Questa volta è Peter Greenaway. E’ lui ad accettare il mio invito a interrogarsi sull’odierna situazione da fine di una partita e necessità di re-start. Risponde con parole visionarie e intense per metterci in guardia da noi stessi e aggiunge al testo una sua incredibile opera visiva dedicata al Golem, quella figura emblematica di crisi, difesa, cambiamento.
Regista eccezionale e di culto, che ha accompagnato generazioni di creativi e intellettuali, Greenaway raggiunge Sarah Rigotti, Tobias Rehberger, Michele Lanzinger e Antonio Lampis (https://www.arshake.com/we-need-a-golem/), ossia una macellaia di montagna, un artista da Leone d’oro, il direttore di un museo di scienze e un manager della cultura, a cui ho posto le medesime tre domande in un’intervista multipla, secondo una modalità ricorrente nella mia pratica artistica, per contribuire al progetto curatoriale GAME OVER. Sono grato ad Arminio e Paolo Sciolli che tre anni fa mi hanno fatto incontrare Peter in una fantastica serata a Pura. Ecco il Golem di Greenaway, forse – mi piace pensarlo – scintilla per una nuova opera filmica.
Stefano Cagol
Stefano Cagol: Il valore della conoscenza tutt’a un tratto viene messo in discussione…
Peter Greenaway: Qui c’è un Golem inadeguato, malformato – come sicuramente ogni Golem deve essere – essendo fatto dall’uomo – venendo fuori dal fuoco della fornace, dalle ceneri del falò, strappato via dallo spiedo – danneggiato, bruciato, graffiato, scottato, arrostito, infiammato – con due braccia in più per aiutarlo inadeguatamente e fornirgli dei pezzi di ricambio se le originali cadessero nelle fiamme carbonizzate. È un Plutone rifatto – una figura alquanto indecifrabile – essendo anche bidimensionale oltre che tridimensionale – con fori in cui inserire corde per tenerlo su e muoverlo – fori attraverso i quali al momento si può vedere il cielo azzurro limpido e l’erba verde acceso di perfetta creazione. Lui è tristemente imperfetto – anche se è orgoglioso di offrire con arroganza la prova del suo sesso. E ha già commesso il più odioso dei peccati. Avendo inquinato la Terra, e ora è deciso a inquinare il Cosmo.
Come trasformarci (ibridarci) per proteggerci (da noi stessi)?
Fermate l’imputridimento ora! Basta con l’esplorazione spaziale! Niente più spazzatura nello spazio! L’esplorazione spaziale è una strada senza via d’uscita. Un fenomeno che non può essere favorevole. Andando all’origine di ogni attività e azione conosciuta – quando scopriamo gli Altri – vengono irrevocabilmente condannati – saranno sfruttati tanto da non poter più vivere – fino all’annientamento e oltre – e faranno la fine di tutti gli sfruttati – i tasmaniani, gli indiani del Nord America, la balena blu, il rinoceronte bianco, il piccione viaggiatore grigio e rosa, il dodo… e se sono loro a trovarci, siamo noi ad essere inevitabilmente condannati. Saremo irreparabilmente mutilati, sfruttati, umiliati, ingannati, distrutti. Un disastro tutto in giro. E, rimanendo sui colori, come potranno più comunicare nel mondo la formica rossa e la balena blu? Non riescono a vedersi l’un l’altro. Abitano media diversi. L’uomo nero e l’uomo bianco hanno problemi profondi e sono la stessa specie. Il successo di Darwin del più adatto al suo ambiente – nel corpo, nella mente, nella morale, nell’immoralità – che alla fine significa entropia.
Proponi un semplice, anche se utopico, consiglio all’umanità. Come piccolo step di una corretta evoluzione.
Che diavolo fare, allora, con la nostra curiosità? È inarrestabile. Certamente guardate se dovete – ma non toccate. Siamo in giro da tanto tempo abbastanza da aver capito che siamo il veleno mortale. Fermatevi ora. Inventate la vostra virtualità, non calpestate la vostra realtà. Perché se continueremo a cercare gli Altri – saranno sicuramente presto trovati e poi cancellati e inquinati in modo indicibile. Il tempo è stato creato per tenerci separati, non uniti. Se non ci fermiamo ora, il cielo blu e l’erba verde saranno cancellati e tutto sarà nero e freddo. Non c’è da stupirsi. Nell’entropia tutto finisce. Forse è possibile rallentare l’Entropia? Il meglio che possiamo fare? Proviamo a farlo soffocando il nostro desiderio immaturo di essere lassù con le stelle. Bruciamo il telescopio Hubble. È puro luddismo? Possiamo chiamarlo istinto di sopravvivenza.
Stefano Cagol (Trento, 1969), vincitore dell’Italian Council 2019 e di premi come il Visit di Innogy Stiftung e il Terna per l’Arte Contemporanea, ha partecipato alla 55° Biennale di Venezia, Manifesta 11, 14° Biennale di Curitiba, 2° OFF Biennale Cairo, 2° Xinjiang Biennale, Barents Art Triennale 2013 e 1° Biennale di Singapore, e tenuto mostre personali presso CCA Center for Contemporary Art Tel Aviv, museo MA*GA, Mart, CLB Berlin, ZKM Karlsruhe. Ha studiato all’Accademia di Brera e alla Ryerson University di Toronto con una borsa di studio post-dottorato del Governo del Canada. Le sue opere, spesso multi-formi e multi-sito, riflettono sui temi dell’oggi, dai confini, ai virus, alle questioni ecologiche e dell’interferenza dell’uomo sulla natura.
L’intervista a Peter Greenway è parte di WE NEED A GOLEM, intervento artistico di Stefano Cagol per Loading, a seguire l’intervista multipla a Antonio Lampis, Sarah Rigotti, Tobias Rehberger, Michele Lanzinger, Stefano Cagol (Arshake, 11.02.2021). Loading è la fase preliminare di GAME OVER, progetto finalizzato alla ricerca e allo studio di nuove “entità culturali”, persone, oggetti o ricerche provenienti da diversi ambiti disciplinari (i.e. fisica, bio-robotica, AI, agricoltura, medicina) e al loro traghettamento nel mondo dell’arte. Si tratta di una ricerca ma anche di un gesto che va oltre il semplice dialogo interdisciplinare e diventa piuttosto radicale: un vero e proprio ‘trapianto’ di ambiti di ricerca indirizzato alla predisposizione di future c(o)ulture, dove la “creatività” corrisponde ad “invenzione” ed “invenzione” corrisponde a contribuire ad una trasformazione. Una scintilla, un segnale di mutazione genetica, un cambio di direzione, un cortocircuito. Un’energia diversa che sia il segnale di un cambiamento in atto e che possa costituire nuova linfa vitale per il sistema della Cultura. Questa prima fase è una fase investigativa e si rivolge a visionari, pensatori ibridi di vari settori, inclusi quelli della cultura, che possano esprimersi sulle necessità attuali, ciascuno in relazione al proprio ambito disciplinare e, in linea più generale, nel rispetto della cultura e della società ad ampio raggio. Project team: Anita Calà Founder and Artistic Director of VILLAM | Elena Giulia Rossi, Editorial Director of Arshake | Giulia Pilieci: VILLAM Project Assistant and Press Office | Chiara Bertini: Curator, Coordinator of cultural projects and collaborator of GAME OVER – Future C(o)ulture | Valeria Coratella Project Assistant of GAME OVER – Future C(o)ulture. Interviste e interventi precedenti: Intervista di Azzurra Immediato ad Amerigo Mariotti (Arshake, 25.02.2021);Intervista a Primavera De Filippi di Elena Giulia Rossi (Arshake, 21.01,2021); Intervista a Valentino Catricalà di Anita Calà e Elena Giulia Rossi (Arshake, 04.02.2021); Intervista multipla di Stefano Cagol a Antonio Lampis, Sarah Rigotti, Tobias Rehberger, Michele Lanzinger, Stefano Cagol (Arshake, 11.02.2021); Intervento video di Andrea Concas (Arshake, 18.02.2021); Intervista di Azzurra Immediato a Leonardo Jaumann(Arshake, 28.01.2021).
immagini: (cover 1) Peter Greenaway – Stefano Cagol, Pura CH, dicembre 2017 (2) GOLEM, © Peter Greenaway, 2021