Eduardo Kac ha recentemente rilasciato la notizia dell’avversarsi del suo primo lavoro di space poetry con il progetto Inner Telescope. Sarà realizzato per mano dell’astronauta francese Thomas Pesquet nella Stazione Spaziale Internazionale (ISS), in orbita dal 17 novembre. Pioniere di holo-poems, tele presence art, fondatore della transgenic art, Eduardo Kac materializza, ora, una visione che risale agli anni Ottanta quando (nel 1986) proponeva di lanciare il poema Agorà nella galassia Andromeda. Le sue teorie sono state successivamente formalizzate nel Manifesto della Space Poetry, pubblicato nel 2006 e qui rilanciato nella sua versione integrale (inglese) e tradotto in italiano.
La Space Poetry è poesia concepita per, realizzata con, e vissuta in condizioni di gravità micro o zero. La Space Poetry, in altre parole, è poesia che richiede ed esplora l’assenza di peso (micro o zero gravità) quale mezzo di scrittura.
Ciò essenzialmente significa che il componimento poetico si realizza pienamente ed esclusivamente in un ambiente gravitazionale diverso da quello comunemente vissuto sulla Terra. Oggi esistono due modi attraverso cui ciò può avvenire. All’interno dell’atmosfera terrestre, l’assenza di peso può essere temporaneamente simulata attraverso i voli parabolici. In tal caso, l’assenza di gravità dura generalmente all’incirca venticinque secondi per ciascuna parabola. Al di fuori della Terra, che sia in orbita o nello spazio, l’assenza di gravità è raggiunta in modo permanente. Sebbene sia possibile produrre o simulare l’assenza di peso attraverso altri metodi, come la caduta libera, la Space Poetry non è esclusivamente basata sull’Ipogravità (campi gravitazionali minori di 1g). La vera questione è che nel ventunesimo secolo sta emergendo una nuova cultura spaziale globale nata con le esplorazioni collettive e i sempre più frequenti forzi collaborativi delle nazioni che organizzano viaggi nello spazio.
Più specificatamente, ciò che è davvero rilevante è che l’accesso allo spazio è passato dal dominio esclusivo dei governi a quello dei privati. Per fare luce sulle implicazioni estreme di questo processo basta confrontare i primi computer – dalle dimensioni gigantesche – controllati dai governi, con i moderni dispositivi portatili nelle mani dei ragazzi. Se tale confronto tiene, questo significa che raggiungere lo spazio sarà tanto naturale quanto lo è viaggiare in aereo e le basi di lancio saranno ovunque. Ciò trova conferma nella nascente industria del turismo spaziale che ha portato con successo in orbita un gran numero di persone comuni per nessun altro scopo se non quello di sperimentare l’assenza di gravità e godere la vista della Terra dallo spazio.
Se portato alle sue estreme conseguenze, questo processo sembra suggerire che le stazioni spaziali e le basi sulla Luna diverranno degli hotel o habitat a lungo termine dove l’attività umana si spingerà oltre la semplice sussistenza e osservazione dell’ambiente circostante. Ciò vale anche per le colonie spaziali su Marte e altrove. In questi nuovi ambienti culturali, sarà cosa comune creare arte e poesia, così come altre forme di espressione umana.
Chiaramente a bordo di una stazione spaziale è possibile scrivere e disegnare in modo convenzionale; questo non rappresenta un particolare stimolo per la creazione di un linguaggio poetico realizzato come esclusivo a questo ambiente. È proprio la nuova realtà tangibile dell’accesso comune all’assenza di peso e allo spazio a creare il contesto culturale dove possa emergere di un’autentica Space Poetry.
Definisco il «gravimorfismo» o il «gravitropismo» quel processo attraverso cui la gravità condiziona tutte le forme e i comportamenti creati sulla Terra, inclusa l’arte e la poesia. Potrebbe essere un truismo affermare che sia la gravità ad incidere sulla nostra sensibilità e sul mondo fisico e che questo condizioni necessariamente anche l’arte e la poesia. Tuttavia, è tutt’altro che scontato interrogarsi su quali nuove forme artistiche e poetiche e quali esperienze potrebbero nascere qualora creatori e pubblico fossero slegati da tale vincolo. In assenza di peso, i materiali e gli organismi viventi si comportano in maniera differente. Ad esempio: una lettera «O» può essere creata nella forma di una sfera con il rilascio dell’acqua nello spazio aperto e un’altra lettera «O» potrebbe essere creata al suo interno come una bolla d’aria.
Uso i termini «gravimorfismo» o «gravitropismo» in arte e in poesia per sottolineare il fatto che la gravità riveste un ruolo fondamentale nelle forme e negli eventi che siamo in grado di realizzare sulla Terra, e che le forme e gli eventi creati in condizioni di assenza di gravità possono essere radicalmente diversi. Nel 1986 ho proposto di inviare un holopoem (dal titolo «Ágora») nella galassia Andromeda, quale prima esplorazione della poesia spaziale. Nella Holopoetry, sin dal 1983, avevo già elaborato alcune possibilità di poesia libera dagli effetti della forza di gravità, giacché i componimenti olografici sono scritti attraverso un fascio di luce e sono dunque privi di gravità. L’holopoem «Ágora»(Agora) è nato non solo come un’estensione della poesia olografica ma anche come un gesto comunicativo, una sonda fotonica simbolica inviata verso gli abitanti immaginari della nostra vicina galassia. Ho scritto per la prima volta sulle forme e sugli eventi gravimorfici/gravitropici nel 1987, mentre ero impegnato a elaborare la teoria della holopoetry, caratterizzata dai suoi proteiformi eventi linguistici che fluttuano e cambiano nello spazio, liberi da vincoli materiali e gravitazionali. Nel mio testo originale affermavo: «Mentre viviamo l’esperienza di volumi ottici senza massa —vibrazioni luminose sospese nell’aria — il ‘gravitropismo’ (forme condizionate dalla gravità) cede il passo a un ‘antigravitropismo’ (la creazione di nuove forme non condizionate dalla gravità), liberando la mente dai cliché del mondo fisico e sfidando l’immaginazione». Ho coniato la parola «antigravitropismo» per conservare la qualità affermativa di negare o neutralizzare la gravità.
La Space Poetry è basata sul tempo, nel senso che in ciascun componimento poetico c’è una logica temporale interna. È performativa, giacché il corpo del lettore è senza peso e quindi impegnato in una particolare esperienza di lettura cinestetica. Gli space poems sono naturalmente vicini alle arti visive e ad altre discipline poiché non sono destinati a esistere in un libro, bensì nell’assenza di gravità. Usano un numero ristretto di parole (semanticamente rafforzate attraverso l’esplorazione del comportamento di materiali in assenza di peso) e spesso coinvolgono la diretta partecipazione del lettore. Elemento altrettanto importante è la nuova sintassi antigravimorfica prodotta dagli space poems.
In sintesi, la Space Poetry è un nuovo linguaggio poetico che partecipa alla creazione della nuova cultura spaziale attraverso l’esplorazione del potenziale creativo di gravità minima e di assenza di peso. (Eduardo Kac, 2006)
Questo testo è la traduzione italiana del manifesto (inglese) di Space Poetry di Eduardo Kac che rilanciamo su Arshake con gentile permesso dell’autore. Il Manifesto è stato originariamente pubblicato in: Eduardo Kac, Hodibis Potax (Édition Action Poétique, Ivry-sur-Seine, France and Kibla, Maribor, Slovenia, 2007), pp. 119-121, ora disponibile anche sul sito di Eduardo Kac.
(ISS) Inner Telescope sarà parte di una serie di mostre, prossimamente presso il the Centre National D’Études Spatiales– CNES, Paris (23 – 26.03.2017)
Il libro d’artista, pubblicato in occasione del progetto, è stato lanciato a Parigi presso la Librairie Michèle Ignazi, il 26 novembre 2016 ed è disponibile presso la stessa libreria
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immagini (cover 1) Eduardo Kac, Space Poetry, 2016, multicolor risograph artist’s book with onlay embroidered patch, 7.6 x 9.8 in (19,5 x 25 cm). Signed and numbered.cover (2-3) Eduardo Kac – Book. Launch Paris, 11 – 2016