Le teorie avanguardistiche di primo Novecento, e in particolar modo il Suprematismo e il Costruttivismo russo, hanno introdotto nuovi approcci alle pratiche artistiche formulando teorie che esulano dalla rappresentazione e dalla realtà stessa per favorire il contenuto puro. Importate in Europa da Lásló Moholy-Nagy, attraverso la Bauhaus nei primi anni Venti, queste ideologie hanno continuato ad influenzare la ricerca di molti artisti del XX e del XXI secolo. Tra questi, e in un momento di molto successivo, anche gli artisti che hanno deciso di utilizzare internet come strumento di espressione artistica. Si tratta di creatività che ha preso forma in rete in un gesto unico e simultaneo di creazione e di fruizione, tutto dentro le pareti liquide del network e per questo riconosciuta nel, seppur discusso, termine di ‘net art’.Tra i suoi antecedenti, ormai consolidati da una letteratura piuttosto ricca – Lettrismo degli anni Quaranta, il Situazionismo degli anni Cinquanta, l’Arte Concettuale e il movimento Fluxus degli anni Sessanta – ben precisi sono i legami con arte cinetica e op (o arte programmata).
Internet deriva il suo funzionamento e la visualizzazione dei suoi contenuti dal codice binario. L’ utilizzo di funzioni matematiche e la loro applicazione per fini creativi è la stesso in cui ritrovare lo spirito dell’Arte Programmata, dove le opere estetiche sono ottenute da formulazioni scientifiche.
Alcuni artisti net hanno portato il software in primo piano, tanto che spesso si parla di Software Art. Sono questi i casi in cui l’affinità con la Op Art si fa più esplicita. Il software è infatti un insieme di istruzioni formali o di algoritmi. La Software Art porta in primo piano questo set di istruzioni. La descrizione scritta dell’opera (ovvero gli algoritmi che permettono la sua realizzazione) diventa l’opera stessa. Il soggetto è quindi il “processo” di creazione.
Screen Saver, per esempio, realizzato dagli artisti russi Eldar Karhalev e Ivan Khimin nel 2000, consiste in un semplicissimo elenco di istruzioni che permette di configurare uno screensaver (salva schermo), utilizzando un codice che ogni computer possiede all’interno della sua configurazione base. Se ognuno di noi seguisse attentamente le istruzioni dei due artisti, otterrebbe, in pochi minuti, un’immagine composta da un grande quadrato che si muove da una parte all’altra dello schermo cambiando leggermente di colore nel movimento. Il lavoro era pensato per i vecchi PC e oggi è forse difficile poterlo mettere in pratica. Rievocarlo, è proprio un modo per proseguirne il suo ricordo, in un atto ormai documentativo. Questo lavoro sembra evocare le performance degli anni Dieci del dadaista Tristan Tzara che elargiva istruzioni su come comporre poesie mescolando le parole di un articolo di quotidiano, o le istruzioni telefoniche di Moholy –Nagy degli anni Venti, o più tardi, le istruzioni di Composition 1961 n-1, January del compositore Fluxus La Mounte Young (“disegna una linea e poi seguila”).
Opere net e op quindi sono entrambe opere “programmate”. Entrambe trovano valore e sostanza nella fruizione dei visitatori. Nel caso delle opere op questa partecipazione si limita al gesto della percezione; nel caso delle opere net l’intervento dell’utente è più incisivo nel risultato delle opere, che sono in continuo divenire.
Alcuni artisti op – mi riferisco in particolare a coloro che si sono ritrovati attorno al gruppo parigino GRAV (Groupe de Recherche d’Art Visual) – hanno trovato il senso della loro ricerca nella creazione di lavori moltiplicabili e facilmente fruibili contestando la produzione di opere d’elite e la dipendenza febbrile dalle leggi del mercato. E’ questa un’altra importante motivazione che lega i due generi artistici. E’ stata infatti la volontà a di superare le gerarchie istituzionali a spingere alcuni artisti ad utilizzare Internet, uno spazio fruibile da chiunque abbia accesso al network (che poi le cose siano cambiate nel momento in cui la Net Art è entrata nel mercato artistico, questo è un altro discorso).
1 (cover) Jesús Raphael Soto, Gran muro panoramico vibrante, 1966, 252 x 1370 x 53cm, inv-1. 5262 wood, metal, serigrafia su carta adesiva, courtesy Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma
2 Casey Reas e Group C, RPM, 2001, photo via
3 Gianni Colombo, Strutturazione Pulsante, 1963, polistirolo espanso espanso in blocchetti dipinti con idropittura bianca, animazione elettromagnetica, courtesy Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma