Cibi di tutti i tipi, distintivi delle più varie classi sociali e religioni, sono i protagonisti di gran parte dell’iconografia artistica: dai mosaici medievali, agli olii su tela rinascimentali e moderni, alle installazioni e performance nate dalle avanguardie dei primi del Novecento. Nel 1932 gli artisti Marinetti e Fillia firmano il “Manifesto del Cibo Futurista”, un attacco durissimo contro la tradizione degli spaghetti, “alimento che si ingozza e non si mastica”, e un divertente ricettario per pranzi futuristi che annovera piatti “… la cui armonia originale di forma e colore nutra gli occhi ed ecciti la fantasia prima di tentare le labbra”(pubblicato nella “Gazzetta del Popolo” di Torino, il 28 Dicembre 1930).
Da allora il cibo è entrato nell’arte in maniera ancora più pervasiva: dalle uova di Piero Manzoni, che le offre come cibo al pubblico dopo averle firmate con l’impronta delle sue dita, ai cibi “congelati” nelle sculture di Oldenburg, alla gruviera trasformata in pianoforte nell’opera di Daniel Spoerri, alla trasformazione del rapporto che lega l’uomo al mangiare dei diari di Vanessa Beecroft (dove si elencano i cibi ingeriti quotidianamente), e degli spazi adibiti a cucina nei musei di tutto il mondo dall’artista argentino Rirkrit Tiravanija.
Anche quando lo strumento di produzione e il luogo di fruizione si ritrovano in Internet, come accade in quelle forme di espressione artistica da qualche tempo – e indicativamente – definite come net.art, alcuni lavori si ispirano al tema del cibo, sebbene geograficamente lontani dal gusto, dall’olfatto, dal tasto del mondo fisico, sempre che questi sia ancora da chiamarsi il mondo reale.
L’ormai popolare McDonald’s Video-game (2006) del collettivo italiano Molleindustria, è un gioco “politicamente scorretto” che denuncia l’impatto negativo del funzionamento dell’omonima catena alimentare. Per vincere nel gioco bisogna far fruttare l’azienda a qualsiasi costo: disboscare chilometri e chilometri di foreste per adibire il terreno a pascolo, nutrire il bestiame con sostanze transgenetiche, licenziare il personale là dove necessario e impegnarsi in efficienti campagne pubblicitarie, il tutto tenendo conto anche delle esigenze di clienti che possono unirsi per protestare contro le lunghe code se non si è assunto personale sufficiente alle casse, o manifestare contro l’avvelenamento del cibo. Vincere al video-game vuol dire creare danni ecologici enormi. Il gioco, oramai parte dell’immaginario collettivo, si rivela strumento efficiente; la partecipazione dell’utente fa sì che il messaggio sia assimilato in maniera attiva e il gioco si trasforma così in manifesto politico.
L’impatto della transgenetica in campo alimentare è al centro di numerosi dibattiti negli ultimi anni. Bio Tech Kitchen, lavoro dei due artisti austriaci Josephine Starrs e Leon Cmielwski, prende spunto proprio da questo. Se “Molleindustria” scrive un gioco ex novo, il duo austriaco sceglie di manipolarne uno già esistente e molto popolare sul mercato, Marathon Infinity. Il giocooriginale, dove una nave spaziale deve battersi in violente battaglie contro gli alieni, si trasforma in una spiritosa guerra contro cibi geneticamente modificati. Di Marathon Infinity rimangono solamente la struttura, il suono e alcuni elementi grafici. Una cucina adibita a laboratorio per esperimenti transgenetici sostituisce l’ambientazione avveniristica della versione originale. I cibi modificati si sono coalizzati per prendere il sopravvento sulla catena alimentare. Bisogna assolutamente sconfiggerli. Stracci e utensili da cucina sono le armi messe a disposizione per abbattere il nemico.
F.R.U.I.T. è un vero e proprio progetto di attivismo in rete, opera del collettivo “Free Soil” (Amy Franceschini, Myriel Milicevic, Nis Rømer), da tempo impegnato nella formazione di comunità on-line per fini ambientalisti. L’impegno sociale è molto preciso: lo scopo è quello di incoraggiare lo sviluppo di aree coltivabili all’interno dei centri urbani e di migliorare la conoscenza dei consumatori nel campo dei prodotti agricoli. F.R.U.I.T. insegna tutto quello che riguarda la vita di ogni prodotto, dalla sua produzione, ai costi di trasporto dai centri rurali alle città, alla sua utilizzazione.
Four Short Interactive Pieces about Vegetables and Sounds (“Quattro brevi pezzi interattivi di verdure e suoni” ) del duo “Tree – Axis”, utilizza il cibo come punto di partenza per rivelare le incredibili potenzialità del mondo virtuale: la verdura che nel mondo reale stimola gusto, olfatto e tatto, nel cyber spazio può invece stimolare l’udito. Così suoni simili a quelli delle corde di un violino si sprigionano dal sedanoenote new agedalla buccia di pomodoro, tutto attraverso l’interazione dell’utente.
Se è vero che le tecnologie si sono appropriate della nostra vita e dei nostri sensi, Kelly Dobson (2003-2004) lo illustra in maniera ironica e divertente con il suo Blendie. Questa volta protagonista è un utensile da cucina: un frullatore. Artista e macchina dialogano tra loro in una video performance che indaga in chiave umoristica la relazione tra uomo e tecnologie: il frullatore centrifuga in risposta ai suoni umani che ne regolano l’intensità. Un software, invenzione dell’autore, fa sì che un frullatore anni Cinquanta risponda alla voce umana. Nel suo ruolo di interlocutore il frullatore a tratti sembra non obbedire più allo stimolo umano per rivelare una coscienza propria. Frutto di una lunga ricerca in design, ingegneria e psicoterapia, Blendie è parte del più ampio progetto “The Machine Therapy”: la costruzione di macchine “empatiche”, come nel caso di Blendie, apre a riflessioni sulla risposta sociale al dilagare dell’utilizzo delle tecnologie nell¹era post-industriale.uesti sono solo ‘assaggi’ rispetto alla numerosa e variegata produzione di lavori dove il cibo è eletto a protagonista nella descrizione del paesaggio post-informatico: cresciuta con i cibi trans genetici, come quelli denunciati da Bio-tech Kitchen; ignara dei danni causati dalle grandi aziende di cui è la prima finanziatrice, come mette in luce McDonald’s Video-game; succube delle nuove tecnologie, perfino di un utensile di cucina come il frullatore di Blendie; incapace di utilizzare i sensi, impigriti da cibi insapori perché geneticamente modificati. Il mondo virtuale, in cui ci si sta lentamente trasferendo, offre nuove possibilità e Four Short Interactive Pieces about Vegetables and Sounds ce ne illustra una: se non è più possibile assaporare il gusto vero della frutta e della verdura nel mondo, allora su Internet la possiamo ascoltare.
* Questo testo è riadattato da un testo scritto per la rassegna “Food in Bytes” realizzata a Berchidda nel 2006 nell’ambito del Time in Jazz Festival Images 1. Kelly Dobson, Blendie, 2003 – 2004 still form video 3′ 2.Cucina Futurista, cover of “La Cucina Futurista / Futuristic Cookery”, Sonzogno, Milan 1032 3. La Molleindustria McDonald’s Video Game, 2006 snap shot fron the online video-game