Oggi si parla molto di ibridazione di linguaggi, contaminazione, interdisciplinarietà, multidisciplinarietà. E’ proprio il progresso delle tecniche di riproduzione (stampa, fotografia, video) che ha portato l’arte ad allontanarsi dalla rappresentazione e ad avvicinarsi alla vita stessa, fino ad intervenire nei processi biologici come forma di espressione artistica.
La mostra AILANTO. Padiglione Tineo, analizza un processo inverso, altrettanto radicale, quello della viralità, ovvero di qualcosa che si espande in maniera naturale e incontrollata, e che dalle piante, ad alcune malattie, ad alcune forme artistiche, come appunto il writing qui in oggetto, segue un ritmo e una modalità di crescita molto simile.
Più precisamente l’esposizione – leggiamo nel comunicato – ruota intorno a una metafora poetica che ha una ricaduta in ambito critico: il parallelismo tra una pianta invasiva non autoctona, l’ailanto, e alcuni linguaggi artistici che si sono diffusi a partire dagli anni Ottanta a oggi. Il nome stesso della pianta è di per sé affascinante e si ammanta di connotati magici, taumaturgici e spirituali: in latino è definita Ailanthus altissima, mentre in italiano viene chiamata anche albero del cielo o albero del paradiso. Originaria della Cina, questa specie si è poi diffusa ovunque, principalmente negli Stati Uniti. In Europa è stata introdotta nel XVIII secolo come pianta da giardino, ma ha poi «viaggiato» ovunque: dall’Inghilterra al Mediterraneo. In Italia la sua presenza è aumentata esponenzialmente negli ultimi tre decenni (circa la stessa tempistica di diffusione del writing dagli Stati Uniti ad altri paesi in tutto il mondo) a causa del progressivo abbandono delle aree urbane e suburbane. In alcune caratteristiche dell’Ailanthus, infatti, è possibile scorgere dei legami profondi con il modo germinativo di intendere l’arte per Cuoghi Corsello, che vivono in fabbriche occupate dal 1994 al 2005, oltre a una condivisione suggestiva di habitat connessa ai luoghi in disuso e allo stesso spazio scenico del writing: treni, binari, stazioni, stabilimenti abbandonati, muri di periferia. «L’ailanto è simbolo di una diversità artistica che si pone come alternativa all’arte ‘ufficiale’, propensa quindi ad «ailantizzarsi», a innestarsi e diffondersi rapidamente negli ambienti più disparati e a differenti latitudini, come il writing e altri fenomeni artistici che nascono per necessità impellente da semi spontanei» (Fulvio Chimento).
Ailanto è stata ospitata a febbraio del 2016 dalla Biblioteca d’Arte Luigi Poletti di Modena e trova ora un approdo naturale nel Padiglione Tineo a Palermo, luogo che esalta il modus operandi degli artisti coinvolti. Ailanto (Padiglione Tineo), infatti, è una mostra calibrata appositamente per questo spazio, gli artisti, infatti, hanno chiesto di poter usare materiali di recupero provenienti dall’Orto Botanico per arricchire ulteriormente l’esposizione. Il Padiglione è immaginato come opera unitaria, una «serra a cielo aperto», luogo in cui si manifesta un’esperienza non replicabile: una mostra che «respira». Gli artisti giocano in modo disinvolto anche con i vuoti dello spazio espositivo e con alcune polarità linguistiche: l’astrazione e la figurazione, la scultura e l’installazione, il maschile e il femminile, la catalogazione e l’improvvisazione, il segno di una matita e lo spruzzo di una bomboletta spray. L’arte viene intesa in modo totalizzante, come prossima alla trasformazione, all’abbandono e alla rinascita dopo un azzeramento. Nelle teche del padiglione sono presenti anche diverse pubblicazioni scientifiche con disegni e illustrazioni dedicati nello specifico alle piante invasive ed erbari provenienti dalle raccolte delle collezioni dell’Herbarium Mediterraneum e dalla Biblioteca di Botanica dell’Università di Palermo e tavole entomologiche messe a disposizione dal Museo Zoologico “P. Doderlein”. Tutto questo prezioso materiale dialoga con i dipinti a olio, le fotografie, i taccuini e i bozzetti su carta realizzati dagli artisti.
Con Ailanto la collaborazione artistica tra Cuoghi Corsello e Dado si arricchisce di nuovi capitoli, dal momento del loro primo incontro a oggi sono passati più di vent’anni, arco di tempo in cui Dado è diventato uno dei maggiori interpreti del writing, oltre a confermarsi uno dei massimi conoscitori in Italia della teoria artistica legata a questa disciplina. A Palermo ne dà prova, oltre che con i suoi mirabilanti bozzetti su carta, anche con le differenti stesure che compongono il suo trattato dal titolo Lo stile secondo Dado, una pubblicazione unica nel suo genere e di prossima pubblicazione per il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Trento.
AILANTO. Padiglione Tineo, Mostra di Cuoghi Corsello e Dado, a cura di Fulvio Chimento, ORTO BOTANICO DI PALERMO, 14.10 – 04.11.2016
immagini (cover 1) Cuoghi Corsello, Bologna Degrado, Cuoghi Corsello, 2016. Pittura ad olio su cartoncino. cm.20,5×29,7. (2) Uno dei bozzetti di Dado in mostra per Ailanto all’Orto Botanico di Palermo, 2016 (3) Cuoghi Corsello, I Tre Regni, Mobile N. 16, 2008 “I Tre Regni, Mobile N.16”, 2008. Creta, rami secchi, tavolo, sassi. cm. 182x110x140 (installazione con tavolo). (4) Cuoghi Corsello, Olandesina, 2013. Pittura ad olio su cartoncino. cm. 20,5×29,7.