L’olfatto trascendente è parte di «Il Corpo eterno. I sensi umani come laboratorio del potere, fra crisi ecologica e trans umanesimo» di Elena Giulia Abbiatici. Progetto realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (IX edizione 2020), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.
Secondo il ricercatore R.A. Schwaller de Lubicz, la pianta architettonica del tempio di Luxor – uno dei più grandi complessi templari egiziani, situato sulla riva orientale del Nilo, nell’antica Tebe – sarebbe la rappresentazione del sistema olfattivo umano; a riprova della considerazione dell’olfatto quale punto di origine e arrivo dell’esperienza umana per gli egizi[1]. Gli egizi reputavano infatti il naso degli uomini un santuario e confezionavano ricette, ancora oggi inscritte nei sarcofagi, per la composizione di miscele d’essenze che fungessero da viatico salvifico per l’aldilà. Accompagnavano il morto, anche tramite la pratica della mummificazione con mirra e incenso, per rendere più leggero e solenne l’ingresso nella dimensione oltre morte.
Il mondo contemporaneo, invece, rifiutando e annullando idealmente la morte, sembra avere accantonato in un qualche modo il senso più trans-corporale di tutti, utilizzando un’espressione impiegata dal Prof. Hsuan L. Hsu. Nel suo libro The Smell of Risk passa in rassegna le sfumature che paesaggi olfattivi, artistici o letterari portano con sé: attraverso un mezzo invisibile e intangibile – riescono a disvelare il progressivo divenire asettico, osmofobico, se non colonialista della nostra realtà. Caratteristiche del reale, filtrate attraverso un senso trans-corporale da ristabilire, riporre al centro attraverso una costante attenzione quotidiana.
La cancellazione, il rifiuto e il superamento di alcuni odori è emblema di un’umanità metropolitana che li ha sostituiti con altri, proliferanti di componenti inquinanti derivati da rifiuti, scarichi automobilistici e industriali. I VOC (Volatile Organic Compounds) che respiriamo, elementi organici trasportati da vento e polvere, vengono rilasciati lentamente nel corso del tempo dai materiali usati in architettura e design come: gres, pannelli di legno, tessuti sintetici, moquette, detergenti etc[2]. Si tratta di paesaggi olfattivi – inquinati – confezionati su misura, a cui l’industria dei deodoranti ha riposto con prodotti che coprissero, non eliminassero, gli odori preesistenti negli ambienti domestici e sociali. Il trattamento della purificazione dell’aria incide notevolmente sulle componenti emozionali e relazionali. Nel1986 Clino Trini Castelli e Marek Piotrowski avevano ricreato una «camera bianca», purificando l’aria di una camera come fosse l’ambiente sanificato di una sala operatoria e la reazione dei visitatori era di totale disorientamento[3].
L’aria asettica rappresenta il punto estremo e finale di un processo iniziato nel Novecento, quando l’odore del corpo morto è diventato clinico, quindi disinfettato, congelato. E l’odore del sangue e del corpo in putrefazione e decomposizione hanno acquisito una netta distanza, soprattutto olfattiva, con l’accadimento della vita. La morte non è più accompagnata come momento di passaggio ad una nuova vita, ma temuta, abbandonata. Lo dimostrano anche le scene dell’ultimo anno. I funerali non sono stati celebrati e le salme sono state destinate ad uno spazio non solo ben lontano fisicamente, ma anche emotivamente. I rituali funebri non sono più impregnati della dimensione olfattiva del rito della imbalsamazione egizia: le salme sono cristallizzate, messi in formaldeide, estremizzando il rito secondo l’immaginario di Damien Hirst.
Per opposto, Museum of Edible Earth, premiato ad Ars Electronica Starts Prize 2021, incoraggia l’esperienza della geofagia – la pratica di mangiare la terra, antica pratica spirituale e sacrale diffusa in paesi come Africa Asia e Latino America. Iniziato come progetto nel 2017, Museum of Edible Earth[4], nel 2020 è arrivato a catalogare e archiviare più di 400 tipi di terre da 34 paesi differenti, con l’obiettivo di rivalutare la sacralità dell’elemento terra, declassato nell’era moderna a elemento sporco e antigienico.
Se da un lato un’opera di deodorizzazione trasversale ha reso asettici molti spazi collettivi e l’inibizione antibiotica ha batteriologicamente poveri i nostri corpi, dall’altro oggi i microbi producono un’ampia gamma di prodotti, inclusi enzimi, alimenti, bevande, materie prime, combustibili e prodotti farmaceutici, fino – ironicamente a produrre l’odore del sudore come nostalgico effetto dell’attività produttiva. E’ il lavoro di Paul Vanouse,che in Labor (2019) ricrea, attraverso dei bioreattori, l’odore delle persone che si esercitano in condizioni di stress, generando un cortocircuito fra forme sempre più pervasive di produzione microbica e progressiva scomparsa del sudore a seguito di attività sempre più computer-based. Nell’installazione l’odore specifico è creato dai batteri che si propagano nei tre bioreattori di vetro, ognuno dei quali incuba una specie di batteri cutanei umani responsabili dell’odore primario dei corpi sudati per sforzo, stress, ansia: Staphylococcus epidermidis, Corynebacterium xerosis e Propionibacterium avidum.Il profumo si diffonde per tutto lo spazio espositivo e, immersi in questa atmosfera, riflettiamo sul ruolo dei microbi nei processi biologici dei nostri corpi, nel nostro sistema immunitario, digestivo, emozionale… La visione antropocentrica imperante ha fatto perdere di vista l’effettiva natura del rapporto «ecologico» fra mondo vivente macroscopico e microscopico, rapporto di costante cooperazione e conflitto fra la specie umana e specie particolari di microrganismi. Intenzione dell’opera era anche – afferma l’artista: «forzare quegli odori che erano stati disprezzati, perché classificati e razzializzati nel regno dell’alta cultura quali l’opposto dell’estetica occidentale del buon gusto».
Anche Anicka Yi[5], artista coreana-americana, crea installazioni popolate da batteri e germi, scelti tanto per la loro bellezza estetica tanto per rimettere al centro dell’agenda culturale la coesistenza con tali organismi connaturati alla vita, ma azzerati dalla logica capitalista occidentale, in cambio di polveri sottili e cibo geneticamente modificato o coltivato con pesticidi. Anicka Yi ricorre a fragranze, cibo e batteri fermentati per portare l’arte verso un’esperienza corporea.
I suoi lavori incorporano campioni microbiotici, batteri in germinazione, come fossero materia pittorica, per esaminare ciò che chiama «una biopolitica dei sensi» ovvero la relazione che esiste fra percezione degli odori e le questioni legate al genere, alla razza e alla classe. Nell’installazione Life Is Cheap, presentata in occasione dell’ Hugo Boss Prize 2016 (curata da Katherine Brinson, curatrice di arte Contemporanea al Solomon R. Guggenheim Museum, e Susan Thompson, assistente alla curatela per «Life is Cheap»), ha creato un’ambientazione di due diorami sui quali crescevano e si moltiplicano, su uno, ceppi di batteri campionati da siti dei quartieri Chinatown e Koreatown di Manhattan, sull’altro una colonia di formiche, insetti con una struttura sociale matriarcale strettamente dipendenti dal sistema olfattivo come guida al comportamento. Le formiche sono state esposte a una fragranza chiamata Immigrant Caucus, un profumo ibrido nato dalle fragranze di una donna asiatico-americana (vegetale e floreale, con note di cedro, fieno, cumino e cellophane) e da una formica carpentiere (agrumata e carnosa), abbinate a un insieme di profumi derivati da composti presenti nel sudore umano e nel tessuto delle formiche. Lo spazio della galleria era quindi pervaso da un odore piuttosto spiacevole, per sottrarre lo spettatore da una situazione confortevole che lo distolga dal ragionare su nuovi modelli sociali – come quello delle formiche – guidato dall’olfatto come via essenziale di informazioni e improntato ad una indispensabile collaborazione.
Salvador Dalì diceva che dei cinque sensi l’olfatto è quello che rende meglio l’idea di immortalità, oltrepassando lo spazio e il tempo ed entrando nella sfera del divino. L’indebolimento tuttavia che sta subendo per le minacce ambientali e per l’opera di grande digitalizzazione e industrializzazione che hanno indebolito, come dicevamo all’inzio, la sua funzione primaria.
È provato che la sensorialità olfattiva sta diminuendo perché la nostra sopravvivenza non dipende più da essa, ed è altrettanto dimostrato che alti livelli di inquinamento olfattivo aumentano i disturbi olfattivi. Alterazioni acute e croniche del gusto e dell’olfatto sono dibattute a causa di smog, sostanze industriali, solventi, erbicidi, fungicidi, pesticidi, disinfettanti, germicidi, fumiganti del suolo, coloranti, prodotti farmaceutici, rifiuti tessili, smog, tabacco fumo, aromi, plastica, gomma sintetica[6]. Inoltre l’esposizione all’inquinamento atmosferico — e in particolare a particolato (PM) – è fortemente associata a un rischio più elevato di disturbi dello sviluppo neurologico, cattiva salute mentale e difetti cognitivi[7].
Dal canto suo, la tecnologia ha lavorato per sostituirsi ad una genetica potenzialmente molto solida. E’ del 2020 lo studio rivoluzionario di un team di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) in collaborazione con la Harvard University di Boston (Usa), che è riuscito a far sì che un odore artificiale fosse trasmesso e percepito direttamente dalle cellule nervose del bulbo olfattivo, riuscendo così a comprendere come il cervello elabori lo stimolo olfattivo. Il team guidato da Stefano Panzeri, coordinatore del Centro IIT di Neuroscienze e Scienze Cognitive di Rovereto e responsabile del laboratorio Neural Computation, mediante l’utilizzo di algoritmi di machine learning, ha sviluppato modelli matematici in grado di interpretare e tradurre la lingua delle cellule nervose legate alla percezione degli odori. Si tratta di una scoperta decisiva perché apre la strada allo sviluppo di protesi nervose in grado di ripristinare il funzionamento degli organi di senso danneggiati, mediante interfacce artificiali e quindi il funzionamento di parti lese del nostro cervello[8].
Con precedenti assoluti del calibro di Sterlac e Orlan, Neil Harbisson e Moon Ribas, co-fondatori di Cyborg Foundation[9], hanno ampliato le loro limitate capacità umane attraverso un impianto di sensori. In un’ottica di transorialità o trans-sensorialità fra specie viventi, Harbisson ha acquisito la capacità di vedere i colori attraverso i suoni e Ribas di percepire in anticipo le scosse telluriche come gli animali, rivendicando i diritti di movimento identità e cittadinanza dei cyborg. L’immagine di Et Atkins che in Safe Conduct (2016), la grande installazione video a tre canali, prevedeva un futuro distopico in cui organi artificiali venivano depositati come accessori e letti da uno scanner in aeroporto sembra farsi non troppo lontana.
Nell’epoca degli smart contract e delle intelligenze artificiali, l’uomo diviene parte di un processo tecnico in cui da ideatore, generatore si ritrova a divenire dipendente.
Viaggiando nel futuro, già nel 2000 i Raqs Media Collective e Mrityunjoy Chatterjee [10] si domandavano circa gli esiti del corpo alle sue prime incursioni nella virtualità. In Manuale Global Health Village, manuale cartaceo sulla falsariga dei manuali medici del XIX secolo hanno assemblato tutta la fragile distopia a cui avrebbe potuto essere sottoposto il corpo – forse – futuro: clonazione, lesioni da sforzo ripetitivo, cyborgizzazione, data extraction, protesi virtuali, antropometria e metodi innovativi di tortura.
Alla fine, potremmo dire che nella nostra società razializziamo gli odori culturali, rifiutiamo gli odori del corpo, batteri e virus, e l’odore della morte, ma non abbiamo problemi ad abbracciare gli odori generati dal consumo e dalla produzione industriale. Nel mezzo di un avanzato processo artificializzazione dell’umanità e di inquinamento dei sensi umani, rimandiamo la morte e cerchiamo l’immortalità affidandoci a impianti di sensori, protesi nervose, organi bionici e a loro deleghiamo il compito di ripristinare o appropriarsi dei punti di vulnerabilità umani. Viene da pensare alle profumerie di Italo Calvino, «per l’uomo futuro senza naso».
[1] Anna Barbara e Anthony Perliss, Architetture Invisibili. L’esperienza dei luoghi attraverso gli odori, Skira, Ginevra-Milano, 2006, p. 21
[2] Anna Barbara e Anthony Perliss, Architetture Invisibili. L’esperienza dei luoghi attraverso gli odori, Skira, Ginevra-Milano, 2006, pp. 38-39.
[3] Anna Barbara e Anthony Perliss, Architetture Invisibili. L’esperienza dei luoghi attraverso gli odori, Skira, Ginevra-Milano, 2006, pp. 92-93.
[4] https://museumofedible.earth/
[5] https://www.guggenheim.org/exhibition/the-hugo-boss-prize-2016
[6] https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/1608635/
[7] https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1471489219301201#!
[8] DOI 10.1126/science.aba2357 (https://science.sciencemag.org/content/368/6497/eaba2357)
[9] https://www.cyborgfoundation.com
[10] https://works.raqsmediacollective.net/index.php/2000/09/16/global-health-village-manual/
immagini: (cover 1) Paul Vanouse, «Labor»,installazione multi-sensoriale, Burchfield Penny Art Gallery, Buffalo, NY. Foto: Tullis Johnson (2) Paul Vanouse, «Labor», Multi-sensory installation, Prix Ars Electronica Festival, OK Center, Linz, Austria, 2019. Foto: Otto Saxinger (3-4) The Hugo Boss Prize 2016: Anicka Yi, «Life Is Cheap», panoramica dell’installazione, 21 aprile –05 luglio, 2017, Solomon R. Guggenheim Museum, New York (5) Ed Atkins, «Safe Conduct», 2016,Video still, ©Ed Atkins, Courtesy dell’Artista, dépendance, Brussels, Galerie Isabella Bortolozzi, Berlino, Cabinet Gallery, Londra, e Gladstone Gallery, New York (6)Raqs Media Collective, Global Health Village, 2000
Articoli precedenti:
E.G.Abbiatici, Per una bio-politica degli odori. Pt II, 22.07.2021
E.G.Abbiatici, Per una bio-politica degli odori. Pt I, 20.07.2021
E.G. Abbiatici, Sotto al naso, Arshake, 03.03.3021
E.g. Abbiatici, Nasi (artificiali) eccellenti, Arshake, 04.05.2021
Partner di progetto: Arshake, FIM, Filosofia in Movimento-Roma, Walkin studios-Bangalore, Re: Humanism, Unità di ricerca Tecnoculture – Università Orientale di Napoli, GAD Giudecca Art District-Venezia, Arebyte (Londra), Sciami (Roma).Progetto realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (IX edizione 2020), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.