Arshake pubblica, oggi, la terza di cinque parti del progetto di ricerca sulle Macchine Inutili di Bruno Munari, nato dalla collaborazione tra Luca Zaffarano e il fotografo Pierangelo Parimbelli che ha realizzato le immagini inedite che accompagnano il testo.
> Bruno Munari e le Macchine Inutili. pt I (Arshake, 12 marzo, 2014) e Bruno Munari e le Macchine Inutili, pt II (Arshake, 19 marzo, 2014).
Bruno Munari e le Macchine Inutili. La programmazione.
In questa sezione concentriamo la nostra attenzione sulle caratteristiche progettuali, di produzione seriale e di programmazione calcolata delle forme che si ottengono dal movimento degli elementi della macchina.
Durante gli anni cinquanta Munari inizia ad affrontare il problema teorico di produrre oggetti a sola funzione estetica, ovvero opere d’arte prodotte in modo seriale adottando le tecniche della produzione industriale. Allo stesso tempo la sua attenzione si rivolge, seguendo una linea di pensiero razionale che dalle forme dell’astrattismo concreto evolve verso un’arte programmata, ad uno sviluppo quasi algoritmico delle forme, in cui il risultato estetico è il frutto di un metodo progettuale basato su regole costruttive.
Per il Natale del 1956 Munari realizza una Macchina Inutile in una piccola serie di 20 esemplari utilizzando un foglio rettangolare di alluminio anodizzato scomponibile in 40 moduli quadrati.[1] Il foglio viene tagliato in sei elementi di lunghezza variabile dando origine a tutte le componenti della macchina. Sulla composizione vengono serigrafati, in punti prestabiliti e in modo difforme sulle due facciate del foglio, undici piccoli quadrati di colore.
La semplicità con la quale la macchina viene fabbricata consente di ridurre i costi di produzione. Munari decide di realizzarla senza partire da un esemplare originale, ovvero da un prototipo dal quale derivare un numero prestabilito di copie.
La produzione seriale nasce direttamente da un processo costruttivo e di fatto rappresenta la prima «opera moltiplicata» dell’artista. La sua realizzazione precede di poco le prime produzioni seriali delle Sculture da viaggio (1958) e la partecipazione, nel dicembre del 1959, al progetto delle Edizioni M.A.T. (Multiplication d’Art Tranformable) di Daniel Spoerri, un progetto con il quale l’artista romeno presenta a Parigi opere cinetiche serializzate di Albers, Duchamp, Malina, Munari, Soto, Tinguely, Vasarely ed altri.
Spoerri evidenzia quanto sia importante che i multipli abbiano delle caratteristiche cinetiche, di movimento: «Anche se i proprietari di un’opera cinetica prodotta in un’edizione di cento copie hanno pezzi che rispondono alle stesse qualità specifiche, in realtà posseggono un’opera unica perché, in se stessa, cambia continuamente».[2]
L’opera, dunque, riassume in sé diverse caratteristiche: nasce da un progetto, si ottiene semplicemente ritagliando un foglio di alluminio serigrafato, è una realizzazione cinetica in cui la forma nello spazio non è definita a priori.
Ma la sua vera essenza si dimostra in pieno e in tutta la sua spettacolarità quando viene installata. Adeguatamente illuminata è in grado di definire uno spazio cinematografico di intensa fruizione, capace di suscitare emozioni grazie all’equilibrato dosaggio di caratteristiche compositive come la leggerezza, la libertà di movimento degli elementi, la riflessione luminosa, la creazione di immagini rarefatte, l’assoluta irripetibilità delle forme.
La città di Milano e il Museo del Novecento dedicano, a partire dal 3 Aprile, 2014, una retrospettiva al poliedrico e visionario Bruno Munari (1907-1998). In questa occasione, e partendo dalla sua serie di «Macchine Inutili», Luca Zaffarano traccia un ritratto a tutto tondo di questo artista eclettico che Arshake pubblica in cinque parti, con cadenza settimanale. Le Macchine Inutili diventano filo conduttore di un racconto che si ricollega alle molteplici sfaccettature dell’artista, illustrato da fotografie inedite scattate da Pierangelo Parimbelli.
[1] Rassegna Domus Per Natale, in Domus n.325 dicembre 1956
[2] G. Ballo, La mano e la macchina – dalla serialità artigianale ai multipli, Jabik & Colophon : Sperling & Kupfer, Milano, 1976.
immagini (1 cover) Progetto di Macchina Inutile, pubblicato in Bruno Munari, Arte come Mestiere, Laterza, Bari, 1966. (2) Tracciato armonico da realizzare su foglio di alluminio anodizzato dei 6 elementi che compongono la Macchina Inutile (1956), pubblicato in Bruno Munari, Il quadrato, Scheiwiller, Milano, 1960. (3) Studio dei movimenti di una Macchina Inutile, pubblicato sul Bollettino n.5 Movimento Arte Concreta, Milano, 1952. (4-5-6) Bruno Munari, Macchina Inutile 1945-1995, momenti della rotazione degli elementi della Macchina Inutile (1945-1995) fotografati di Pierangelo Parimbelli.