Con una formazione in cibernetica e uno spirito del reporter assieme al suo compagno di viaggio, l’alter ego Marco Manray, ha documentato la vita di diversi angoli del pianeta virtuale. Dal 2005 i suoi ‘scatti’ hanno consegnato al mondo i più importanti eventi, protagonisti, e la vita di tutti i giorni di Second Life (Marco Manray reporter in Second Life 2005-2008)
I reportage in bianco e nero di Arenae (2005) hanno documentato e restituito scene di battaglia dei più popolari giochi di guerra, come Quake III, Enemy Territory e Half-Life Counter Strike. Le geografie di Google Map e Google Earth, hanno attraversato la limpidezza dell’illusione iperrealistica per infrangersi nel punto dove incorre l’errore (Google Melon, 2011 e Google Error, 2012). Paesaggi più (apparentemente) incontaminati, inquadrati dall’occhio satellitare di Google Earth hanno colto il disegno dell’uomo: campi arati e altri interventi sulla natura isolati nell’inquadratura restituiti in ritmi e segni dove riconoscere capolavori dell’arte astratta.
Nel 2008 si è avventurato nel mondo virtuale cinese HiPiHi, nuotando e camminando per giorni nel buio, incontrando antichi simboli e architetture tradizionali. Nel 2014 si è soffermato su uno scorcio del paesaggio che per molto tempo abbiamo trascurato, ovvero quello della memoria algoritmica, uno spazio cresciuto esponenzialmente, arricchito di dati che oggi nutrono le Intelligenze Artificiali, come quelle che generano economia attingendo al nostro privato, ai nostri gusti, ai nostri desideri. Questo scorcio si è rivelato in una piccola ma potente applicazione che Google + ha inviato ai suoi utenti nella forma di gif alla fine del 2014, un video dal titolo Year in Photos che elabora, con logiche di selezione tutte sue, le immagini degli utenti nell’ultimo anno (lo stesso che ritroviamo in Facebook o nell’applicazione dei nostri cellulari).
Così il suo spirito di reporter si è avventurato nell’Intelligenza Artificiale dove ha cercato sintonia con le sue logiche di visione. Cadioli ha permesso di contemplare l’Intelligenza Artificiale nel corso del suo training per il riconoscimento facciale, mentre scorrevano nel repertorio le emozioni registrate dei volti (Database for Human Training, 2019), ha contemplato lui stesso il mare assieme ad una macchina, simbiosi restituita in uno sguardo comune sublimato, pur agendo dietro logiche totalmente diverse (Watching the Sea, 2019). Queste sono solo alcune tappe di un lungo viaggio che non ha mai perso attrito sul cambiamento, sulle trasformazioni, anche quelle che sono sfuggite alla nostra attenzione e ci hanno catapultato in un mondo nuovo, che poi tanto nuovo con è.
Ora il suo sguardo si affaccia sul Metaverso. Le prime tracce del suo viaggio sono state presentate negli spazi di SMDOT/Contemporary Art ad udine con la mostra Back to the Metaverse (the whirlpool and the promise). «Corpi digitali (avatar), attratti da una terra promessa, dove tutto è decentralizzato e finanziarizzato», così la descrive Stefano Monti curatore della mostra introducendo questo tratto di viaggio comune con Marco Cadioli. «Una tecnologia che diventa una possibilità di scappare dalla complessità, dal corpo fisico, che produce quotidianamente attrito, dolore, sofferenza, orrore, paura, ma anche fascino, gioia, meraviglia, incanto. La promessa di un nuovo mondo, di nuovi mondi che in relazione alla nostra attuale quotidianità, almeno in questo momento, perdono 2 a 5. La vista e l’udito sono molto sollecitati, probabilmente solo parzialmente, ma gli altri sensi vengono abbandonati quasi totalmente»[1].
Due lavori del passato in Second Life (Der Neue Wanderer, 2008 e Rousseau Reloaded, 2007) diventano due importanti momenti di confronto rispetto al momento della scoperta accomunati da uno stesso senso di paura e di meraviglia. Ora, nel volgersi alla scoperta del Metaverso, lo sguardo è lontano da ciò che appariva il mondo virtuale di prima, un paesaggio aperto, «un mondo esotico», come lo ricorda Cadioli in un’intervista con Valentina Tanni, «un’isola incontaminata e utopica, mentre l’attuale sviluppo è già dichiaratamente legato al business, alle criptovalute, ad ambienti spesso pensati e sviluppati dalle Big Tech»[2]
Al momento, il Metaverso è un insieme di mondi virtuali che si aggiungono a Second Life e si intersecano con economie e dinamiche della blockchain; il collegamento e la fluidità tra questi mondi è ancora tutta da venire. Ciò che leggiamo dietro a ciò che la stampa propone è una grande operazione finanziaria. Sappiamo però anche che il sistema genera una contro-cultura che potrebbe emergere con altrettanta forza.
Dopo lo scoppio della bolla informatica nei primi anni 2000 del XXI secolo, Internet non è scomparso; ha continuato ad essere parte sempre più integrante della nostra vita. Allo stesso modo, sarà difficile che questi mondi ed economie generati da tecnologie che hanno di gran lunga superato il decennio, come la blockchain, scompaiano. Il cyberspazio si è materializzato nelle nostre vite dalla fantasia fantascientifica di William Gibson[3]; il Metaverso sta già trovando una sua strada per concretizzarsi dalla penna di Neal Stephenson che lo aveva generato nel suo Snow Crash nel 1992[4]. Dobbiamo avere pazienza, continuare ad esplorare cercando di liberare lo sguardo dalla patina luccicante della seducente promessa, affrontare il terrore del nuovo e superare lo stesso sforzo di conoscenza che aveva messo alla prova il quadrato del mondo bidimensionale di Flatlandia del celebre romanzo di Abbott per scoprire e accettare l’esistenza del mondo tridimensionale e ipotizzarne così altri possibili[5]. Filosofi e teorici contemporanei ci incoraggiano ad attraversare l’oscurità che prende forma nella viscosità degli iperoggetti di Timothy Morton[6], e nella grey zone descritta dall’artista e teorico James Bridle[7].
Il nostro sguardo oggi è costretto ad attraversare il gorgo, gŭrgus, ad affrontarne il pericolo[8]. Ci troviamo a questo punto dello spazio e della storia. Cadioli ci pone sulla soglia, o meglio, sull’orlo del gorgo. La sensazione è quella di precipitare nell’ignoto. Il suo attraversamento è necessario e potrebbe portare verso nuovi orizzonti. La storia è anche tutta da scrivere. Cadioli è già sulle sue tracce e ci invita a seguirlo.
[Note]
[1] Stefano Monti, testo critico che ha accompagnato la mostra di Marco Cadioli, «Back to the Metaverse» negli spazi di SMDOT/Contemporary Art, Udine (febbraio – marzo 2022), pubblicato su Arshake il 24.02.2022
[2] Valentina Tanni, Un futuro che ritorna. Intervista Marco Cadioli, Artribune #64, gennaio-febbraio 2022, p. 68
[3] William Gibson, Neuromancer, Ace 1984
[4] Neal Stephenson, Snow Crash, 1992
[5] Edwinn Abbott Abbott, Flatland. A Romance of Many Dimensions, 1884
[6] Timothy Morton, Hyperobjects, University of Minnesota Press, Minneapolis 2013
[7] James Bridle, The Dark Age. Technology and the End of the Future, Verso, Londra 2018
[8] Gorgo, Treccani, gorgo: guado pericoloso https://www.treccani.it/vocabolario/ricerca/gorgo/ù
Marco Cadioli ha dedicato la sua ricerca alle immagini che si materializzano sugli schermi del computer, sfumando i confini tra reale e virtuale sin dai primi anni 2000. I suoi lavori attuali trattano di come e cosa impara l’Intelligenza Artificiale, introducendo una forma di visione ancora nuova. In molte opere di Marco Cadioli c’è un sovvertimento dell’uso di sistemi e software, usati in modo improprio o per andare oltre alla sua funzione naturale, oltre la superficie degli algoritmi. Ha esposto in mostre personali e collettive presso BASE Milano; iMAL, Brussels; LinkArt Center, Brescia; Electronic Media Arts Centre, Toronto; Gloria Maria Gallery, Milano; Neoludica, Biennale di Venezia; Casino Luxembourg; Macro Testaccio, Roma.
immagini: (cover 1) Marco Cadioli, «The Whirlpool», 2022 (2) Marco Cadioli, «Me Flying Over The Birth of a Virtual World», 2007 (3) Marco Cadioli, «The Whirlpool», 2022 (4) Marco Cadioli, «Rousseau Reloaded», 2007 (5) Marco Cadioli, «Der Neue Wanderer», 2008