Frutto di una visione globale del design come procedimento mentale che abbraccia diverse discipline, concetti e teorie, le opere di Daniela Bertol appartengono a un’idea di creazione che instaura una profonda connessione tra natura, filosofia e tecnologia avanzata, e che si spinge a stimolare una particolare sensibilità nella percezione del quotidiano.
La ricerca prende il via nell’ambito dell’architettura contemporanea e si sviluppa accogliendo alcuni principi delle teorie e delle pratiche orientali. Fondamentale, nell’elaborazione di oggetti quali la serie Wearable Art o nelle installazioni ambientali abitate da strutture, è il riferimento alle forme geometriche presenti in natura – spirali, esagoni, eliche – nella loro relazione matematica con il corpo umano e l’ambiente circostante, intese come sistemi in perenne evoluzione. Non a caso, l’intero progetto del lavoro di Bertol prende il nome di Worldmaking o Making Worlds: Form Becomes Matter, ovvero «creare mondi ove la forma si tramuti in sostanza», scegliendo un termine, matter, traducibile anche come «materia vivente».
Da un lato l’artista osserva le variazioni e le dimensioni infinite della ripetitività dei frattali, dall’altro si concentra sulle geometrie affascinanti dell’astronomia, assumendo l’interazione mentale di questi mondi per trasformarli in segni e oggetti: sottili filamenti e grovigli armoniosi che sembrano plasmati da una materia in divenire. «La geometria – scrive – non è solo un’invenzione della mente umana, che può essere utilizzata per misurare e comprendere il mondo fisico. La natura stessa presenta composizioni geometriche nella maggior parte delle forme che si trovano in fisica e in biologia». Forme che assumono il senso di archetipi, configurazioni primordiali di modelli che possono andare a coincidere sia con gli spazi di solidi dal sapore rinascimentale – l’icosaedro accoglie l’uomo di Vitruvio – sia con la leggerezza e la grazia di gioielli e oggetti, semplicissimi seppur complessi. Bertol fa uso di strumenti solitamente non associati fra loro, ad esempio il design e la creazione di video, entrambi incentrati sulla natura attraverso la concezione di una «bio-arte» e lo studio del corpo in movimento, anch’esso vivo nella dimensione del luogo in cui dimora, al pari delle strutture collocate in contesti architettonici o nel paesaggio.
Dall’invenzione alla produzione, caratteristica comune a tutti i modelli di design digitale è l’intento di dare forma a un’espressione di funzione. Nelle strutture, negli oggetti e nella Wearable Art – forme leggere da indossare, i gioielli – vengono esplorate le potenzialità di alcune forme biologiche e archetipi geometrici. A volte, la ricerca è focalizzata su sistemi complessi che possono abbracciare lo spazio proiettando patterns di luce/ombra. É la messa in opera del Worldmaking, l’idea di un mondo in cui il medium del design si può applicare «dall’orecchino alla galassia», a partire dall’infinitesimale e fino a una progettazione complessiva dell’ambiente, secondo il principio che muove la sfera d’azione dell’architetto invitandolo a prestare maggiore considerazione ai fattori umani e antropologici, nel progresso della pratica architettonica.
Diletta Borromeo
«Daniela Bertol. Archetipi», a cura di Silvia Bordini e Diletta Borromeo
Spazio Unicorco, Rampa Mignanelli, 10, Roma 01.03 – 23.03.2018 (inaugurazione 1 marzo, 2018, 18.30)
immagini: (cover – 1) Daniela Bertol, «Spiraling Insideout», bracelet (2) Daniela Bertol, «Moving Geometries: Torquay 20131102», 2016, stampa digitale su tela, 103 x 18 in. (261.6 x 261.6 cm), edizione di 3 (particolare) (3) Daniela Bertol, «Moving Geometries: Dog Rocks 201602241102», 2016, stampa digitale su tela, 103 x 18 in. (261.6 x 261.6 cm), edizione di 3 (particolare) (4) Daniela Bertol, «Spiraling Insideout», bracelet (5) Daniela Bertol, «Parametric Phyllotaxis -45 21», 2010, stampa digitale su tela, 103 x 18 in. (261.6 x 261.6 cm), edizione di 3 (particolare)