-alpino? Cis-gender.
“Crediamo sia importante che la comunità transgender possa trovare dei modi per autodefinirsi” – commenta Bernard Reed, dell’associazione inglese Gires al quotidiano inglese The Independent – Ma qui il dato interessante è che si sia scelto di definire anche le persone che non rientrano nella loro categoria come ‘cisgender’, un termine che gli stessi cisgender non hanno deciso per loro stessi. E’ importante proprio nell’ottica di un’alleanza: le persone transgender hanno bisogno del sostegno dei cisgender per poter affermare le proprie rivendicazioni di rispetto e uguaglianza».
Alla fine degli anni ’90 del Novecento, secondo il Dizionario di Oxford, comincia a diffondersi il termine Cisgender, il riconoscimento nella lingua ufficiale vuole dimostrare una maggiore consapevolezza sociale su questi temi e aumenta l’interesse verso la diversità di genere.
L’inserimento del termine cisgender, dapprima nel mondo anglosassone, contribuisce a cambiare la prospettiva culturale, di percezione del transgender. Classificando anche chi è “cisgender”, infatti, non si parlerebbe più di “diversità”, i transgender, perché contrapposti alla generalità delle persone “normali” e pertanto la privazione di un termine di riferimento istituisce le due categorie perfettamente alla pari.
I due termini, cisgender e transgender, nascono da due prefissi latini “cis” e trans”, che rispettivamente significano “al di qua” e “al di là”. Li ritroviamo, come spiega lo stesso Dizionario di Oxford, ad esempio in geografia: cisalpino e transalpino, a indicare se una località si trovi al di qua o al di là delle Alpi rispetto a un determinato osservatore. Chi s’identifica perfettamente con il genere e il sesso registrato sui documenti attribuito alla nascita, quindi è “al di qua”, è cisgender, mentre chi invece sente di non appartenervi, e probabilmente sceglierà di iniziare un percorso di transizione verso il genere in cui si riconosce è transgender.
VALERIANA: Come siete riusciti a realizzare il progetto? Soprattutto, come siete stati in grado di gestire i costi?
BEATRICE: Tutto è partito dalla vittoria del bando “Movin’Up 2018” sostenuto dal Mibact e dal GAI. Quel piccolo grande premio in denaro ci ha permesso di avviare la produzione volando in Spagna, precisamente a Sabadell, vicino Barcellona, lavorando in residenza in un spazio magico: “L’Estruch”, con il sostegno della casa di produzione Elclimamola. Nei mesi successivi, quando i soldi del bando sono terminati, abbiamo iniziato ad investirci personalmente e continuiamo a farlo, con convinzione. Quando credi in un gruppo o in un progetto, spendi tutto quello che puoi…dai soldi, al tempo, alle energie.
Abbiamo incontrato durante il nostro cammino altri spazi romani che ci hanno sostenuto. Prima il Nuovo Cinema Palazzo che ci ha accolto per due settimane facendoci respirare un’aria di totale libertà e creatività. Dopo ci sono state aperte le porte di Carrozzerie N.O.T. diversi giorni prima della messa in scena. Questo perché Maura Teofili e Francesco Montagna, in quanto operatori di grande sensibilità e attenzione, hanno capito la nostra necessità di vivere lo spazio per poter trovare il miglior adattamento scenico.
Inoltre hanno giocato un ruolo fondamentale i collaboratori che hanno scelto di “accompagnare” il nostro U* a titolo gratuito. Partendo dalle stupende musiche di Claudio Cotugno che rendono la visione dello spettacolo un’esperienza immersiva e avvolgente. Il supporto instancabile di Giuseppe Innocente che ha attivamente partecipato all’ideazione e al miglioramento di diverse scene. La creatività di Ilaria Restivo che è riuscita a tradurre tutte le sfumature di U* in una locandina poeticamente disorientante. E l’immenso sostegno di Paride Donatelli, un vero mago della “tecnica”, un artista della luce. In lui le nostre idee trovavano vita e si materializzavano con una semplicità disarmante.
Tradurre in denaro queste collaborazioni è impossibile, anche se non vediamo l’ora di essere messi nella situazione di farlo. U* è anche loro.
A conclusione dello spettacolo, CRiB, attraverso un oggetto cartaceo, pone allo spettatore dei quesiti che costituiscono un leit-motiv: Cosa lasci qui? Cosa porti con te?
VALERIANA:
Cosa lasci qui?
L’ignoranza
Cosa porti con te?
Una nuova conoscenza
CAROLINA:
Cosa lasci qui?
Il giudizio
Cosa porti con te?
Il magenta
ROBERTO:
Cosa lasci qui?
Lascio andare
Cosa porti con te?
Porto tutto
BEATRICE :
Cosa lasci qui?
L’ insicurezza per un corpo “speciale” e un sorriso.
Cosa porti con te?
Gli occhi curiosi degli spettatori.
Riferimenti bibliografici
Ammaniti M. V. Gallese, La nascita dell’intersoggettività. Lo sviluppo del sé tra psicodinamica e neurobiologia, Raffaello Cortina, 2014.
Aristotele, Poetica, a cura di D. Guastini, Carocci, Roma 2010.
H.G. Gadamer, Verità e metodo, Bompiani, Milano 2000.
F. Kermode, Il senso della fine, Sansoni, Milano 2004.
P.Montani. L’ immaginazione intermediale. Perlustrare, rifigurare, testimoniare il mondo visibile. Laterza, 2010.
P.Montani. Tecnologie della sensibilità. Estetica e immaginazione interattiva EditoreCortina Raffaello, 2014.
Ricoeur, Tempo e racconto, 3 voll., Jaca Book, Milano 1985-1987.
L.S. Vygotskij, Psicologia dell’arte, Editori Riuniti, Roma 1975.
Questo è l’ultimo appuntamento dell’intervista sperimentale di Valeriana Berchicci a CRiB. Potete visitare qui la prima parte e qui la seconda parte.
immagini: (cover 1) U* Teatro Sociale Gualtieri_Direction Under 30, Foto di Riccardo Paterlini ©2018 (2-3) U* Carrozzerie n.o.t., Gennaio 2019. Foto di CRiB ©2019 (3) U*, Teatro Cavallerizza, Festival Aperto, Ottobre 2018. Foto di Alfredo Anceschi ©2018 (4) Locandina di U* a cura di Ilaria Restivo