Alcune volte, le cose non vanno come si era previsto. E quando questo accade, c’è un piano B. Questo è ciò che la galleria NOME propone assieme agli artisti:
James Bridle, Paolo Cirio, Cian Dayrit, Marjolijn Dijkman, Goldin+Senneby, Igor Grubič, Khaled Hafez, Voluspa Jarpa, Rajkamal Kahlon, Navine G. Khan-Dossos, Sajan Mani, Ana Prvački, Kameelah Janan Rasheed, Kirsten Stolle e Xiyadie.
La serie Fraunhofer Lines di James Bridle documenta i modelli di redazione apportati ai documenti ufficiali prima del loro rilascio sotto il Freedom of Information Act che garantisce possibilità di accesso ai documenti pubblici. Con Capture, Paolo Cirio raccoglie migliaia di immagini pubbliche di poliziotti riprese durante le proteste in Francia, processate poi con il software di riconoscimento facciale, impiegando gli stessi strumenti di sorveglianza utilizzati dalle autorità.
Lunas sa Sistematikong Pang-api di Cian Dayrit rivela un set cerimoniale dove figure antropomorfiche sono intessute in tre banner rossi in rappresentanza di imperialismo, feudalesimo, e capitalismo burocratico. Prima dell’Illuminismo, gli elettricisti erano intrattenitori che trasformavano dimostrazioni elettriche in eventi spettacolari. Nella sua serie di fotografie Earthing Discharge, Marjolijn Dijkman impiega una tecnica fotografica ad alto voltaggio per tornare ad un’epoca in cui l’elettricità era ancora resa visibile.
Alle prese con vuoti, illegibilità, e confini instabili tra fatti e finzione, l’installazione di Voluspa Jarpa Minimal Secret Condor Operation, scaturisce dalla sua esperienza a lungo termine con i documenti desecretati della CIA dell’operazione Condor. I dipinti di Rajkamal Kahlon dalla serie This Bridge Called My Back sono stati realizzati direttamente sulle pagine del controverso libro di tassonomia razziale “Die Rassenschönheit des Weibes”, di Dr. Carl Heinrich Stratz, pubblicato per la prima volta nel 1901.
La serie Grey Discretionary Command di Navine G. Khan riflette sulle donne sia come perpetratrici, sia come vittime di violenza, indagando su cosa significhi essere simultaneamente una minaccia e un target. Il lavoro di Sajan Mani documenta una performance dove trasferisce rendering dell’attivista Dalit e del poeta Poykayil Appachan’s (1879–1939) sui muri della precedente location di NOME. I disegni di Ana Prvački derivano dal progetto a lungo termine Queen, ispirato all’intersezione tra storia familiare e tradizione, ecologia e guerra. Nei lavori di In Kameelah Janan Rasheed, la misura, l’approssimazione, e i segni e simboli sono messi in relazione alla Black Liberation, i modi in cui la società è stata costruita e la storia raccontata. In 13 Reasons Why There Are No Great Male Artists, Kirsten Stolle inverte affermazioni sessiste da parte di artisti maschi, curatori, critici e storici e la sostituisce con le parole ‘donne’ o ‘femmine’, ‘uomini’ o ‘maschi’. Xiyadie sovverte la tradizionale pratica del paper cutting che risale al XVI secolo con le sue rappresentazioni dell’eroticismo queer.
(dal comunicato stampa inglese)
PLAN B, NOME Gallery,Berlino, 05.12.2020 – 12.02.2021
Artists: James Bridle, Paolo Cirio, Cian Dayrit, Marjolijn Dijkman, Goldin+Senneby, Igor Grubič, Khaled Hafez, Voluspa Jarpa, Rajkamal Kahlon, Navine G. Khan-Dossos, Sajan Mani, Ana Prvački, Kameelah Janan Rasheed, Kirsten Stolle, and Xiyadie.
images: (cover 1) LUNAS SA SISTEMATIKONG PANG-API, 2020 . Cian Dayrit. Embroidery on Fabric (Collaboration with Henry Caceres), objects, Woodwork, Book (Caser). Size Variable (2) Capture, 2020. Paolo Cirio. C-print, 100 x 100 cm (3) I Refuse Accelerated Gesture, 2020. Kameelah Janan Rasheed. Archival inkjet print, 100 x 127 cm. Ed. 1/5 (4) Reasons Why There Are No Great Male Artists, 2019. Kirsten Stolle. Floating shelves, printed archival cards, dimensions variable