Vegetation as a political agent è il titolo di una mostra collettiva al PAV di Torino. L’esposizione, curata da Marco Scotini e nata nell’ambito del programma artistico 2014 Commons Art con il sostegno della Compagnia di San Paolo, si propone di affiancare al recente fenomeno di ritorno di interesse nei confronti del mondo vegetale e del biologico, una riflessione critica rispetto allo sfruttamento delle risorse naturali proprio della civilizzazione e della colonizzazione da parte dell’uomo.
Il percorso espositivo si articola dunque attorno ad un doppio punto di vista, il primo storico – una riflessione sul crescente valore dei prodotti vegetali nei secoli, sottolineato ad esempio dalle accese lotte tra potenze e colonie per il controllo di colture e spezie – ed il secondo rivolto al nostro presente, ovvero un’analisi dei progetti incrociati di ecoattivisti e di designer, architetti ed artisti, la cui attenzione è sempre più incentrata sulla salvaguardia del «verde». Il risultato finale è una mostra che racchiude le opere di tredici artisti internazionali introdotte da testimonianze storiche da tutto il mondo, illustrazioni e campioni vegetali, estratti di testi e manifesti.
Si ha quindi la possibilità di scoprire e approfondire come i rapporti tra agricoltura e movimenti popolari hanno portato la Guinea-Bissau e le isole di Capo Verde allʼindipendenza dal Portogallo; si possono ammirare i murales di Emory Douglas, uno tra gli esponenti del Black Power movement americano a difesa del proletariato rurale; siamo invitati a riflettere sul modello di riciclaggio dei rifiuti proposto da George Chan, al centro della ricerca di Fernando García-Dory, per arrivare all’approfondimento della Rivoluzione verde, incentrata sul rifiuto degli OGM nelle coltivazioni e supportata da Piero Gilardi mediante la produzione di maschere e costumi da indossare nelle manifestazioni di denuncia (O.G.M. Free, 2014). Vegetation as a political agent è anche teatro di ricerche e sperimentazioni di artisti come Ayreen Anastas & Rene Gabri, che investono e promuovono l’utilizzo di semi biologici per il ri-equilibrio del suolo, e Marjetica Potrč che, impegnata in progetti comunitari, ha creato un orto auto-organizzato allʼUbuntu Park di Soweto, in Sudafrica (2014).
Inoltre, nella corte del PAV troneggiano due installazioni ambientali site-specific, la prima – Salle Verte – del gruppo RozO, è uno spazio vegetale in bambù e foglie di palma, all’interno del quale trovano spazio una serie di documentazioni video sulle resistenze e la guerriglia delle ex-colonie francesi del Vietnam, dell’Algeria e delle Isole della Réunion. All’uscita, lo spettatore si ritrova in uno spazio lavorato dal collettivo americano Critical Art Ensemble con il metodo roundup ready, un procedimento chimico di diserbo invasivo che nel tempo ha mostrato di distruggere la biodiversità, da cui la riflessione sulla manipolazione della terra e il titolo dell’opera, Sterile field.
In conclusione, la mostra ha uno spiccato intento didattico, reso manifesto dall’accurata ricostruzione storica che ripercorre lo sfruttamento delle risorse naturali nel mondo, fino alla nascita di una coscienza ecologica legata all’avventura coloniale. L’idea di ricostruire, non solo in senso letterale, un rapporto con la terra, è la linfa che permea il percorso espositivo, invitando lo spettatore ad avere un approccio consapevole e costruttivo. Come dice il curatore Scotini «Il verde oggi non è qualcosa da proteggere semplicemente, ma da reinventare».Vegetation as a Political Agent, a cura diMarco Scotini, PAV, Torino, fino all’ 11 gennao, 2015