Il lavoro di Shahzia Sikander arriva al Museo MAXXI di Roma per la sua prima retrospettiva Italiana, «Ectasy as Sublime, Heart as Vector», curata da Hou Hanru e Anne Palopoli. Una selezione di produzioni, trenta tra disegni, video, animazioni digitali, installazioni, traccia suggestivamente il suo percorso di ricerca.
Dopo aver appreso, molto giovane, l’arte della miniatura presso il National College of Arts di Lahore in Pakistan, e dopo aver studiato la cultura delle miniature perso-pakistane e averne capito il valore in un momento in cui questo non era assolutamente considerato e compreso, è riuscita ad impadronirsi della tecnica, a manipolarla per tirarne fuori tutta la poesia e la potenza narrativa, ad inserirla e integrarla nei nuovi linguaggi. «Il mio primo incontro con la miniatura ha messo in discussione le mie personali convinzioni sull’estetica. Partendo da quello che mi immaginavo dovesse essere la miniatura, un’illustrazione kitch a beneficio dei turisti, arrivai a credere che i dipinti storici fossero densi, vivi ed eroici. Fu l’erotismo nella bellezza di quei dipinti a trasformare il mio punto di vista[1]». Da qui, così come dal continuo incontro con culture diverse, nascono le sue produzioni. Con la perfetta padronanza del disegno e della tecnica della miniatura, Sikander si è avventurata nel contemporaneo dove ha trovato terreno fertile per valorizzare e amplificare la tradizione iconografica e artigianale.
«Sovrapponendo immagini reali e simboli provenienti dalle culture che incontra – così ci guida al suo lavoro il curatore Hou Hanru – l’artista ha dipinto immagini impure del mondo usando tecniche puriste, disegni e acquerelli, regolarmente animate da strumenti digitali. Sono splendide storie raccontate da una figura materna, simile a quella che abbiamo conosciuto nell’infanzia. Ma questa madre è nomade e in difficoltà, si chiede costantemente chi è e chi diventerà. E condivide con tutti noi la ricerca delle proprie radici e il desiderio di fuggire da casa per accogliere il mondo[2] ».
Contenuto e tecnica viaggiano di pari passi alla ricerca di una continua espansione e sperimentazione per cercare il giusto spazio in cui ‘incastonare’ la tradizione perché questa si amplifichi in tutta la sua forza e consolidi il mistero del suo potere narrativo. Tutto ruota attorno alla ricerca di uno spazio interstiziale: “cerco di catturare lo scorrere del tempo, come in un’opera di Samuel Beckett inventando lo spazio interstiziale. E’ il buco, il silenzio, la frattura, la lacuna che agisce come un elemento di contrasto rispetto alla narrazione insita nel tempo.[3]”
I suoi racconti oscillano tra esperienza individuale e universale, tra tecniche e generi, in cui includere poesia, lirica fino al contemporaneo hip hop. Come lei stessa sostiene: “i confini sfumati tra fiction e non-fiction, tra storytelling e storiografia sono tutti essenziali nella ricerca umana della verità.[4]”
In questa sua ricerca linguistica, suono e musica hanno un ruolo centrale, come nelle prime animazioni Nemesi (2003) e SpiNN (2003), Pursuite Curve (2004) e Dissonance Detour (2005), realizzate con la musica di David Abir o le successive, di cui in mostra Pendulum, 2007 – 2009), Interstitial (2008) e Bending the Barrels (2009), con l’inserimento di cori, testi, canzoni e poesie.
Anche in Parallax, un’installazione di grandi dimensioni che accoglie nella mostra, apoteosi della potenza narrativa visivo-segnica-sonora, la colonna sonora è centrale. Realizzata da Du Yun, con cui collabora dal 2010, comprende musica strumentale e parti recitate con la declamazione di poesie. Qui le silhouette dei capelli delle gopi (figure associate a Krishna), presenti in moltissimi dei suoi lavori, aprono il sipario del video e della mostra: centinaia di disegni animati, metafore fluttuano nello schermo e si trasformano, per raccontare tematiche relative a conflitto e controllo: colonialismo britannico, scoperta del petrolio negli anni ’60, egemonia degli Stati Uniti. Tutto scorre in una dimensione poetica e avvolgente.
La tecnologia contemporanea, per Sikander, si è dimostrata un mezzo per reinventare e valorizzare una tecnica antica, per combinare linguaggi diversi e trovare nuove formule narrative. La manualità, la consapevolezza dei meccanismi percettivi unitamente a quella dei materiali è inserita nella magia di tutte le sue produzioni, a partire dai primi lavori negli anni Novanta lavori realizzati con carta preparata con tecnica wasli sovrapponendo più fogli. Dal suo lavoro di tesi per il National College of Arts di Lahore (1989-90), Scroll, preparato con questa tecnica proviene la sua idea di spazio, “non solo in senso di scala, ma in termini di possibilità”, come lei stessa sostiene in un’intervista con Manuela de Leonardis in un bellissimo articolo sul suo lavoro apparso sulle pagine di “Pagina 99”[5].
Al MAXXI questa tipologia di lavori è rappresentata dal suo più recente Echo (2010), pensato come site-specific e, come gli altri, attivato come dispositivo immaginifico nella stratificazione dell’immagine e quindi della dimensione narrativa. Cambiamento di scala in termini di possibilità è anche al cuore del suo Meta Book, realizzato nel 2006 in collaborazione con Fabric Workshop e il Museo di Filadelfia. Qui lo spazio della miniatura diventa enorme, e la traghetta verso una dimensione scultorea, rovesciando il rapporto con il pubblico.
Anche il catalogo, di cui abbiamo citato alcuni passi, è un prezioso oggetto curato nella forma e nel contenuto, un assaggio del lavoro di un’artista che esprime sé stessa attraverso il suo lavoro che nella sua complessità scaturisce da “una trattativa costante con il dislocamento e l’assestamento. E l’artista finisce sempre per andare oltre, più in là”[6].
[1] S. Sikander intervistata da Alvaro Rodrìguez in Ecstasy as Sublime, Heart as Vector, cat. di mostra, Bruno publisher, 2016, p. 96
[2] H. Hanrou in Ibid, p. 54
[3] S. Sikander in un’intervista con Fereshteh Daftari citata in catalogo (Ibid) nel testo di Claire Brandon, Ibid, p. 70.
[4] S. Sikander intervista con Alvaro Rodrìguez, Ibid., p. 92).
[5] Manuela de Leonardis, Il viaggio di Sikander tra miniature e video, “Pagina 99”, Saturday 18 June, 2016.
[6] H. Hanrou in Ibid, p. 50.
SHAHZIA SIKANDER. ECSTASY AS SUBLIME, HEART AS VECTOR, a cura di Hou Hanrou e Anne Palopoli, MUSEO MAXXI, Roma, 22.06 – 23.09.2016
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