Ad una pratica intermediale e multimediale che si diffonde tra gli anni Sessanta e Settanta del XX secolo e ad una natura installativa che fa i conti con lo spazio espositivo (si pensi, ad esempio, alle straordinarie operazioni di Cildo Mairelles), l’arte accosta, infatti, anche la via dell’elettrologia per porre fiducia in un mondo ondiforme i cui discorsi, tra cose e non cose (Undinge), gonfiano le vele creative con i venti del nebuloso, dello spettrale, del gazeaux[1], per corteggiare le coste del meccanico, dell’elettronico, dell’informatico.
Accanto a un multiculturalismo linguistico che, nel secondo Novecento e nel primo decennio del XXI secolo, si fa ambito privilegiato per costruire un nuovo progetto e, forse, il nuovo destino dell’arte e della critica a lei dedicata – una critica che afferma la necessità di valutare l’arte secondo specifici principi che presiedono alla composizione dell’opera[2] –, il modello sempre più diffuso nel panorama artistico fa i conti con un ambiente dove i prodotti sono strettamente connessi ai processi e il possesso – è la nota analisi di Rifkin[3] – lascia posto all’accesso, alla manipolazione di dati. Munito oggi di un principio denominatore che sblocca, appunto, i condotti d’areazione creativa di ogni singolo linguaggio, l’artista contemporaneo assume un ormai consueto atteggiamento interdisciplinare e interdisciplinato, sposta reiteratamente i procedimenti da un piano strettamente materiale ad uno di ordine virtuale per fare i conti con una nuova scena alfanumerica che gli permette di costruire immagini avvalendosi di processi elettronici, di prefissi estetici che seguono le modalità secondo cui la tecnologia si evolve.
Dal video all’installazione interattiva, dalla web/art alla computer art, dalla scannografia alla manipolazione genetica – il caso più clamoroso è la nascita di Alba (2000), il famigerato coniglio di Eduardo Kac [4], nata in un laboratorio di genetica a Jouy-en-Josas (Francia) – dal bluetooth al costante remapping sensoriale nella realtà virtuale e nelle altre tecnologie ciberattive, per giungere via via all’utilizzo dell’open source e del social software, della videosorveglianza, del motion tracking e della robotica, l’artista contemporaneo mette in atto un piano di lavoro che volge lo sguardo verso nuovi modelli di esistenza, nuove forme di comunicazione (una comunicazione che si fa connessione planetaria), nuove formule morfologiche dell’immagine, nuovi archetipi dell’immaginario.
Manipolare informazioni, formulare interazioni, produrre osservatori privilegiati, riprodurre la realtà mediante azioni, dialoghi e cooperazioni estetiche, diventano gli strumenti – alcuni strumenti – di un quartier generale la cui chiamata alle arti ha in dote una miriade di conquiste elettroscientifiche utilizzate dall’artista per spingersi al di là dello stereotipo e della catalogazione. Come un abito di arlecchino che non ha scrupoli di utilizzare stoffe di diverso colore, l’opera mostra infatti una rattoppatura metodologica che investe e traveste la realtà di nuovi significati e di una grammatica culturale che non fa più i conti ideologicamente con la cultura di massa e i suoi consumi, ma promuove costantemente nuove esperienze che dall’individuale volgono lo sguardo verso il plurale.
[1] Cfr. Y. Michaud, L’Art à l’état gazeux. Essai sur le triomphe de l’esthétique, Stock, Paris 2003.
[2] Tale approccio è stato avanzato, in tempi non sospetti, da G. Della Volpe (Critica del gusto, Feltrinelli, Milano 1960), che propone in senso materialista una lettura legata non solo al contenuto dell’opera, ma anche allo studio delle tecniche, vagliabili queste sul piano del linguaggio.
[3] J. Rifkin, The Age Of Access: The New Culture of Hypercapitalism, Where All of Life Is a Paid-For Experience, Penguin Putnam, New York 2001; trad. it., L’era dell’accesso. La rivoluzione della new economy, Mondadori, Milano 2001.
[4] Notevoli, a tal proposito, i contributi di S. Britton, D. Collins, a cura di, The Eighth Day: The Transgenic Art of Eduardo Kac, The Institute for Studies in the Arts, Arizona State University, Tempe 2003 e il volume di M. Noury, L’art à l’ère des biotechnologies. La question du vivant dans l’art transgénique d’Eduardo Kac, Editions Le Manuscrit, Parigi 2007.
Il divenire dei new media #3 è il terzo di quattro appuntamenti, preceduti da
Il divenire del New Media # 1 e Il divenire del New Media # 2
Immagini (1) Cildo Meirelles, Obra Marulho, 1001-1997 (2) Eduardo Kac, GFP Bunny, 2000