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Home News Focus

Una corsa frenata che si chiama vita

Antonello Tolve by Antonello Tolve
19/04/2018
in Focus
Una corsa frenata che si chiama vita

007_CAPARAZÓN-2010

Estoy viva, la recente mostra di Regina José Galindo (1974, Città del Guatemala) curata da Diego Sileo e Eugenio Viola per gli spazi del PAC – Padiglione Arte Contemporanea di Milano, pone questioni, mi pare, sulla resistenza dell’uomo contemporaneo, sul suo tessuto fragile, sulla sua spietata topia[1], sul suo essere insistente progetto di rinascita e rivincita sociale. Ma anche sul riscatto di una terra – di un ampio territorio – che ha dissipato i suoi figli per favorire un processo planetario che, in alcuni casi, spaventa, allarma, inorridisce le menti. Galindo crea da sempre controimmagini, ovvero processi che mirano a cortocircuitare i flussi marci del quotidiano per esplorare «le implicazioni etiche delle ingiustizie sociali in relazione a discriminazioni di razzia e di genere» o tutta una serie di «altri abusi legati ai rapporti impari di potere che reggono le nostre società attuali»[2]. Dalla vita alla morte, dalla schiavitù alla libertà, dall’erosione dell’erotismo all’eroicità dell’eresia, dal sociale al politico, dall’etico all’estetico, la sua è una vittoria muta e silenziosa che pigia i pulsanti dell’indifferenza per scuotere il sistema nervoso delle collettività.

009_HILO-DE-TIEMPO-2012

Divisa in sei sezioni – Donna | Woman | Mujer, Organico | Organic | Orgánico, Violenza | Violence | Violencia, Politica | Politics | Política, Morte | Death | Muerte, Poesie | Poems | Poesías – la mostra disegna, ora, un percorso puntuale attraverso il quale è possibile assaporare le varie declinazioni di un lavoro fulminante che sacralizza e desacralizza, che pone l’artista al centro di un fascicolo sacrificale (così lo definisce Viola lettore di Gans)[3], di un «atto concepito» cioè «come rituale di passaggio necessario a» costruire passaggi linguistici che altalenano dal sacro al profano[4].

«Sono una cosa banale / come l’eco delle voci / il volto della luna. / Ho due tette / – piccole – / il naso lungo / la statura normale. / Miope / con una parlata popolare / i glutei flaccidi / buccia d’arancia. / Mi metto davanti allo specchio / e mi masturbo. / Sono una donna / la più banale / tra le donne banali»[5], dichiara l’artista in una poesia. Quasi ad indicare lo stato della donna e porre così l’accento su un campo visivo finalizzato a ricollocare la Mujer (a ridefinire il suo ruolo) nel mondo.

«Attraverso il suo lavoro», suggerisce Sileo, «si ha la sensazione di assistere a un gioco di forze invisibili che sfuggono all’esame storico o sociologico perché catturano al loro interno fenomeni e discorsi eterologici, per scagliarli poi contro ogni cosa faccia resistenza […]»[6]. Si tratta, appunto, di un processo che fruga il vissuto e trasforma le cose ad arte per scandagliare e scardinare il puritanesimo, per mettere a nudo la realtà, per costruire via via una lettura individuale della storia contemporanea filtrata – questa – attraverso la confessione[7] e la rimaterializzazione[8] scottante del dolore individuale, del tormento collettivo.


Regina José Galindo. Estoy Viva, a cura di Diego Sileo e Eugenio Viola, 25.03 – 08.06.2014, PAC – Padiglione Arte Contemporanea, Milano

[1] Cfr. M. Foucault, Les hétérotopies / Les corps utopique, Institut National de l’audiovisual, Paris 2004.

[2] D. Sileo, E. Viola, a cura di, Regina José Galindo, cit., p. 218.

[3] E. L. Gans, Sacrificing Culture, in «Chronicle», n. 184, 1999.

[4] E. Viola, L’estetica sacrificale di Regina José Galindo, in D. Sileo, E. Viola, a cura di, Regina José Galindo, cit., p. 24.

[5] R. J. Galindo, Poesie | Poems | Poesías, in D. Sileo, E. Viola, a cura di, Regina José Galindo. Estoy viva, cat. della mostra tenuta al PAC – Padiglione Arte Contemporanea di Milano, dal 25 marzo al 08 giugno 2014, Skira, Milano 2014, p. 214.

[6] D. Sileo, Regina José Galindo. Necropotere, in D. Sileo, E. Viola, a cura di, Regina José Galindo, cit., p. 12.

[7] A. Acevedo, La Performance, in Pasos a desnivel. Mapa urbano de la cultura contemporánea en Guatemala, La Curandería, Guatemala 2003, p. 69.

[8] C. Carolin, Depués de lo digital rematerializamos distancia y violencia en el trabajo de Regina José Galindo, in «Third Text», v. 25, a. 2, n. 109. Ora anche in Regina José Galindo, a cura di prometeogallery di Ida Pisani, Silvana Editoriale, Milano 2011, pp. 36-37.


Immagini

(cover), Regina José Galindo, PIEDRA, 2013, San Paolo, Brasile, photo by  Julio Pantoja / Marlene Ramirez-Cancio, commissioned and produced by Octavo Encuentro Hemisférico del Centro de Estudios de Arte y Política, courtesy of the artist and of PrometeoGallery (Milan) (1) Regina José Galindo, CAPARAZÓN, 2010, corpus, art in action, Museo MADRE, Napoli, Italia, photo by Amedeo Benestante, courtesy of the artist and of  PrometeoGallery (Milan) (2) Regina José Galindo, HILO DE TIEMPO, 2012, San Cristóbal de las Casas, Chiapas, Messico, photo by David Pérez / Jorge Linares, commissioned by Centro Hemisférico de Performance y Política in Chiapas and EDELO casa de arte en movimiento y residencia intercultural, courtesy of the artist and of PrometeoGallery (Milan).

Tags: arsDiego Sileoeugenio violaexhibitionperformancepoliticsRegina Jose Galindosocial
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