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Home News Focus

L’esperienza dei live al Sonar Festival 2017.

Elena Giulia Abbiatici by Elena Giulia Abbiatici
19/04/2018
in Focus
Creatività e industria nella visione interdisciplinare del Sónar

Calibrati sull’HD per i visuals, impianti audio e luci a prova di perfezione, si viene catapultati in un altro mondo. Migliore. Tanto da dimenticarsi che ne esiste uno fuori e succede di rimanere shockati al rientro.

E’ la meraviglia dettata dalla fusione assoluta di più linguaggi e codici in un tempo totalizzante. Artisti, designers, musicisti ed ingegneri fondono le loro immagini, piani di note, peculiarità, competenze per un’esperienza totale per i sensi e virtuosa nella sperimentazione.

Ve ne racconto alcuni, scelti con lo stesso principio per cui sto scrivendo questo pezzo, che è quello di estendere il tempo di quella meraviglia.

“Entropy”. Il pioniere del suono Dopplereffekt e l’etichetta digitale Antivj insieme ad una comunità di scienziati e artist- coders ci hanno introdotto ai segreti dell’entropia del cosmo. “Entropy” è una lezione, condotta dai due astronomi Dr. Markovic e Dr. Magic, all’interno di un planetario in cui scritte e dati astronomici vengono proiettati su immagini della generazione del cosmo, accompagnate dalle musiche di Dopplereffekt. Il risultato intreccia le ultime scoperte di cosmologia e astrofisica stellare per raccontare la storia epica della vita dell’universo e delle sue stelle.Presentata per la prima volta al TodaysArt2016, concepita da Dopplereffekt con il Dr. Dida Markovic dell’Istituto di Cosmologia e Gravitazione a Portsmouth e il Dr. Zaz Magic del Niels Bohr Institute a Copenhagen, “Entropy” ambisce a reinventare il racconto scientifico e a sviluppare nuovi strumenti per raccontare e mostrare i dati scientifici in live audiovisivi immersivi (Il progetto è attualmente sostenuto da Science and Technology Facilities Council, We are Europe and Arcadi Île-de-France).

“SHIRO”. Nello spazio rilassato del Sonar Complex, il collettivo Nonotak si è esibito con SHIRO, una performance optical meravigliosa. Takami Nakamoto, architetto e musicista, e Noemi Schipfer, illustratrice, dal 2013 riescono a incantare con le loro architetture audiovisive, dove luci e suoni si fondono ai movimenti dei corpi performanti del duo. Dinamico l’uno e statico l’altro, generano una composizione plastica, che diviene piano di azione dei visuals minimali, basati sui principi della geometria euclidea e sviluppati lungo gli assi cartesiani. La struttura sul palco, a doppia piramide rovesciata, viene sfruttata come volume di proiezione delle illustrazioni di Noemi e di riverbero delle musiche avvolgenti di Tamaki. E la musica funge da propagatrice e puntellatrice dei visuals, diffusi su tutto il palcoscenico, tramite svariati pannelli e laser. Incanto e voglia di rivederli.

ARCA (Live) e JESSE KANDA (AV). Arca, producer venezuelano, si rivela una scoperta. Un domatore del palco e della voce diffusa in atmosfere cupe e apocalittiche. Beat spezzati e canto trascinato che chiude a cerchio una malinconia di religiosa presenza. Un innovatore al confine fra la musica latina e l’elettronica. I visuals di Jesse Kanda creano passaggi di improvviso disordine emotivo perché propongono scene normalmente considerate ripugnanti – i nostri organi interni, corpi deformati, scene di sesso anale etc… Piacere del disgusto, fascino per il gotico e un trash vestito di repulsione e attrazione. Tensione. Il progetto fra Arca e l’illustratore giapponese Jesse Kanda – TRAUMA, già presentato al MOMA, unisce il concetto di shock come sconvolgimento emotivo a quello di sogno (dal Traum tedesco) e descrive l’idea di un amore iconografico fra l’orrore e l’onirico, fra il sacro e il profano, piacere/dolore: fiori sanguinanti, danza di corpi malformati o feti “matrix” alla tastiera e un’elettronica dal soul latino assolutamente disorientante.

 

La coppia Daito Manabe + Nosaj Thing (duo consolidatisi dalla produzione nel 2012 di di “Eclipse/blue” ) ha raggiunto punte di innovazione massima. Entrambi sullo stage di posizione a mixare musica e video per un risultato tecnicamente avanzatissimo e sensibilmente accattivante. Sullo schermo i visuals a 360° sono un sapiente intreccio fra riprese in real time del VJ set e universi visivi minimal – rizomatici e algoritmicamente generati. Light design che traccia spazi da capogiro – letteralmente, a scandire melodie DUB ed hip hop del produttore americano Nosaj Thing. Daito Manabe era presente al SonarPLANTA anche con l’ installazione Photosphere, (‘sphere of light’), prodotta dallo studio giapponese Rhizomatiks, gestito da Daito e Motoi Ishibashi, che hanno voluto esplorare il potenziale tecnologico a 360 gradi. Di questo abbiamo già parlato già in altri articoli.

Nicolas Jaar. Io non so quanti si siano ascoltati il nuovo album “Sirens” prima di vedersi il live di Jaar (a Barcelona e di lì a pochi giorni all’Ex dogana di Roma) e, ancora meno, quanti sappiano che la cover del vinile – da grattare con la monetina – omaggia un’opera del padre contro l’allora America post Pinochet (This is not America) e la presente America di Trump, ma so quanto “Sirens” sappia esser disincantato come un album politico e al tempo stesso personale.

“No” entra in testa e non se ne esce: afferma l’importanza di rinnegare le dittature, pur nella consapevolezza che il si sia stato già scelto a sfregio.

“Ya dijimos no pero el si esta en todo” (Abbiamo già detto no ma il sì è ovunque) si riferisce al plebiscito del 1988 con cui il popolo cileno disse no alla riconferma di Pinochet e al fatto che il pericolo di una nuova dittatura sia sempre dietro l’angolo, che la libertà è una cosa temporanea e – quindi – sempre da ribadire (“si”). Nicolas Jaar si è esibito da dietro una grata, a fare un’altra volta della musica, un atto di resistenza, e ad illuminarsi in una penombra che chiudeva a cerchio la matrice fra l’onirico e il politico.

“Killing time”è la voce personale e universale di Nicolas che rivede la sua storia nella vicenda di un ragazzino musulmano, arrestato per aver costruito un orologio scambiato per una bomba. La sua storia si guadagnò la stima e il supporto del presidente Obama, che su twitter scrisse:

«Cool clock, Ahmed. Want to bring it to the White House? We should inspire more kids like you to like science. It’s what makes America great» (6:58 PM – 16 Sep 2015)

“Killing time” è un memo alla vera bomba da costruire: quella contro il nostro tempo, il suo razzismo e la strumentalizzazione che fa degli individui considerati “non eletti”.

Atmosfere soffuse e scie elettroniche soul tempellate da ricami al piano hanno aperto il concerto di Jaar al Sonar, che si è poi scaldato con i suoi brani più post punk, new wave e un electro writing acceso più stop & go di “Space is only noise if you can see”.

“Three side of Nazareth” ha acceso il pubblico barcelloneto e romano: elettronica post punk e synth ambientali per la storia di un uomo che ha già vissuto i nostri dolori da entrambi i lati della strada.

Luci al neon ed esplosioni centrifughe di colori. Memoria.


immagini: (cover 1-2) Nerea Coll – Sonar complex, 2017. Entropy. (3) Nerea Coll – Sonar complex, 2017. Nonotek (4) Nosaj Thing Daito Manabe – Sonar Hall Sonar, 2017. Ariel Martini, 2017 (5) Nicolas Jaar – Pub Sonar, 2017. Phoo Fernando Schlaepfer.

Tags: arsarshakeaudio-visualBarcellonaelectronic.elena giulia abbiaticieventfestivalhybrid languagesmusicSónar Festival
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