Nella mostra Splendore Neolitico a cura di Anna Cestelli Guidi l’artista romano Matteo Nasini ha celebrato l’epoca remota in cui l’uomo inventa la musica. La mostra ha fatto riemergere armonie primordiali che creano un ponte tra la musica ancestrale e i suoni sintetizzati della musica sperimentale contemporanea.
La prima sala introduceva l’ambientazione preistorica dell’universo di Nasini con un arazzo che ricorda l’iconografia figurativa dell’arte rupestre. Il paesaggio naturale in fili di lana di Principio Selvatico allude all’originarietà di una natura integra, vivace e vitale. I vulcani, gli alberi e i fiori che popolano l’opera evocano un periodo della storia dell’umanità in cui primeggiavano la natura e il misticismo.
L’installazione ambientale nella seconda sala alludeva a una dimensione arcaica e surreale. Per dare vita alla composizione Splendore Neolitico Nasini ha compiuto una ricerca archeologica del suono in collaborazione con il Museo di Storia Naturale di Verona dove ha selezionato delle ossa fossilizzate risalenti al Neolitico che ha trasformato in strumenti a fiato. Ispirandosi ai primi musicisti che nel Paleolitico bucavano corna, ossa e conchiglie per modulare suoni melodici, l’artista riproduce i reperti in ceramica bianca tramite il procedimento della stampa in 3D. Queste sculture sonore prodotte con l’ausilio della tecnologia hanno ripreso vita in una performance live la sera dell’inaugurazione. Il concerto è stato registrato e diffuso in loop durante il periodo della mostra come una colonna sonora ipnotica che riportava l’anima del passato attraverso il respiro del presente.
La melodia composta da Nasini si rifà al linguaggio sonoro usato nelle pratiche rituali sciamanistiche e animistiche degli inventori della musica che quaranta mila anni fa scoprirono la magia della risonanza acustica. Splendore Neolitico ha messo in scena quel momento cruciale in cui l’Homo Sapiens Sapiens entra nella fase simbolica della sua evoluzione e inizia ad usare l’immagine e il suono per comunicare con la natura e il divino. Nei riti religiosi, nelle feste e nella quotidianità di ieri e di oggi la musica crea simbiosi, estasi, superamento dell’Io e esaltazione di un Noi. Laureatosi in contrabbasso nel 2002 al Conservatorio di Santa Cecilia, l’artista-compositore conosce il potenziale aggregativo della musica, che l’antropologo Paolo Apolito chiama la “forza ritmica.” Per Apolito il ritmo possiede una forza magnetica in grado di generare delle comunità ritmiche che creano legami di sintonia e di condivisione tra le persone (Paolo Apolito, Ritmi di Festa, 2014).
In questo scenario visivo e sonoro lo spettatore diventa protagonista di un viaggio meditativo agli albori della storia. L’ambiente fisico del luogo sembra rimandare all’attività stessa dell’archeologo che, come un artigiano tesse i fili del passato, ricostruisce edifici caduti e rielabora melodie estinte. Una lunga treccia colorata, colonne di lana a forma di fiore, ossa di ceramica e una pila di pietre ricoperte di tessuto compongono il percorso nelle vestigia di un passato immaginario eretto dall’artista in un inno all’umanità.
Nasini restituisce colore e suono a un mondo che conosciamo solo attraverso tracce incolore e silenziose. La sua visione utopica dell’epoca preistorica diventa metafora di un’umanità primordiale che è essenzialmente ritmica.
Matteo Nasini, Splendore Neolitico, a cura di Anna Cestelli Guidi, Auditorium Parco della Musica – AuditoriumArte, Roma, 08.31.03.2019
immagini: (all) Roma, Auditorium Parco della Musica 28 03 2019. ONE SPACE/ONE SOUND 15
MATTEO NASINI – SPLENDORE NEOLITICO © Fondazione Musica Per Roma / foto Musacchio, Ianniello & Pasqualini