All’interno del complesso della Reale Accademia di Spagna, sotto il porticato del chiostro esterno (zona adibita anche agli studi dei borsisti in residenza) tra le lunette affrescate da Nicolò Circignani, detto Il Pomarancio, tra il 1587 e il 1588, troviamo le due sale espositive della mostra Riattivando Videografie a cura di Estibaliz Sádaba Murguía e Speculare il Caos a cura di Anita Calà.
Questa fusione di mostra-video si presenta come l’inizio di un progetto ben più ampio, itinerante e in fieri. Gli artisti selezionati per questa première saranno messi in dialogo nei prossimi due anni in diverse città iberoamericane con altri artisti selezionati da curatori locali, per poi concludere il percorso con una mostra finale che si terrà all’Accademia di Spagna a Roma dove verrà presentato l’intero progetto. L’idea delle due curatrici nasce con l’intento di presentare un allestimento di opere video in cui lo spazio non sia solo un contenitore e l’opera non sia solo un oggetto effimero ma una finestra dimensionale attraverso un caos calcolato. La mostra presenta tre display, due video proiezioni e un’installazione video in cui l’oggetto è parte integrante dell’opera, la disposizione delle opere è ben coordinata e sapientemente allestita dalle due ideatrici del progetto e lascia respiro visivo ad ogni singola postazione al punto da poterne fruire al meglio la visione, le due sale distinte ma comunicanti si fondono in un risultato quasi «perfetto» di coerenza stilistica e ambientale a tal punto che i due progetti generano un unico corpo installativo audio visivo.
La collettiva romana riunisce il lavoro di tre artisti spagnoli (ex residenti nell’Accademia tra il 2015 e il 2019) e tre artisti italiani ospitati dall’Accademia e selezionati dalla curatrice Anita Calà di Villam.
Nella sala spagnola troviamo il lavoro degli artisti Antoni Abad, Miriam Isasi e Laramascoto. Antoni Abad nel video Money Honey, *Euro (2019) proietta un’opera in cui una colonia di scarafaggi va a plasmare il simbolo dell’euro con i propri corpi disponendosi in maniera casuale ogni volta che il video ricomincia. Un’opera grafica, una video animazione che va ad analizzare il concetto dell’aleatorio, una continua mutazione applicata per mezzo di un software che ne randomizza la disposizione.
L’opera auspica ad un’analisi dell’individuo e del superfluo, l’insetto presente nel video, tra i più schifosi e offensivi nell’immaginario collettivo, dovrebbe farci riflettere quando ci mostra la collaborazione come forza collettiva.
Miriam Isasi con Doppler Eco Tac (2016) è l’artista in mostra a presentare il video più lungo (32 minuti) scandito da frame che, accompagnati da un suono creato ad hoc da un’orchestra sperimentale, ci fornisce un’interpretazione di «soggettive» attraverso l’esperienza di una risonanza magnetica cerebrale. Una catarsi per immagini in cui forme geometriche, mondi sottosopra, tramonti, mari, sbarchi lunari e lampade solari bombardano la mente per trasferire il suo interiore rovesciandolo addosso a chi guarda. Un complesso labirinto B-mode che emerge nel momento in cui l’artista durante un esame medico subisce una perdita di visione temporanea, definita in gergo diagnostico amaurosi fugace. La struttura compositiva dell’opera, la sua immediatezza nel rapporto tra immagini e suono, rievoca stilisticamente i videoclip musicali del mondo di MTV. Merita una particolare attenzione la musica del compositore Joan Espasa realizzata per l’occasione la cui struttura compositiva prende come riferimento dati relativi da un’ecoDoppler.
L’indagine empirica di Miriam Isasi parte dalla fisica, dall’effetto Doppler che studia il cambiamento della frequenza delle onde sonore percepite rispetto al moto relativo tra due corpi, dinamica che avviene per l’appunto all’interno di una risonanza magnetica.
Laramascoto presenta 1001. Arquelogía futura (2019) si tratta di un’installazione audiovisiva in cui «un fossile del futuro» ruota intorno al proprio asse. All’interno di esso si intravede scorrere vita digitale, una specie di lava tecnologica implosa, inglobata come melma incandescente a rappresentare una nuova era. L’opera è una riflessione sulla rivoluzione tecnologica e l’esistenza umana ma il lavoro non fa minimo cenno agli uomini né tantomeno all’avanzamento della specie; serve piuttosto a interpellarci riguardo il nostro sistema, il nostro futuro e la nostra ipotetica estinzione. Guardando il fossile ci si trova di fronte ad una condizione spirituale, una sorta di monolite che, come nel capolavoro di Kubrick 2001. Odissea nello spazio, raggiunge uno stato di pura energia passando attraverso molti anni di evoluzione. La sua materia organica e metafisica si sviluppa ciclicamente in uno spazio senza galassia.
Accedendo nella sala degli artisti italiani troviamo le opere di Francesca Arri, Matteo Attruia e Lamberto Teotino.
Con Francesca Arri in Self Portrait (2012) ci ritroviamo di fronte ad una grande video proiezione di una performance dove l’artista si mette letteralmente a nudo e deride in modo irrefrenabile lo spettatore che diviene il bersaglio dell’artista. Nella scena è presente il suo corpo, quasi a richiamare gli scatti della fotografa Julia Fullerton-Batten nel progetto Unadorned.
Il video è accompagnato da un audio altrettanto centrale nella lettura dell’opera in cui si sente una continua risata che enfatizza l’interazione che si viene a creare con lo spettatore, i ruoli si capovolgono continuamente fornendo all’opera un forte senso interattivo che provoca tutta la pesantezza del suo corpo, delle sue risa e del suo dito puntato contro. Non c’è vergogna ma strutturata consapevolezza della carne, il superamento del suo limite, una tematica figlia dei nostri tempi in cui la bellezza standardizzata penalizza il diverso e lo rende vittima di un canone estetico comune. Francesca Arri sbeffeggia chi si sente in diritto di ridere del suo corpo e ritorce contro a questa marcia società tutto il suo male.
L’opera di Matteo Attruia è essenziale, minimalista. Nella sua LDTV l’unica immagine che vediamo sono le labbra in primo piano che ripetono in loop (con una voce robotica) la frase che è titolo stesso del lavoro All I need is All I need (2019) cioè tutto quello di cui ho bisogno è tutto quello di cui ho bisogno, quindi ho bisogno di tutto…oppure di niente? La società consumistica ci suggerirebbe che abbiamo bisogno di tutto.
Eppure l’uomo ha la capacità di vivere senza tutto questo, ma nonostante ciò ricerchiamo sempre un bene che ci soddisfi, siamo animali ed abbiamo desideri da sfamare.
La bocca in primo piano, glam e di gusto anni ’80, di stile volutamente freddo ci collega ad una fonetica germanica per l’articolazione delle parole mentre i riferimenti al mondo dell’elettronica e ad un’estetica robotica ci ricordano superclassifica show.
Lamberto Teotino in non-physical entities (2018-20) presenta l’unica video opera installativa della mostra. L’artista recupera un vecchio televisore Brionvega a tubo catodico anni ’50 da cui trasmette, attraverso un decoder customizzato, immagini paranormali di oggetti soprannaturali creando forme nuove da video recuperati dal web. Teotino è solito nella sua ricerca attingere dagli archivi e in quest’opera presenta nove brevi capitoli di oggetti apparentemente metallici che danno in chi l’osserva una sensazione di realtà aliena. Un gioco caleidoscopico in cui gli oggetti non hanno tempo e sembrano assorbiti da uno spazio vuoto che non vediamo ma di cui percepiamo l’esistenza. Attraverso questo scenario speculare difatti si avverte un’atmosfera inquietante e sinistra che ritroviamo anche quando l’artista spiega l’opera così: «mi riporta ad una esperienza vissuta da bambino in cui ricordo che mi capitava spesso di andare in un luogo lungo una strada, definita ‘la strada del Diavolo’, ad osservare per ore il fenomeno della salita in discesa in cui un oggetto fisico fatto roteare in una discesa andava al contrario».
Riattivando Videografie, a cura di Estibaliz Sádaba Murguía e Speculare il Caos, a cura di Anita Calà
Reale Accademia di Spagna a Roma, 29.05 – 14.06.2020
Immagini: (cover 1) Antoni Abad, «Money Honey, *Euro», 2019, video-still. Courtesy l’artista (2-4-7) Veduta della mostra presso la Reale Accademia di Spagna (3) Miriam Isasi, «Doppler Eco Tac», 2016. video-still, 32’. Courtesy l’artista (5) Laramascoto, «1001. Arqueología futura», 2019. video-still, 6’14’’. Courtesy l’artista (6) Francesca Arri, «Self Portrait», 2012. video-still, 3’59’’. Courtesy l’artista (8) Matteo Attruia, «All I Need Is All I Need Is All», 2020. video-still, 3’44’’. Courtesy l’artista (9) Lamberto Teotino, «non-physical entities», 2018 – 2020. video-still, 27’17’’, Courtesy l’artista