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Home News Focus

La componente politica del rumore nelle pratiche artistiche dell’ultimo secolo

Pt. II: Nella testa del plankton

Elena Giulia Abbiatici by Elena Giulia Abbiatici
30/10/2021
in Focus
La componente politica del rumore nelle pratiche artistiche dell’ultimo secolo
Oggi, il secondo di due appuntamenti con La componente politica del rumore nelle pratiche artistiche dell’ultimo secolo, parte della ricerca in corso di Elena Giulia Abbiatici su «Il Corpo eterno. I sensi umani come laboratorio del potere, fra crisi ecologica e trans umanesimo».

[…] L’inquinamento acustico prodotto da traffici navali, sonar delle navi militari, airgun estrattivi per la ricerca di idrocarburi ha effetti devastanti sull’ecosistema marino. Sono molti gli studi a proposito, ma risulta difficile, anche a fronte di numerose proposte di divieti per attività estrattive o di deviazione di rotte navali  in aree marittime protette, arginare la propagazione delle onde sonore in mare. La questione si fa sempre più problematica, tanto da assistere sovente a immagini di balene spiaggiate[6].  Diversi gli artisti che hanno sviluppato progettualità partendo dal problema dell’inquinamento sottomarino e circoscrivendolo. Qui vi proponiamo le ricerche di: Francesca Thyssen Bornemisza, artista e fondatrice della fondazione Thyssen-Bornemisza Art Contemporary (TBA21); Robertina Sebjanic, artista e ricercatrice slovena; Victoria Vesna, media artist, docente alla UCLA nel Dipartimento di Design | Media Arts, fondatrice e direttrice dell’ UCLA Art Sci center’.

Francesca Thyssen Bornemisza ha performato una lecture di grande denuncia, sullo sfondo di un battere di frastuoni sempre più insistenti a volume crescente. Il progetto si avvale della collaborazione con l’Acoustic Ecology Laboratory dello Scripps Institution of Oceanography, il premiato documentario della NRDC Sonic Sea, le spedizioni della TBA21-Academy, e l’artista del suono Jana Winderen. Sounds too Many, (suona troppo – appunto), è il nome della lecture-performance di Francesca Thyssen-Bornemisza, realizzata attraverso tecniche sofisticate di audio ingegneria per un’esperienza immersiva e travolgente. Suoni mai sentiti prima sono stati spazializzati dai sound designer dell’Ears Up Sound Design Studio di Burbank, California, in collaborazione con Meyer Sound Laboratories e diffusi presso l’Ocean Space di Venezia, sede della TBA21 presso la Chiesa di San Lorenzo, dove, si racconta, sarebbe sepolto Marco Polo. Ocean Space per l’occasione si fa set di una rappresentazione che si svolge ogni giorno nelle acque lungo la laguna, e permette di problematizzare le conseguenze del turismo di massa sulla biodiversità di molte città portuali.

Noise Aquarium ci proietta invece in un grande acquario popolato da giganti plankton delle dimensioni delle balene, che simula la sensazione acustica prodotta dall’inquinamento antropogenico sui plankton. Questi microcosmi sono gravemente colpiti dai nostri rifiuti e dall’inquinamento acustico, generati soprattutto dal consumismo. Uno studio condotto nel 2017 da McCauley et al. su Nature Ecology & Evolution ha affermato che la tecnica dell’airgun provochi significativi decrementi delle abbondanze e un aumento della mortalità degli organismi zooplanctonici entro una sfera di raggio pari a 1,2 km dalla sorgente sonora[7]. Victoria Vesna, artista e professoressa alla UCLA, insieme al team di lavoro di Alfred Vendl, direttore del Scientific Visualization Lab dell’Università di Arti Applicate di Vienna, ha sviluppato il Noise Aquarium, presentato in numerose location a livello mondiale. All’Ars Electronica Festival 2018, il Deep Space 8K è stato trasformato per l’occasione in un acquario di plancton immersivo. (Sarà riproposto alla Pratt Manhattan gallery in NY a novembre 2021 e sarà parte di una grande esibizione intinerante al Barbican Centre di Londra).

La straordiarietà di questa simulazione è dovuta ad un team composto da biologi, chimici, nano-tossicologi e un animatore, che sono stati in grado di trascendere il tema ecologico in forme estetiche che aiutano a riposizionare i gradi di importanza dei microorganismi sull’ecosistema marino e terreste, esagerando le dimensioni dei plankton e palesando la fonte antropica dei rumori. Le scansioni 3D dei plankton sono state ottenute con tecniche scientifiche uniche d’imaging, realizzate dallo zoologo Thomas Schawha e il biologo Stephan Handschuh. Le scansioni sono passate poi a Martina Froeschl, specializzata presso il Vendl’s Scientific Visualization Lab nelle visualizzazioni scientifiche animate al computer di entità organiche microscopiche scansionate tomograficamente. Noise Aquarium è stato concepito per essere fruibile sia attraverso un video lineare, sia in augumented reality che in virtual reality per un’esperienza immersiva che possa aumentare la consapevolezza dell’offesa che produciamo a microorganismi anche invisibili, dai quali dipende la nostra vita. Il plankton infatti è una delle basi primarie della catena alimentare marina e componente cruciale dell’ecosistema terrestre, perché contribuisce tra il 50 e l’85 % all’ossigeno nell’atmosfera terrestre. Quest’urgenza ha motivato l’artista a creare durante la pandemia una versione di meditazione online. È stata eseguita prima per il centro Laznia in Polonia che ha ospitato la mostra Noise Aquarium con la partecipazione dell’artista del suono Anna Nacher e poi di nuovo a beneficio dei malati del virus in Asia meridionale, ospitata dalla galleria Heong dell’Università di Cambridge. Le immagini suggestive sono accompagnate da un suono binaurale immersivo che trascina il pubblico in una meditazione di queste micro creature.

Jellifish è invece il soggetto di Aurelia 1+Hz/proto viva sonification, audio video performance di Robertina Sebjanic, artista slovena che con questo lavoro ha ricevuto la menzione d’onore per l’Arte Interattiva al Prix Ars Electronica 2016. Il lavoro di Robertina Sebjanic ruota intorno alle realtà biologiche, chimiche, politiche e culturali degli ambienti acquatici ed esplora l’impatto dell’umanità sulle altre specie e sui diritti delle entità non umane. Aurelia Aurita è il nome specifico della medusa protagonista della performance: ha nervi sensoriali rudimentali alla base dei suoi tentacoli che le permettono di percepire luce, odore e orientamento.

L’interesse dell’artista per questa medusa nasce dalla constatazione che si tratti di una fra le specie più adattabili all’Antropocene, capace di resistere ad un inquinamento acustico importante, e in grado di ritornare allo stato di polipo, se minacciata dall’ambiente. L’intenzione dell’artista era provare a comprenderne l’intercomunicazione biologica di Aurelia Aurita, in relazione alla sonificazione dell’ambiente e la bioacustica subacquea, ad oggi ancora sconosciuta. La perfomance audiovisiva ha unito i loop sonori preregistrati di esperimenti sonori di meduse in ambiente chiuso al suono generato dal vivo da un sistema di localizzazione di Aurelia Aurita.

L’esperienza acustica e visiva che nasceva riverberava il fascino sonoro dei movimenti delle meduse, le loro contrazioni e interazioni, e insieme rivelava il valore della bioacustica nello studiare come comunica il mondo naturale e figurare una nuova convivenza interspecie. La performance Aurelia 1+Hz proto viva sonification era affiancata dall’installazione interattiva Aurelia 1+Hz/proto viva generator che interrogava i tessuti della medusa per una possibile applicazione nella medicina rigenerativa, immaginando il verificarsi di un nuovo organismo biocibernetica fra robot e medusa.  Potremo ambire alle risorse omeostatiche delle meduse? Potremo in un futuro immaginare di assumere delle caratteristiche proprie di alcuni organismi viventi, in grado di oltrepassare la barriera del suono o rigenerare i propri tessuti come i propri sensi? Le sirene, metà umane e metà pesci, sono esseri mitologicamente già pensati, il cui canto non a caso ha disperato Ulisse e il loro nome ha finito per essere assimilato a termine di pericolo.

In un altro lavoro, Aqua_forensic, sviluppato durante una residenza finanziata dalla European Media Art Platform –Creative Europe Programme, Robertina Šebjanič e Gjino Šutić hanno approfondito l’impatto dell’inquinamento umano, generato da sostanze chimiche e farmaceutiche, sull’acqua. L’esplorazione è stata condotta a Linz lungo il Danubio e nel mare Adriatico a Dubrovnik e in entrambi i casi l’obiettivo è stata la ricerca, raccolta e analisi di campioni contenenti molecole inquinanti, specialmente di residui farmaceutici, come antibiotici, antimicotici, antidolorifici, pillole ormonali e psicofarmaci. Concepito per generare uno spazio forense, quindi di apertura e dialogo e un ruolo di cittadinanza attiva, il progetto ha previsto un worskhop ad Ars Electronica ed è stato restituito in una forma installativa che evidenziasse la co-conduzione del destino dell’ambiente dei mari e della specie. L’installazione prevedeva infatti una struttura tubolare interpunta da video olografici dei microrganismi morti in una soluzione di farmaci 20.000 volte più debole di una dose umana media.

La sfida che offrono queste opere è quella di conoscere un ambiente sonoro subacqueo, comprendere i riflessi che le nostre tecnologie hanno sull’habitat marino e i ritorni che, in quanto mammiferi terrestri, attraverso biotecnologie mediche possiamo individuare, approfondendo peculiarità specifiche di resistenza e trasformazione. Siamo in grado di accoglierle?

[6] Sordello, R., Flamerie De Lachapelle, F., Livoreil, B. et al. “Evidence of the environmental impact of noise pollution on biodiversity: a systematic map protocol”, in Environmental Evidence, article number 8, 2019. https://doi.org/10.1186/s13750-019-0146-6

[7]  Robert D. McCauley et at., “Widely used marine seismic survey air gun operations negatively impact  zooplankton”, in Nature Ecology & Evolution,  June 2017, 1 (7). DOI: 10.1038/s41559-017-0195

immagini: (cover 1) Victoria Vesna, «Noise Acquarium», Trieste, Italy (group exhibition Curated by Maja Ćirić,2020) (2) Robertina Sebjanic, Gjino Sutic, «Aqua Forensic», 2020,  foto:Photo:Miha: Godec (3) Robertina Sebjanic, «Aurelia 1+Hz, proto viva generator», foto: Godec

La componente politica del rumore nelle pratiche artistiche dell’ultimo secolo è  parte di «Il Corpo eterno. I sensi umani come laboratorio del potere, fra crisi ecologica e trans umanesimo» di Elena Giulia Abbiatici. Progetto realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (IX edizione 2020), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.
Articoli precedenti:
E.G. Abbiatici, La componente politica del rumore nelle pratiche artistiche dell’ultimo secoloPt.I, 14.10.2021
E.G. Abbiatici, L’olfatto come senso trascendente. Il ruolo del naso nella società del corpo eterno, Arshake, 02.08.2021
E.G.Abbiatici, Per una bio-politica degli odori. Pt II, 22.07.2021
E.G.Abbiatici, Per una bio-politica degli odori. Pt I, 20.07.2021
E.G. Abbiatici, Nasi (artificiali) eccellenti, Arshake, 04.05.2021
E.G. Abbiatici, Sotto al naso, Arshake, 03.03.3021

Partner di progetto: Arshake, FIM, Filosofia in Movimento-Roma, Walkin studios-Bangalore, Re: Humanism, Unità di ricerca Tecnoculture – Università Orientale di Napoli, GAD Giudecca Art District-Venezia, Arebyte (Londra), Sciami (Roma).Progetto realizzato grazie al sostegno dell’Italian Council (IX edizione 2020), programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.

 

Tags: arsarshakeecologyelena giulia abbiaticiethernal bodyhuman sensesItalian Councilnoiseresearchsoundscape
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