Come una linea che attraversa linguaggi diversi, una frontiera da oltrepassare con la forza della riflessione, un orizzonte in cui il pensiero considera le mille possibilità di uno sguardo che tende – che aspira – a conquistare l’ineffabile, la nuova personale di Hayfer Brea (Caracas, 1975) organizzata negli spazi del MACC / Museo de Arte Contemporáneo de Caracas disegna un percorso poetico dove «el cielo parece unirse al mar, o a la tierra» e diventa purissimo azzurro, vuoto sereno, intima vertigine d’infinito. Partendo da alcuni versi di Pedro Antonio Vásquez (Inmensidad azul. Azul tendido / Hacia todos los rumbos de lo ignoto: / Ilímite presencia del olvido. / Cristalino país de cielo roto) l’artista organizza Una línea imaginaria che si nutre di intervalli elegiaci, che frulla i vari linguaggi dell’arte (dalla fotografia al video, dalla stampa su carta all’installazione) per sezionare analiticamente lo spazio e offrire un nuovo confine fra cielo e terra – Horizonte contenido (2016) è davvero un’opera disarmante –, una nuova distanza, una nuova irrequieta lontananza. Frutto d’un progetto geoidrico quinquennale che nasce dall’analisi del lago de Maracaibo (Coquivacoa), del lago de Valencia (o de Tacaraigua) e del Mar Caribe, il nuovo lavoro di Hayfer Brea si concentra, in parallelo, ad un programma che pone al centro del discorso «el concepto de horizonte» studiato in tutte le sue varie declinazioni per offrire allo spettatore la grammatica stessa dell’orizzonte, la sua leggerezza, la sua ansia.
Settantanove pietre raccolte e poggiate su una parete per formare, grazie alle loro venature naturali, una linea delicata e tenue (Línea pétrea, 2016), quattro fogli su cui sono impresse alcune definizioni tratte da dizionari differenti – Horizontes impresos (Definición del Diccionario RAE), 2016 e Horizontes impresos (Definición del Diccionario Larousse 2000), 2016 ne sono alcune. E poi due composizioni fotografiche che uniscono tempi e sguardi diversi per concepire, in grigio e azzurro, la Línea fragmentada I (2016) e la Línea fragmentada II (2016). O, ancora, Tres momentos, tres lugares, un horizonte I (2016) e Tres momentos, tres lugares, un horizonte II (2016) che, se da una parte richiamano alla memoria la critica alla rappresentazione affrontata da Kennet Josephson mediante uno spiazzamento della denotazione realistica (l’artista ricorre infatti all’espediente della fotografia nella fotografia), dall’altra offrono una tripartizione, una maquette che gioca sul concetto deleuziano di ripetizione differente. Curata da Luis Velázquez, la personale di Brea, tra parole e cose, tra intelletto e realtà, succhia lo sguardo del pubblico per portarlo in un’atmosfera affascinante, per incantarlo con la forza dell’arte, per spostarlo in un luogo immersivo dove tutto si fa leggero, prezioso.
Hayfer Brea (Caracas, MACC / Museo de Arte Contemporáneo de Caracas
immagini (cover 1) Tres momentos, tres lugares, un horizonte I. 2016. Fotografía digital. Impresión giclée sobre papel. 50 x 70 cm (2) Línea pétrea. 2016. Instalación con piedras de grava
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