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Marco Cadioli - The Whirlpool
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Home News Focus

Intervista | Piero Gilardi

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06/05/2018
in Focus
Intervista | Piero Gilardi
La visione versatile e poliedrica dell’artista Piero Gilardi è da qualche anno estesa e integrata progetto PAV – Parco Arte Vivente, concepito nel 2002 come ‘laboratorio del vivente’. Qui arte e ecologia si muovono in una traiettoria che indirizza l’arte verso una forma relazionale e di co-creazione, attiva e propositiva. «Mentre l’odierna devastante crisi – afferma Gilardi – sembra condurre il post-capitalismo liberista all’implosione, si aprono lentamente gli spazi per la costruzione di un’alternativa politica globale, i cui punti di forza sono la cosiddetta conversione ecologica del modello produttivo-estrattivo e la costituzione di una nuova democrazia per la gestione di tutti i beni comuni, compresa la conoscenza e il lavoro cooperativo. L’arte oggi può e deve corroborare questa costruzione politica, non limitandosi alla denuncia delle feroci conseguenze sociali delle politiche ultraliberiste dominanti, ma implementando il ‘senso’ nuovo delle pratiche alternative sperimentate dai movimenti a livello glocal» (P. Gilardi). Questa la sintesi del pensiero di Piero Gilardi che introduce, nella quarta di copertina, il suo ultimo libro La mia Biopolitica, una raccolta di scritti raccolti dal 1963 al 2014,  uscita in una bella edizione di Prearo Editore, a cura di Tommaso Trini e realizzata in collaborazione con la Fondazione Centro Studi Piero Gilardi. La conversazione via e-mail, alla quale Gilardi si è generosamente e prontamente prestato, ha acceso i riflettori sul rapporto tra pratiche sperimentali e sistema istituzionale e sulle difficoltà crescenti che il (concreto) avvicinarsi dei linguaggi artistici alla vita vera, tanto quella informatica quanto quella biologica comporta. Questo è vero tanto in relazione ai cambiamenti dei parametri estetici, quanto alle sfide pratiche di presentazione e conservazione.

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La sua visione di artista, teorico e curatore, è sempre riuscita a posare lo sguardo oltre tempo e contingenza. Penso, per esempio, al progetto urbanistico-architettonico per una società cibernetica presentato nella mostra «Macchine per il futuro» del 1963. Quali nuove direzioni della vita, dell’arte e del loro intrecciarsi, immagina nel prossimo futuro?

La civilizzazione odierna è in grande crisi. Stiamo andando dritti verso il collasso ecologico del pianeta sul quale domina la disuguaglianza e l’ingiustizia sociale perpetrate dal capitalismo neoliberisti. Una minoranza del genere umano – 100 milioni circa – sta lottando per arginare i disastri e cercare di costruire un nuovo modello di sviluppo equo, solidale ed ecologicamente sostenibile. Noi artisti consapevoli siamo dentro a questa minoranza, «come i pesci nell’acqua».

Oggi tutto sembra muoversi nel flusso mediatico. L’arte attraversa i musei per raggiungere il pubblico, prima di ogni altra cosa, attraverso i media. Quanto è importante per un’istituzione e per un centro sperimentale come il PAV, curare l’ aspetto della comunicazione?

E’ ovviamente importante. Il PAV non ha un budget che permetta di sviluppare la comunicazione al di là del sito web e dei social. Tuttavia il PAV offre sempre delle esperienze di interazione artistica e umana intense e trasformative.

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In un articolo su «Flash Art »del 1998 (I rizomi dell’arte digitale in Italia. Il tempo delle elaborazioni complesse) fa riferimento alla mancata ricettività da parte istituzionale della svolta multimediale. La stessa resistenza sembra esserci, in particolare in Italia, verso la bio arte. A quali motivi attribuisce questa presa di posizione oltre alle difficoltà pratiche di dover incastrare i linguaggi ibridi nella rigidità della griglia burocratica?

Si tratta di un ritardo culturale dei responsabili delle istituzioni museali, nel contesto di un ritardo culturale del pensiero della sinistra italiana che non si accorgeva che la controparte capitalista stava utilizzando le tecno-scienze per cambiare gli stessi rapporti sociali di produzione con la cibernetica e l’automazione.

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Nella prefazione al suo ultimo libro, La mia biopolitica, che raccoglie i suoi scritti dal 1963 al 2014, accenna alle avversità politiche e istituzionali che avete affrontato – e che affrontate  -nel portare avanti il programma del PAV. Quali sono gli ostacoli principali? Ci sono stati anche conflitti di interessi politici rispetto alle tematiche indirizzate a politiche ecologiche?

La classe politica di Torino è sempre stata «industrialista» con poca, o nessuna sensibilità ecologica. L’assessore alla cultura Alfieri che ha appoggiato la realizzazione del progetto del PAV, oggi non c’è più. La città è stata sventrata e cementificata e il verde pubblico è trascurato come d’altra parte la cultura, a parte quella spettacolare che porta introiti turistici.

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 Quali reazioni hanno suscitato, in particolare, i lavori di Eduardo Kac, di Marta de Menez e dei Critical Art Ensemble?

Il PAV ha documentato gli artisti e le esperienze della Transgenetic Art senza suscitare particolari reazioni «bigotte». Il lavoro di questi artisti è stato accompagnato da un discorso scientifico approfondito che ha spiegato non solo il senso evolutivo delle ibridazioni ma anche la finzione riparativa delle biotecnologie rispetto agli squilibri della biodiversità.

[youtube id=”f-fP2azz-WM” width=”620″ height=”360″]

Quale ruolo crede debbano assumere oggi i musei tradizionali rispetto ai nuovi linguaggi sperimentali, in particolare quelli che vivono nel flusso della vita biologica così come in quello dell’informazione?

Penso che le istituzioni museali debbano accogliere sempre di più l’ «Arte del Vivente» e attrezzarsi per gestire progetti artistici complessi che ad esempio implicano la permacoltura.

CAE_artissima_1

Quali sono le direzioni dei progetti futuri?

La futura programmazione del PAV intende approfondire le proposte di una area di artisti che operano nella dimensione dell’agro-ecologia, quindi con esperienze socializzanti e comunitarie che tendono a coinvolgere i compartecipanti su cicli temporali lunghi. Un altro filone artistico che intendiamo indagare è quello dell’arte animalista e antispecista.


Piero Gilardi, La Mia Biopolitica. Arte e lotte del vivente. Scritti 1963 – 2014, a cura di Tommaso Trini, La Mia Biopolitica. Arte e lotte del vivente. Scritti 1963 – 2014, Prearo Editore, Milano 2016Prearo Editore, Milano 2016
PAV – Parco Arte Vivente

immagini
(cover 1) Piero Gilardi, Fotografia di Kristin Man, PAV, 2015 (2) Eduardo Kac, Living Works, veduta mostra, PAV, giugno 2011 (3) Marta de Menezes, In the beginning there Was the Word, 2008-2011, installazione: semi di grano su volume antico, dimension variabili (4) Piero Gilardi, La Mia Biopolitica. Arte e lotte del vivente. Scritti 1963 – 2014, a cura di Tommaso Trini, Prearo Editore, Milano 2016, Cover (5) Marta de Menezes, veduta della project room durante la mostra Body Nature, PAV, 2011 (6) Workshop_23/New Alliance, condotto dal CAE al PAV e nell’ambito di ZonArte ad Artissima, novembre 2011
Tags: arsarshakearte relazionalebiopoliticsbiotechnologyco-authorshipcollaborativeecologyElena Giulia RossiExperimentalinterviewPAV-Parco Arte ViventePiero Gilardipoliticsrelational arttechnologyTorinotransgenetic artTurin
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