Guardare al Giappone con gli occhi di un occidentale non può che essere un’esperienza ricca e sorprendente, meglio se mediata da un approccio interculturale. L’ ambivalenza della cultura nipponica, infatti, quella che nell’immaginario globale affianca geisha a microprocessori, è diventata emblema del mutamento storico di un Paese che, una volta in contatto con la cultura occidentale, ne ha accolto i fattori positivi di progresso, integrandoli nelle arti, nell’architettura, nella ricerca tecnologica, fino a diventare una potenza economica mondiale. Molte di queste dinamiche culturali sono trattate nel saggio di Marcello Ghilardi, L’epopea dei robot.
Quando si analizza la cultura iper-contemporanea di una nazione dalla storia millenaria, le contraddizioni sono immancabili. Artisti come Araki e Murakami, tra scabrosità in kimono e filosofia superflat, sono oggi i portavoce di queste contraddizioni. L’intera società nipponica è oggetto di profonde riflessioni artistiche, così come le incoerenze del progresso, le problematiche del capitalismo, il tributo che la modernizzazione richiede tanto a livello psicologico collettivo quanto di impatto ambientale.
Si prenda a paradigma il caso dell’epopea di robot e umanoidi negli anime e nei manga, comparsi per la prima volta nella TV italiana negli anni Settanta. La fantasia di intere generazioni è stata segnata da eroi indelebili nella memoria, aventi costumi, gestualità e armi ispirati a quelli dei samurai, le cui avventure sono contraddistinte dalla lotta in difesa dell’umanità e del suo ambiente naturale, ma anche votati alla ricerca del sé. Il Giappone dell’epoca percepì quindi se stesso e la sua società in maniera diversa, sentendo il peso del cambiamento e creando una nuova generazione di umani: gli adolescenti protagonisti di manga e anime, guerrieri umanoidi o robot prodigiosi, essi stessi alieni alla società in cui vivono.
Per leggere da occidentali le arti del manga e degli anime che trattano la dialettica tra naturale e artificiale è necessario introdurre il concetto di wabi-sabi. Si tratta di una poetica centrale in tutta la cultura giapponese – permeata tra l’altro da violenza, sesso, infantilismo, catastrofismo apocalittico, iper-modernismo, tradizione imperante e suoi condizionamenti – e rappresenta il sentimento di inquietudine e nello stesso tempo la bellezza presente nella decadenza, nella precarietà della vita: il fragile fiore di ciliegio disperso dal vento ne è l’immagine più nota e rappresentativa.
Gli anime giapponesi a sfondo fantascientifico lasciano ben trasparire questa filosofia, muovendo i loro personaggi in un contesto futuristico, utopico, contraddittorio e mutante. La società in evoluzione si proietta in avanti avvertendo l’effetto sconvolgente dei cambiamenti; allo stesso modo i robot e gli umanoidi conservano all’interno degli involucri meccanici la profondità dei sentimenti, il conflitto fra tecnologia e contemplazione, passato e futuro, concretizzando con immaginari fantastici la tensione drammatica tra corpo e spirito.
Le ansie di un intero popolo, storicamente traumatizzato da bombe atomiche e disastri naturali ma che deve necessariamente portarsi nel futuro, prendono quindi forma. Nel nuovo millennio anche le saghe robot cambiano e il sabi lascia sempre più il posto al cyber. Metaforicamente la cybercultura degli ultimi anime e manga, ben nota ai movimenti giovanili popolari, traduce il superamento dei limiti fisici attraverso il progresso, l’allargamento dei confini fisici e psichici, la meditazione sui concetti di virtualità e identità, il potenziamento dei mezzi tecnologici e la sempre più impellente necessità di riflettere sulle finalità e sul loro costo.
Questo testo è ispirato dal saggio di Marcello Ghilardi L’epopea dei robot, in «Culture del giappone contemporaneo. Manga, anime, videogiochi, arti visive, cinema, letteratura, teatro, architettura», a cura di Matteo Casari, Tunue’ Editori dell’immaginario, Latina 2010.
Immagini
(1 cover) Devilman – by Go Nagai (still-frame); (2) Chouju thief, 1200s; (3) Thunder Daiou e il suo avversario Black Hawk; (4) La città incantata, Hayao Miyazaki (still-frame), 2009